E’ un clamoroso falso la nascita di Marco Polo a Curzola - Kristjan Knez

Giacomo Scotti mi ha fatto, giustamente, notare che la storia che attribuisce la nascita di Marco Polo a Curzola, non è altro che un clamoroso falso. Coloro che hanno diffuso la leggenda che vuole sia stata l’isola dalmata a dare i natali allo scopritore del Catai, lo hanno fatto con scopo “promozionale”, utilizzando il fatto che sul territorio insulare si trovassero delle famiglie Polo o Depolo. La celebre “Casa di Marco Polo”, visitata ogni anno da decine di migliaia di turisti, non sarebbe nient’altro che l’abitazione in cui lo scrittore de “IlMilione” avrebbe trascorso la notte (questa è solo un’ipotesi) in seguito alla disfatta navale veneziana, avvenuta nel 1298 nelle acque di Curzola, per opera delle galee genovesi. Questa sua permanenza costituisce l’argomento utilizzato da coloro che lo vogliono nativo di quest’area dalmata. Fin qui non c’è nulla di male. Come è noto l’orgoglio legato al campanile ha, inmolti casi, voluto attribuire i natali ad illustri personaggi, specialmente se questi non vantavano un’origine certa. Una situazione molto affine interessò il pittore veneto Vittore Carpaccio, che nell’ultimo periodo della sua vita si era trasferito a Capodistria. La casa giustino politana dell’artista -ubicata nei pressi di quella di Nazario Sauro - aveva indotto vari intellettuali istriani a ritenerlo figlio della città di San Nazario. Solo l’approfondito studio di Ludwig e di Molmenti dimostrò (nel 1906), attraverso una copiosa documentazione, l’origine veneziana di Carpaccio, nato da genitori provenienti da Mazzorbo. Se ritorniamo a Marco Polo, dobbiamo precisare che pure gli studiosi jugoslavi erano piuttosto indecisi sulla località d’origine del viaggiatore in questione. Nell’enciclopedia dell’Istituto lessicografico di Zagabria si legge che coloro che lo considerano nativo di Curzola, fondano la loro tesi su un documento del XV secolo ove viene menzionata una famiglia Polo (Enciklopedija leksikografskog zavoda, vol. VI, Zagreb 1962, p. 135). Abbandonando il campanilismo, un aspetto ripugnante è sicuramente l’atteggiamento di determinati ambienti croati che tendono a croatizzare e a fagocitare tutto ciò che ha avuto origine lungo le sponde dell’Adriatico orientale, nonché di tutti coloro che misero piede sul territorio dianzi ricordato. Il fatto che Marco Polo non fosse originario di Curzola, bensì di Venezia, costituisce un motivo in più per riflettere sullo scempio che viene creato da certi circoli che percepiscono la storia adriatica solo in chiave mononazionalistica, escludendo a priori l’eterogeneità dell’area geografica. Come abbiamo già ricordato i documentari che verranno realizzati dall’ente televisivo croato avranno lo scopo di dimostrare la croaticità di Marco Polo (sic). In realtà non occorre argomentare più del dovuto una tale affermazione. Se si giunge a tanto, questo è dovuto al fatto che non si riconosce l’autoctonia dell’elemento romanzo (poi italiano). Alcuni sono dell’opinione che Venezia avrebbe alterato (leggi italianizzato) una costa compattamente slava, snazionalizzando il carattere originario di quel contesto. Questi miti attecchiscono ancora e sembrano diffondersi sempre di più. Di fronte alle tesi che dipingono l’italiano come l’oppressore degli slavi (in qualsiasi epoca), non c’è spazio per un ragionamento serio e pacato. Di conseguenza, nei lavori presentati, c’è una volontà ossessiva volta a rappresentare un passato “diverso”. Si tratta di imprese folli e anacronistiche. Il caso diMarco Polo rappresenta solo la “punta dell’iceberg” poiché il problema riguarda molti aspetti della storia e della cultura della sponda orientale dell’Adriatico. Per concludere voglio ricordare, ancora, che Pietro Coppo, il celebre geografo e cartografo veneziano, che si trasferì a Isola d’Istria, viene presentato sotto varie vesti. Nei volumi dell’Enciclopedia della Slovenia il summenzionato viene riportato come Pietro Coppo, Peter Coppo ma non dimentichiamo che riscontriamo anche il nome slavizzato di Pietar Kopi (sic). Tanti nomi, che vengono utilizzati liberamente, le cui forme si alternano a seconda dell’autore che tratta un determinato argomento. L’ultima versione sopraccitata è la testimonianza tangibile di quanto abbiamo argomentato precedentemente. Nella furia di fagocitare tutto e tutti, per poi rappresentare i “nuovi prodotti” come espressioni “genuine della cultura slava”, non si fanno distinzioni, in quanto sia gli autoctoni sia coloro che giunsero in queste terre si trasformano, e, come per magia, ottengono una nuova identità! K.K. Articolo apparso su “mailing list di Istrianet” segnalatoci da Pietro Valente.

Dal numero 3253

del 30/09/2004

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