Documenti inediti sul tragico esodo degli Istriani Fiumani e Dalmati Prove e testimonianze d'archivio delle persecuzioni jugoslave

La data, scritta a macchina in alto a destra, è del i12 novembre 1951. Il timbro rotondo del Comitato di liberazione nazionale istituzionalizza la firma in calce del presidente, Rinaldo Fragiacomo. Sei anni dopo la guerra i partigiani italiani si occupavanoo di una nuova tragedia: l'esodo dei connazionali dai territori della Venezia Giulia occupati dagli jugoslavi. Nell 'accorato appello si chiedeva l’interessamento del Consolato Generale di Zagabria a favore del connazionale optante Torcello Giuseppe („) optanti erano gli abitanti delle zone occupate che chiedevano di far valere la cittadinanza italiana e abbandonavano le loro terre per raggiungere la madrepatria, piuttosto che rimanere sotto il regime slavo-comunista. `Il Torcello ha optato nel gennaio febbraio di quest'anno (1951 nda) e l'opzione gli venne respinta circa tre mesi fa - si legge nella missiva - Presentato ricorso, tentò di espatriare clandestinamente ma venne catturato nei pressi dei confini dalle guardie jugoslave. Processato è stato condannato a sei mesi di lavori forzati". Chi tentava di fuggire dal paradiso socialista di Tito finiva nei lager a guerrafinita da un pezzo. Questo e uno dei documenti inediti usciti dagli archivi delle associazioni degli esuli e consegnati a II Giornale. Sfoliandoli risulta evidente la .campagna di intimidazione, violenza ed espropriazione dei propri beni alla quale furono sottoposti gli italiani rimasti in Istria. "Il giorno 23.1.1951 eravamo o circa 70 persone che attendevano il turno per optare (..), ma nel frattempo giungevano otto terroristi, da noi tutti conosciuti, ci gridavano banditi e ci gettavano secchi d'acqua in faccia" scrive un capofamiglia di Parenzo al consolato italiano. Gli uffici competenti delle autorità jugoslave erano spesso chiusi, oppure bisognava "aspettare in fila per 30-40 ore". Inoltre, denunciavano gli istriani che intendevano scegliere la via dell 'esodo, "i soliti individui (militanti filo slavi nda) cercano di terrorizzare e minacciare i cittadini italiani, dicendoli che inutile optare perche nessuno di noi andra in Italia': La firma del trattato di pace del 1947, che di facto consegnò l'Istria agli jugoslavi, rappresentò un nuovo calvario per gli italiani di quelle terre gia terrorizzati nel '45 dalle foibe, da imprigionamenti illegali ed espropri. Le nuove ingiustizie erano studiate per punire chi sceglieva l 'Italia. Mario Duca, in una lettera del 20 settembre '49 al ministro degli Esteri salve: "A chi, allora si deve rivolgere un cittadino italiano che, trovandosi in un'altra Nazione, viene leso nei suoi diritti umani? (..) E' troppo palese l'ingiustizia perpetrata ai danni di m io fratello, che oltre ad aver respinta l'opzione, vede riconosciuta la cittadinanza italiana alla moglie (ex cittadina norvegese) e ai figli (tutti attualmente al Centro profughi di Lucca) e a lui no". La scusa piu utilizzata per mantenere prigionieri gli istriani nel paradiso socialista era l 'uso della lingua. L 'opzione veniva respinta "perche richiedente non utilizza la lingua italiana" oppure "parla anche il croato". In alcuni casi, al posto dell 'accettazione della domanda di opzione, venivano impartite punizioni. Francesco Gentilini si presentò al consolato italiano di Zagabria in cerca di aiuto. "Egli era impiegato alla Manifattura tabacchi di Rovigno (sulla costa istriana nda) da dove e stato dimesso e, malgrado non gli avessero permesso di optare, lo hanno assegnato ai lavori di miniera in Arsia"si Legge in un rapporto consolare. Secondo i documenti dall'archivio di stato croato, resi pubblici dal Centro di ricerche storiche di Rovigno, i vertici di Belgrado erano al corrente della tragedia istriana. Nel '51 venne formato, dal Comitato centrale del partito comunista, una speciale commissione d'inchiesta per "verificare le ingiustizie commesse nei territori liberati". La presidente, Vida Tomsic, denunciò soprusi, espropri illegali, bastonature e assassini nei confronti degli italiani. La popolazione veniva, per esempio, obbligato a lavorare per la costruzione di ferrovie, strade o per l'estrazione dalle miniera di bauxite e carbone. Lo stesso rapporto della commissione, discussa a porte chiuse senza incisivi effetti pratici e mantenuto segreto, bollò questi cantieri "come veri e propri lager': Secondo la Tornisc l'ambiente di lavoro forzato della ferrovia Lupogliano-Stallie era nientemeno che "la Siberia istriana". F.B.

Dal numero 3226

del 28/02/2003

pagina 5