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Una pagina a parte, nella scoria della X Flottiglia Mas e dei nostri Mezzi d'assalto navale. merita la vicenda dell' «Olterra., che costituì una vera beffa per gli inglesi. i quali vennero a capo dell'arcano, solamente a guerra finita, nel 1945. Premetto qualche chiarimento ai miei cari dodici lettori, qualcuno dei quali potrebbe anche essere interessato a questi racconti.
La roccaforte di Gibilterra, fine al 1941 era stata sottoposta a reiterati attacchi dei nostri incursori che, in numero di 22, su 24, dopo le azioni compiute. partendo da un sommergibile avvicinatore, avevano guadagnato la costa spagnola e successivamente erano rientrati in Italia. Per la pericolosità dell'avvicinamento col sommergibile e la dispendiosità nell'usare soltanto i famosi siluri condotti da due operatori), si pensò alla possibilità di impiegare assaltatori allenati a nuotare con alcuni bauletti esplosivi indosso, da collocare sotto la chiglia del-le navi attaccate. Necessitava, quindi, trovare una base da cui muovere, e qui In determinante il mole di Antonio Ramognino, un tecnico intelligente. dalle molte risorse, laureato ad honorem, uomo della Decima, ed incorporato nell'organizzazione. Ramognino aveva sposato una cittadina spagnola che - guarda caso - doveva rimettersi dai postumi di un forte esaurimento, per cui i coniugi affittarono una villetta al di copra di ogni sospetto. ad Algesiras. in prossimità di Puerta Maiorca. poco distante dalla Linea, a meno di 4 km. da Gibilterra.
«Villa Carmela» divenne un eccellente osservatorio delle navi, ancorate da 500 a 200 metri di fronte al la spiaggia antistante la casa. E da qui partirono, a più riprese, i nostri «uomini gamma» a nuoto, recanti ciascuno tre ordigni esplosivi (mignatte), da applicare sotto le carene. Gli operatori furono i Sottotenenti di Vascello Agostino Straulino (il nostro conterraneo, future ol impionico della vela) e Giorgio Baucer, il Capo Silurista Alfredo Schiavoni. 2o Capo Cannoniere Armando Bianchini, i Sottocapi Carlo Da Valle, Giovanni Luchetti, Giuseppe Ferlodi, Vago Giari, Evidio Boscolo, Palombaro Bruno Di Lorenzo, i Fuochisti Rodolfo Lugano e Carlo Bucovaz, i quali raggiunsero Algesiras fortunosamente, ed operarono da «Villa Carmela', e successivamente dal l'«Olterra.. sotto il comando e direzione del Tenente di Vuscello Licio Visintini, un brillante Ufficiale, nativo di Parenzo, dotato di una eccezionale preparazione professionale e sorretto da un vivissimo amorpatrio e da un'incrollabile fede, tipica dell'italianità della nostra genie.
Gli «uomini gamma. del Gruppo Visintini, si chiamavano familiarmente, fra di loro, «uomini dell'Orsa Maggiore» e sotto questo segno ha inizio l'avventura dell'«Olterra., a gloria imperitura del suo organizzatore che, con Ramognino, divide il merito dell'impresa, degna di un romanzo d'avventura. L'«Olterra» era una nave cistema dell'armatore genovese Zanchi, semi-affondata nelle acque di Algesiras, dal 10 giugno 1940, incagliata sui bassi fondali spagnoli, per sottrarla alla cattura da parte inglese. La X Mas comprese subito l'importanza dell'idea di Ramognino e Visintini, di trasformare la petroliera in una base operative contro Gibilterra, e segretamente ne trate con l'armatore. Una ditta spagnola di ricuperi, riportò a galla il natante e fu sparsa la voce della sua rimessa in efficienza, per cederla ad una società spagnola di navigazione, fatto che non destò alcun sospetto.
La nave fu rimorchiata nell'interno del porto ed ormeggiata - quando si dice il caso - proprio sotto alle finestre dell'Hotel Vittoria, sede del Consolato britannico di Algesiras e covo di spie ed informatori. L'«Olterra» era una vecchia carretta, malandata e scrostata dal salvo ed i lavori venivano portati avanti stancamente, da pochi operai che picchiettavano qua e la; a bordo permaneva stabilmente un picchetto di Carabineros, trattandosi di unità «internata» e soggetta alle norme internazionali. L'equipaggio civile, con la scusa dell'avvicendamento, venne cautamente sostituito da militari, ad eccezione del comandante. capitano Amoretti e del Capo Macchinista De Nigris, divenuti fedeli collaboratori della Decima. Ad affiancare Visintini, arrivarono - sempre per via fortunosa ed avventurosa - dall'Italia, il Capitano A.N. Travaglini. il 2o Capo Bonato, Sergente De Vincenzi, il 2o Nocchiere Barbetti, il Carpentiere Carlini e l'operaio militarizzato Biradelli.
