Tre grandi attori istriani del nostro tempo - foto

Nell'estate del 1989 pubblicammo il volumetto .Quattro passi Ira le Muse., titolo evocante la rubrica tenuta per tanti anni sulle pagine dell' A rena da Sergio Cella venuto a mancare alla vigilia di Notate del 1988. Accanto all'ultimo testo del compianto collaboratore, dedicato alla letteratura dell'esodo, inserimmo assieme ad altri contributi in sintonia con i .quattro passi» cari a Sec. o Celso Ire profili di attori istriani destinati a far parte d'una rievocazione più ampia dei personaggi che l'Istria, Fiume e la Dalmazia avevano dato al mondo dello spettacolo. Anche su questo terra Sergio Cella ci aveva fornito la traccia dell'itinerario da seguire ed al quale intendeva dedicarsi pure lui, nel suo costante impegno di documentazione del contributo del giuliano-dalmati alle lettere e alle arti. Ripubblichiamo i tre brani, anche come omaggio alla memoria di Ezio Pecora, che ci ha lasciato pure lui prematuramente il giorno dopo aver partecipato con tanta felicità nel 1988 all'incontro in Ancona degli esuli di Polo, ed a Bepi Nider Ia cui più recente scomparsa ha determinato un altro grande vuoto nella famiglia del più preziosi collaboratori dell'Arena. Antonio Gandusio (da Rovigno) II castello medioevale cadeva a pezzi ed a pezzi cadeva portafoglio del castellano, bel giovane, aitante, che sperava di rimettere a pasta muro e tasca con un ricco matrimonio. Intendiamoci: della ragazza era innamorato, ma se alla bellezza fisica della donzella faceva ornamento anche una cospicua dote, beh, che colpa ne aveva lui? Le case stavano mettendosi bene, baci, carezze audaci, lusinghe, promesse, illusioni, già, proprio .illusioni, come dice una vecchia canzone, rappresentate da una fanciulla delusa ed intrigante, se non erro, nel film del 1936, da Paola Barbara. II suo intervento rischia di compromettere ml vantaggioso matrimonio se a far scorrere le cose per il giusto verso non ci pensasse un antenato il quale, nei momenti più scabrosi, tra fumi di incenso e zolfo, si materializza, scende da un grande quadro tarlato, e parlando un Iinguaggio cinquecentesco. rimprovera, suggerisce, rimedia a tutto. Antenato» del Veneziani (1922) fu uno del cavalli di battaglia del pia acclamato attore brillante del tempo: Antonio Gandusio, nato a Rovigno d'Istria, secondo alcuni nel 1873 e secondo altri nel 1875, e morto a Milano nel 1951. Studiô giurisprudenza all'Universita di Roma e in questa città si fece notare recitando da dilettante nell'aristocratica .Filodrammatica Romana», una specie di stabile che dette al teatro italiano non pochi nomi illustri. Si laureò a Genova ed entrò in arte definitivamente nel 1899, ingaggiato dalla compagnia De Sanctis, debuttando come "Barone di Préfond» ne .i1 Padrone delle Ferriere» di George Ohnet. Passe) poi con le Gramatica. Emma dallo stile più patetico ed Irma di più raffinata eleganza, e poi ancora con Ermete Novelli, Reiter, Mariano, Andò... attori annoverati tra i .sovrani della scena. Erano i capocomici, i primi attori delle compagnie che loro formavano e di cui erano registi; i professionisti della regia teatrale sarebbero nati con l'Accademia d'Arte Drammatica di Silvio D'Amico fondata nel 1935. Gandusio si impose ai pubblici italiani gilt nei primi tre anni della sua camera tanto che nel 1912 lo vediamo nella compagnia di Lyda Borelli e Piperno con i quali ottiene un particolare successo nella .Bella Avventura» di Hers e Cyillavet dei quali, in precedenza, mentre era nella compagnia Andò, aveva interpretato .L'asino di Buridano». Va detto che. quantunque ('Italia non difettasse di autori teatrali sia dell'Ottocento che del primo Novecento (tanto per citare qualche nome: Achille Torelli, Marco Praga, Giuseppe Giacosa, Dario Niccodemi, Testoni, Bracco...), il teatro francese aveva motto spazio nei repertori delle compagnie nostrane. Soltanto intorno al 1912-1915 si imposero gli autori nostri senza spodestare, tuttavia, scrittori come Anouilh e Saroyan. Dopo l'entrata in guerra dell' Italia, Gandusio, irredento per antica tradizione familiare, fu