Quando la storia sconfina nella leggenda Furono i Colchi o i Celti a fondare Pola? di Piero Tarticchio - foto

L' Istria ha scritto la sua storia in uno spazio temporale lungo tre millenni. Nello prima parte la mernoria, spesso sconfina con l'immaginazione e il mito si coniuga con la. leggenda. Si narra che su quella terra giungesse un gruppo di fuggiaschi, guidati da Giasone e Medea, figlia di Aeta re della Colchide, costoro, affascinati dalle bellezze naturali dei luoghi, fondarono alcuni paesi della costa, che ancora oggi si sentono orgogliosi cli vantare cosi nobili origini. Anche il Professor Achille Gorlato nel suo libro "Antiche leggende veneto-giuliane" si pone la domanda: fu davvero la terra istriana. L’ultima tappa della leggendaria. spedizione degli argonauti? La gente giulia, fin dalla. notte dei tempi, narra che an uomo chiamato Giasone, con la. sua Bella. e perversa sposa Medea, insieme a cinquanta compagni di viaggio, approdasse nella acque dell'Adiriatico settentrionale, dopo essersi impossessati furtivamente del Vello d'Oro. Poiché le leggende si basano su un seppur labile fondo di verita,, per alcuni studiosi, il Vello d'Oro altro non sarebbe che la semente del grano le cui spighe mature possono dare l'impressione di un mantello dorato. Il re Aéta, furibondo con Giasone che gli aveva. rubato il tesoro e la. figlia., gli mise alle calcagna. Absirto, principe della Colchide e fratello della giovane maga. Non sappiamo se Giasone, al comando della sua nave "Argo" (dal greco "rapicia."), in panto spinta da 25 paia. di remi, per fuggire alle ire del re abbia scelto di risalire il fiume Istro (Danubio) e, deviando per la Sava, sia approdato in Istria valicando catene di monti, portandosi sulle spalle la preziosa nave "Argo"; oppure se abbia risalito fino a giungere alle foci del Timavo. Certo che se la prima tesi fosse vera, non deve essere stato un'impresa da poco trasportare a forza di braccia un' imbarcazione pesante, ben carenata con fasciame assicurato allo scafo da. cavicchi e tenuto insieme da grossi chiodi di bronzo. A questo bisogna aggiungere il gravame di un grosso albero maestro ricavato da un unico fusto adeguatamente scortecciato piu il peso di un timone inserito in due grandi perni di metallo. Allorchè. gli argonauti ebbero preso possesso del litorale istriano, terra incantevole bagnata da acque limpide come cristallo,non ebbero il tempo di godersi meritato riposo e ben presto furono raggiunti dai loro inseguitori capeggiati dal valoroso Absirto. Lo scontro divenne inevitabile e la contesa risultò aspra e sanguinosa, terminando in una tragedia. Giasone insieme ai suoi compagni, aiutati anche dalle anti magiche di Medea, sconfissero i Colchi e uccisero Absirto. Purtroppo al figlio del re non furono concessi nemmeno gli onori della pira, come era in uso nei ritii degli antichi eroi greci. I1 suo corpo venne fatto a pezzi e gettato nelle acque turbolenti del Quarnaro. Gli dei, impietositi dall' efferata fine dello sventurato principe, decretarono che, per ogni parte del suo corpo che affondava. nelle acque del mare, affiorasse un'isola.. Sorse cosi l'arcipelago composto da Cherso, Lussino e Veglia, isole che da allora presero il nome di Absirtidi. Il braccio di mare, dov'erano scomparsi i resti dello sfortunato figlio di Aèta, fu ricordato con il nome di Carnaro, da. Carnaio. I colchi, sopravvissuti alla battaglia e privi del loro condottiero, invece dii far ritorno nella Colchide e affrontare le ire del re, preferirono rimanere in luogo sicuro e fondare la citta di Pola. Poiche la storia conosciuta risale al periodo pre-romano di Epulo e di Nesazio, non è mai stato appurato se Pola sia stata. fondata dai Colchi o dai Celti (l’etimo "car" da cui derivano le parole Carso, Carnero, Carnia, ecc, e un vocabolo celtico, che significa roccia). Come per la maggiorior parte delle leggende, studiosi sottoscrivono l'ipotesi del mito degli argonauti, altri decisamente la rifiutano. Gli antichi storici, che parlarono di Giasone e di Medea, facendo un chiaro riferimento a Pola, furono: Plinio, Polibio e Strabone. Anche alcuni letterati come Licòfrone di. Calcide e Callimaco, poeti alessandrini, nelle loro opere nominano Pola chiamandola "Polai" ovvero "Città degli esuli" o "Città dei fugiaschi". Una ben triste precognizione, se riferita alle vicende che toccarono in sorte ai polesani oltre trenta secoli dopo.

Dal numero 3229

del 15/04/2003

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