A terra, durante le franchigie, si comportavano da marittimi bevitori, sfaticati ed anche maleducati, ma a bordo, al riparo da occhi indiscreti era tutt'altra musica e compirono veri miracoli. Nella stiva crearono un'officina, per montare i maiali e preparare le armi ed iI materiale, sistemarono una stazione di carica.
per gli accumulatori ed un generatore di corrente. Sotto l'officina -con i Carabineros praticamente sulla testa, ma divenuti amici a furia di pacche suille spalle e bicchieri di manzanilla - misero a punto una vasca, da allagare attraverso un portello. atto anche a permettere l'uscita ed il rientm dei maiali, sia per allenamento che per le azioni, da effettuare nottetempo. I maiali era-no giunti, smontati, dall'Italia, attraverso Francia e Spagna, in casse che ufficialmente contenevano pezzi di ricambio per le caldaie della nave, casse che portavano i siluri, lunghi 7 metri e pesanti 2 tonnellate. teste cariche. detonatori, spolette, autorespiratori, ecc. Le bollette, attentamente studiate e controllate dai doganieri. elencavano materiali occorrenti alla vecchia ciabatta: tubi di caldaie, stantuffi. fusti di nafta (che in involucri stagni celavano gli autorespiratori). Casse con involucri innocenti e regolarissimi, recanti anche il bollo dell'armatore. I doganieri vistavano, e la roba passava. Camuffati da marittimi arrivarono anche gli operatori dei maiali: Palombaro Giovanni Magro, secondo ed anima persa di Visintini, il S. Ten A.N. Vittorio Cella, col Sergente Salvatore Leone. il Guardia-marina Girolamo Manisco, col. S. Capo Dino Varini.
Gibilterra è costantemente osservata con un binocolo 64 ingrandimenti, binocolo inglese che, visto ad una finestra del Consolato inglese, è tosto divenuto preda di guerra, con un ardito colpo di mano. Il dottore dell' .Olterra., Capitano Medico Elvio Moscatelli, si finge pescatore e con un battello si aggira nella baia, quasi fin sotto le navi dell'avversario, e reca importanti informazioni, ma assai poco pesce, per cui è guardato sprezzantemente dai pescatori locali. Il compito di Visintini presenta difficoltà che sembrano insormontabili; conosce il porto militare, dove ha ripetutamente e fruttuosamente operato, e gli sono ben note le difese. Vi si accede attraverso due porte, una a sud, sbarrata, e l'altra a nord, protetta da una rete d'acciaio, apribile a tending, saldamente ancorata sul fondo; una moto-vedetta e permanentemente ferma in ascolto idrofonico, altre compiono ronde continue, lanciando bombe di profondità ogni 5-6 minuti: un motoscafo gira nel porto. un altro intorno alle navi alla fonda fuori ; una piro-vedetta incrocia con una torpedine a rimorchio e, ad intervalli, dei sommozzatori ispezionano le navi in carena. Ben 36 proiettori possono illuminare tutta la rada, a giorno. Eppure... i nostri operatori passarono ripetutamente!
Autunno 1942: gli alleati sbarcano nel Nord Africa e su Gibilterra Brava il supporto principale per le flotte inglese ed americana; l'attività, e quindi la difesa, si intensifica notevolmente. Visintini e ben conscio del suo compito. Si sente pronto. La sera del 5 dicembre, scrive alla madre: .La nostra partenza e la conclusione di un grandissimo piano, che solamente papa e Mario (Capitano pilota, caduto in A.0.1., Medaglia d'Oro al V.M. al la memoria) potevano tracciare per me.. Ed alla moglie: .La posta e enorme, gioco e complicato e sottile, ma niente potrà arrestarci, se non la morte.» Nel suo diario: .7 dicembre 1942, ore 17,30: prima di partire, rivolgo una preghiera a Dio, affinché coroni le nostre fatiche col premio della vittoria e affinché guar-di benignamente l'Italia e N mia mutilata famiglia. Viva l'Italia!». E indica i bersagli: n.b..Nelson. (lui stesso e Magro), n.p.a. .Formidable. (Manisco e Varini), n.p.a..Furious» (Cella e Leone).