condannato a morte in contumacia dall'i.r. Tribunale austriaco come .disertore». Nel 1915 entrò a far pane della compagnia Talli-Melato-Betrone e fu in questo periodo che, in seguito al memorabile successo de «La Maschera e mI Volta» di Chiarelli. Gandusio si fece paladin del teatro comico italiano accantonando il repertorio vocalistico» di moda e diventando l'interprete preferito di Luigi Antonelli. Nel 1918 forma una compagnia propria con Tina Pini, Luigi Almirante e Renzo Ricci. Per due volte tentò di far compagnia con la Galli ma entrambe le volte fu un fallimento per contrasto di caratteri. Fu un grande: la sua spigliata e disinvolta recitazione dal rapido ritmo, con la caratteristica mimica a scatti, esilaranti inflessioni di voce, gli consentirono di affrontare ogni gente di commedie anche del repertorio classico (Goldoni, Moliere) e quelle grottesche di Chiarelli, Antonelli, Veneziani. Delle sue compagnie fecero parte attori del calibro di Laura Carli, Bagheiti, Scelzo, Kiki Palmer, Teresa Cappellano, Lina Simoni, Lola Braccini, Enrico Viarisio... Dopo Ia seconda guerra mondiale comparvero e si affermarono i registi teatrali. Gandusio recith sotto la guida di Luchino Visconti e per la regia di Luciano Salce interpretò .L'Avaro di Molière. Era il 1950 e il Nostro era ormai sui settantasette anni; tuttavia trovò lo spirito di rifare compagnia con Nino Besozzi e Laura Solari con i quali recitò fino alla morte. II cinema non poteva ignorarlo e nel 1911 compare ne .il romanzo di un giovane povero" cui faranno seguito, mutui e parlatii, una trentina di film nel quali Gandusio rappresentera sempre con fortuna il tipo creato sulle scene, ma dando anche vita a personaggi di autentica verità umana come nel film .Se non son matti non Ii vogliamoo. girato nel 1941 per la regia di Esodo Pratelli e la supervisione di Renato Simoni. Interpreti d'eccezione: Ruggero Ruggeri. Germana Paolieri, Armando Falconi, Paolo Stoppa e, naturalmente. Antonio Gandusio. .Per continuare a ricevere un certo sussidio, una certa somma, eredita di un loro compagno di follie giovanili, tre anziani debbono rinverdire le mattane in base ai precisi ordini di un odioso avvocato. Lo sforzo costa la vita ad uno (Armando Falconi) e la follia ad un altro (Ruggero Ruggeri); è una pazzia tranquilla in cui domina nella mente ml pensiero costante di costruire un monumento ai Caduti, ma non emergence sul la terra, ma a forma di piramide con il vertice che sprofonda sempre di più sempre di più a gradinate. II terzo rinuncia ai soldi per campare gli ultimi anni in tranquillita. Questo forse è il vero Gandusio che sotto la costante veste del comico, nel profondo racchiudeva i suoi dolori, le sue ansie, le sue delusioni... E se in una mattina di mercato, nella grande pescheria di Rovigno, sottostante il teatro comunale, che porta ancora II nome di Antonio Gandusio, si spalancasse e crollasse tea tuoni, lampi e strani vapori, la parete di fondo e comparisse L' Antenato con la Spada sguainata gridando con rauca voce rabbiosa: .Fuori da cotesto loco, vili marrani! Qui e l'Italia!». dico che succederebbe? Bepi Nider Antonio Crast (da Parenzo) Di lui. nato a Parenzo nel 1911, conosco poco per il periodo antecedente al nostro incontro a Pola, al inizio della mia giovinezza. Mi a noto solo. perche raccontatomi da qualcuno, un episodio significativo avvenuto agli esami di abilitazione magistrale, in cui si verificò una specie di .anteprima» del successi futuri di Antonio. Alla prova orate di italiano, richiesto di leggere e commentare alcuni verSi di un autore classico credo fosse Dante -, iniziô con la stupenda voce calda, armoniosa e prosegui calmo, dando nuova vita a quelle parole, già logorate dall'insulso cantilenare di tanti studenti obbligati ad apprenderle, facendo emergere la musicalità ed il potere evocativo della poesia. creando la giusta atmosfera per coglierne la bellezza. Stupore e commozione si diffusero immediatamente. L' insegnante voile chiamare al tavolo tutti gli altri colleghi per ascoltare quella voce, per gustare l'avvenimento inconsueto di un