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Didascalie:
I naufraghi della Santo Stefano affondata accanto a Premuda
Il M.A.S. che mise a segno due siluri sulla Santo Stefano
Quarta parte
Alle ore 7 complctata l'opera di salvataggio del l'equipaggio della Santo Stefano, ultimo satire a bordo della Tegetthoff fu il comandante Seitz, comprensibilmente depresso, assieme at cap. di vascello Mayn ed at ten. di vascello Reich. Ricuperate tune Ic lance di salvataggio, la flotta al le 7.10 si mise in movimento verso porto Tajer che fu raggiunto al le 10.40. Sbarcate le salme dei marinai deceduti per le ferite ripor tate, le navi furono rifornite di bende, di medicamenti vari ed anche di medici perche molti erano i feriti che si erano procurati vistosi e dolorosi tagli su tutto il corpo at momento dello scivolamento lungo la viscida fiancata e sul fondo della nave capovolta, ricoperte da alghe e crostacei. Vennero contati i superstiti: erano 977 di cui 32 ufficiali; risultarono mancanti all'appello 173 marinai tra i quali il ten. di vascello Maxon, il ten. macchinista Sarnitz ed il guardiamarina Muller. Gli ufficiali superstiti, tenenti di vase. Hofer, Krastner e Strand, manifestarono il desiderio di essere trasferiti sulla nave Tegetthoff per poter partecipare al la missione precedentemente prestabilita. Tale missione pet-6 non ebbe luogo perche net frattempo pervenne l'ordine dall'imperiale e regio comandante in capo della flotta di rientro di tutte le unita alle rispettive basi. Alle 21 dello stesso giorno la corazzata Tegetthoff, e cinque unite di scorta, salparono da porto Tajer per raggiungere la base di Pola. Le condizioni atmosferiche erano pessime, spirava un forte vento di scirocco con pioggia insistente e visibilità nulla; perci6 la navigazione fu estremamente pericolosa e lenta, a causa delle insidiose secche ed anche perche il faro di Vnetak per il maltempo si rese visibile solamente a distanza riavvicinata. Le navi riuscivano a individuarsi dal-le scintille che uscivano dalle ciminiere. Superato il faro, il convoglio di navi puntò in direzione del faro di Porer (capo Promotore) che era spento e venne richiesta l'accensione a mezzo segnali convenzionali. I fari normalmente erano spenti per rendere difficoltosa la navigazione di eventuali imbarcazioni nemiche. Alle 5.45 la Tegetthoff calava le ancore net porto di Pola; ad essa si affiancarono in serata, provenienti da Slano, le corazzate Vi ribus Unitis e la Prinz Eugen. A seguito dell'affondamento della Santo Stefano venne nominata una commissione ministeriale di inchiesta per individuare le cause e le responsabilità. A presiederla venne nominato il contrammiraglio Edmondo Gassberger. La commissione accertò:, che la causa principale della ingloriosa fine della tanto decantata nave era da attribuirsi a difetti ed a mancanze costruttive quali: la esagerata dotazione di una gran-de potenza offensiva dovuta alle 24 bocche da fuoco dei grossi calibri ed alle 20 di calibro minore che comportarono per la nave un non indifferente sovraccarico a scapito della galleggiabilità, della manovrabilità e della velocità che a pieno carico non raggiungeva le 21 miglia previste in fase di
progettazione. Altro difetto venne riscontrato nella breve distanza intercorsa tra la corazza antimine e quella dei deposit; munizioni. Venne inoltre messa in dubbio la rigidità e la sicurezza di certi materiali definiti non idonei alto scopo. La commissione non risparrniò rimproveri più o meno solenni ad alti ufficiali di Stato Maggiore che, per causa dirette o indirette, erano venuti meno ai compiti ed alle responsabilità loro attribuite per l'alto grado ricoperto. Al cap. di vascello Enrico Seitz, comandante della Santo Stefano, in considerazione dell'esemplare condotta tenuta dopo il siluramento, la commissione propose gli fosse inflitto il rimprovero solenne scritto per non avere, prima dell'azione illustrato con esattezza tutti gli ordini, ai comandanti delle unita di scorta, necessari at fine di salvaguardare la sicurezza delle unite scortate. Per il cap. di vascello Barone Enrico Perglas, comandante della Tegetthoff, la commissione si limitò a segnalare all'autorità superiore di non ritenerlo sufficientemente idoneo at comando in quanto, dopo il siluramento della nave gemella, si allontanó dal posto del sinistro ed attese il segnale di soccorso prima di riavvicinarsi alla Santo Stefano. Per il cap. di vascello Charles Masion, capo di stato maggiore, la commissione propose gli venisse inflitto un semplice rimprovero per non essersi accertato che il suo ordine impartito, relativo all'apertura degli sbarramenti del porto di Po-la, fosse stato eseguito all'ora prestabilita. Al maggiore generale del genio navale a riposo Sigfried Popper venne inviato il rapporto della commissione d'inchiesta contenente il seguente periodo: L'insufficiente distanza tra la corazza antimine e le pareti dei depositi munizioni della Santo Stefano costitui un grande errore costruttivo, causa prima della catastrofe..
Con I'affondamento della Szent Istvan ebbe termine, senza avere inizio, quella battaglia navale che il comandante in capo della flotta austro-ungarica contrammiraglio Von Horthy de Nagybaya voleva determinasse il principio della fine dell'Italia, ma che in effetti si rivel6 come il principio della fine dell'Austria, perché a questa vittoriosa impresa della P.M. Italiana fete seguito pochi mesi dopo anche quella del R.E. Italiano che, con la sua vittoria sul fiume Piave, sancì la conquista dei sacri confini della Patria.
Vinicio Lenzoni