Alle 23,30 ire maiali fuori escono dall'OIterra»: Visintini e Magro aprono la via e sono i primi ad arrivare sotto le difese portuali di Gibilterra, dove s'imbattono in una vigilanza addirittura febbrile: bombe subacquee che scoppiano a ritmo serrato, ogni tre minuti, natanti di ogni tipo che incrociano in tutte le direzioni, armi che sparano al minimo incresparsi d'onda, ma i nostri due eroi non demordono e riescono a raggiungere l'entrata della porta nord, dove un grappolo di bombe li annienta, proprio sotto la rete antisommergibile, mentre in tutta la rada si scatena vieppiti l'allarme: si accendono proiettori, armi sparano, moto-vedette girano come bestie impazzite: Manisco e Varini vengono scoperti, riescono a distruggere il loro mezzo prima di essere catturati e issati a bordo di una nave americana, dove - cose che accadono in questa pazza guerra -sono festeggiati da italo-americani. Cella viene scoperto a quota occhiali», s'immerge a 20-30
mentre una moto-vedetta lo sottopone a ripetuto lancio di bombe; resiste molto a lungo, e non si accorge che Leone, il suo secondo, non ce l'ha fatta ed è risalito in superficie, dove muore, stroncato dagli scoppi. Soltanto quando può riemergere, si accorge della scomparsa del suo secondo; col maiale in avaria, riesce a riguadagnare 1'Olterra» stordito e con ambedue gli orecchi pieni di sangue.
Il servizio di sicurezza del porto di Gibilterra era diretto, in quel tempo, dal Comandante Lionel Crabb, uno dei migliori sommozzatori britannici, decorato con la Victoria Cross, corrispondente alla nostra Medaglia d'Oro. Quando le salme di Visintini e di Magro affiorarono, dispose per il loro seppellimento in mare con gli onori militari all'altezza di Punta d'Europa, dove l'Atlantico incontra il Mediterraneo. Lui personalmente, lanciò una corona di fiori sulle onde, fatto che venne aspramente criticato dalla colonia inglese, ma l'Ufficiale non se ne curò; era uno dei pochi che poteva valutare appieno l'eroismo dei due caduti e della specialità italiana che, con pochi uomini e limitati mezzi, aveva affondato, o messo fuori uso, 77 mila tonnellate di naviglio militare e 130 mila di naviglio mercantile. Dopo la guerra, il Comandante Crabb (che in seguito sarebbe scomparso, sul Tamigi, vicino ad un incrociatore russo, in circostanze mai chiarite), venuto in Italia, volle conoscere e salutare la giovane vedova di Licio Visintini, decorato, con Magro, della Medaglia d'Oro al Valor Militare, alla memoria. L'esempio dell'Eroe non cadde nel vuoto: altri incursori continuarono ad operare. Nella notte sull'8 maggio 1943, approfittando di una forte burrasca, il Capitano di Corvetta Ernesto Notari, col Capo Palombaro Ario, applica una mignatta sotto un piroscafo da 12.000 tonnellate, il Tenente D.M. Camillo Tadini, face la stesso con un bastimento da 6.000 tonnellate, ed bravo Cella, tornato in azione, guarito, sistemò un Liberty, da 10.000 tonnellate, coadiuvato dal Sottocapo Palombaro Montalenti. I tre operatori, coi loro secondi, rientrati sani e salvi, videro,. dal ponte dell'O1terra», saltare le tre navi minate. Ancora, nella notte del 4 agosto, sempre a Gibilterra, Notari e Tadini affondarono ciascuno una Liberty, da 10.000 tonnellate, mentre Cella e Montalenti diedero il benservito ad una petroliera da 14.000 tonnellate. stracarica. Cella fu l'unico a partecipare a tutte e tre ed a far ritorno all'Olterra», e fu decorato - incomprensibilmente - con tre Medaglie d'Argento al Valor Militare. Non ottenne la Medaglia d'Oro, come i Caduti ed i prigionieri.
Dopo 1'8 settembre 1943, in regime di cobelligeranza, gli inglesi ottennero di rimorchiare l'Olterra» a Gibilterra, ma soltanto nell'aprile 1945, a guerra finita e su chiarificazione di nostri Ufficiali incursori, conobbero il segreto della petroliera, non essendone venuti a capo da soli.
Chi scrive, nel corso della carriera in Marina, ebbe occasione di conoscere più di uno anche degli operatori citati nel presente servizio, Straulino, Manisco, Ferlodi, tanto per fare qualche nome, ma ebbe occasione di un altro importante incontro. Nel febbraio 1958, mi trovavo a Livorno, nella sede dell'Accademia Navale, per sostenere degli esami di concorso e nello sbrigare alcune pratiche di segreteria, legate agli esami, ebbi la ventura di conoscere la signora Visintini, assunta in servizio, quale impiegata, presso l'Accademia Navale medesima, in seno alla Marina Militare. Guglielmo Belli
(Testi consultati:Tramonto di una grande Marina di A. Jachino; Scoria della Marina Italiana nella seconda guerra mondialedi W. Ghetti; Le battaglie navali nel Mediterraneo di A. Petacco; Omega 9 di A. Pasetti; Torpedini umane di M. Cassini).