allievo capace di riprodurre il momento magico di una ispirazione. Non c' era più bisogno di commentare i versi: l'eccezionale dizione era l'espressione migliore di una comprensione profonda. Ci furono allora i primi applausi. So che la vocazione al teatro e le sue doti naturali lo portarono, poco più che ventenne, a farsi notare da attori celebri del tempo. quali Zacconi e Moissi. delle cui compagnie fece pane per qualche anno. Non se ne gloriava. non assumeva con gli amici alcun atteggiamento da predestinato al successo; era privo di quei manierismi tipici negli attori. che sembrano recitare anche fuori teatro. Tra I'altro non disdegnava, quando ritornava a Pola Iibero da impegni, di prestarsi per rappresentazioni allestite da piccole filodrammatiche di patronato o dopolavoristiche. Lo conobbi e gli divenni amico al tempo della sua entrata al l' Accademia d'Arte Drammatica diretta da Silvio D'Amico. Non gli bastava ml tirocinio facto accanto ai due grandi maestri: voleva studiare, approfondire l'arte della recitazione, diventare un professionista serio, collo, raffinato. Ci incontravamo, quand'era in vacanza, e ci scambiavamo idee e riflessioni sugli autori classici: da Eschilo a Shakespeare a Pirandello. Aveva sempre qualche testo in mano su cui doveva prepararsi e manifestava spesso la sua preoccupazione: non era facile, a suo dire, ermine nello spirito dei personaggi. Ebbi occasione di sentirlo a Milano, ove io frequentavo l'Universita e lui si trovava occasionalmente perchè in giro con la Compagnia dell'Accademia. In quel periodo avevano messo in scena «Donna del Paradiso» ossia .il Mistero della Nascita, Passione Morte di Nostro Signore», basato sulla lauda di Jacopone da Todi ed altri testi medioevali. Crast era stato scelto per la parte del protagonista, cioe del personaggio più difficile e teatralmente più insidioso che si possa immaginare: Cristo. Fu stupendo. E non si tratta di un' impressione soltanto mia: i maggiori critici del momento furono prodighi di lodi su tutti i giornali. Ricordo ancora quello che, tra l'altro, scrisse uno di lord: .Nella scena della resurrezione di Lazzaro, quando Gesti pronuncia le parole "Vieni fuori!", Crast ha trovato un tono di voce che ha provocato in noi un autentico brivido di commozione. Neanche allora Toni si month In testa. Rientrando a Pola nelle pause della sua attivita, accettava gli inviti del gruppo filodrammatico diretto dal signor Noselli e recitava accanto a Pino Zennaro, a Mercedes Schiavon ed altri dilettanti. Ebbi la fortuna (la considero tale) di essergli anch' io vicino con una panicina secondaria nelle repliche della divertente commedia .Serenata al vento. Eravamo estasiati a sentirlo già durante le prove, ma ci divertivamo anche per le sue battute spiritose fuori copione e per la sua proverbiale smemoratezza, non della pane, ma del le case più banali. Come quando, uscendo dalle prove in una serata invernale, disse: freddo e sono senza cappotto!». S'era dimenticato di averlo appeso nell'atrio del teatro! Per questo e per certa sua ingenuità fanciullesca lo prendevamo in giro. Memorabile C rimasta quella notte in cui, in un bel gruppo di universitari, fatta un po' di baldoria, si girava al la periferia della citta cantando e Crast, che era con noi, supplicava tutti di abbassare la voce ché, altrimenti, avrebbero potuto anche arrestarci per schiamazzi notturni. Neanche a farlo apposta, dopo un istante comparvero due carabinieri che ci chiesero di fermarci..Gavevo dito mi!» esclamò subito Crast, tutto agitato..Gave visto, maledeti!». Naturalmente non successe niente e tutti ridemmo del le sue paure. Nel 1941 intanto era entrato nella compagnia di Laura Adani e, dopo la guerra, fu chiamato dal regista Blasetti per recitare da protagonista nella .Foresta pietrificatao di Sherwood. Successivamente, entrato nel Piccolo Teatro di Roma, si distinse per la sua eccezionale interpretazione di Pantalone nella .Famiglia dell' antiquario di Goldoni, personaggio di cui aveva già avuto occasione di vestire i panni al tempo dell'Accademia. Ma si rese famoso soprattutto come don Giovanni, nella omonima commedia di Molière. e come Edipo e Macbeth nelle rispettive tragedie shakespeariane. Fu chiamato anche al Piccolo Teatro di Milano e, più tardi, a quello di Napoli. Conosciuto in Italia e al l'estero, comparve anche sullo schermo in due film: .Davanti a lui tremava tutta Roma. (con la Magnani) e .La voce del silenzioo (1953). In televisione lo vedemmo come protagonista nella ricostruzione della vita di A. Lincoln. Avrebbe potato certamente raggiungere la celebrità e diventare un vero .divo, con molto maggior merito di tante illustri .stelle del nostro teatro. Non volle. non gli importava. Eccessivamente modesto, ferocemente autocritico, schivo d'ogni pubblicita, addirittura trascurato nella persona (tanto da farsi rimproverare una volta da Antonio Gandusio, suo Parente, durante una visita). sbadato, amante della propria libertà ed indipendenza, non poteva che venir .scavalcato» da altri più ambiziosi e trascurato dal .lanciatori di divi. Eppure Antonio Crast è stato un attore grandissimo. Una voce ineguagliabile, unica, che modulava con arte raffinata. una espressivita ed una capacità interpretativa geniali, che tutti, critici e colleghi, gli hanno sempre dovuto riconoscere. Entrava nello spirito della commedia come in quello del dramma con la stessa facilità: sapeva essere un celestiale Gesti ed un perfido ufficiale nazista con la stessa bravura. per ridiventare poi, nella sua vita fuori scena, un tranquillo e simpatico Toni di sempre. L'ultima volta che lo vidi fu a Padova, al Teatro .Verdi, dove si rappresentava .L'avventura di un povero cristiano» di I. Silone: il dramma di papa Celestino V, che Crast interpretava da par suo. Andai a trovarlo in camerino e mi parve stanco. sfibrato. Mi disse infatti che era stufo di viaggi e di spostamenti e che voleva ormai .andare in pensione. Si stava intanto dedicando agli studi di filosofia, di cui era da tempo appassionato. Seppi più tardi che aveva definitivamente data l'addio alle scene e viveva a Roma, solo, dedicando pane del suo tempo ad alcuni allievi attori che da lui prendevano .lezioni private». Ha continuato cosi, in umilta e semplicità, fino al dramma finale d'una morte accidentale ed improvvisa sotto il sole di Roma. E' sepolto nel cimitero di Padova, dove il fratello ha voluto fosse trasportato. Al funerali fui ml solo rappresentante della citta in cui aveva trascorso la sua giovinezza, ma mentalmente l'ho ringraziato a nome di tutu i concittadini per aver onorato con la sua arte la nostra terra, senza mai chiedere riconoscimenti ne cercare elogi. In troppi l'hanno dimenticato od ignorato. Almeno noi teniamo vivo ml ricordo dell'istriano Antonio Crast, uno del più grandi attori di teatro dei nostri tempi. Enrico Cattonaro Alida Valli (da Pola) Pola, 1941. Era settembre inoltrato, le scuole avevano aperto da poco e In citta si apprestava a rientrare quietamente nel solito mite autunno. Era avvertibile invece la presenza della guerra; da poco era iniziato il secondo anno ed erano apparse le prime tessere annonarie, quelle del pane, 200 grammii al gior no. L' Italia era dunque in guerra ma gia le sue fortune belliche cominciavano ad appannarsi. Si combatteva in Africa, sul mare. nei cieli. nei Balcani. 11 nostro Corpo di spedizione italiano in Russia marciava. a piedi. verso il bacino del Donez. Tutto questo la possiamo scrivere oggi: allora, poco più che sedicenni, eravamo inconsapevoli e sicuri che la guerra l'avremmo senz'altro vinta. Poi ne ricevemmo il premio! Questo per inquadrare la stagione in cui la nostra concittadina Alida Valli Monti) a Pola dopo molti anni di assenza. Aveva vent'anni ed era gia celebre e "diva». Era arrivata accompagnata da Mario Soldati. il regista con il quale aveva da poco finito di girare il film "Piccolo mondo antico» che, proprio in quel mese di settembre alla Mostra del cinema di Venezia, aveva avuto un grande successo ed al la Valli era stato assegnato il premio per la miglior attrice italiana del l' anno.

Dal numero 2927

del 23/03/1996

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