LA STORIA DEL DOTTOR GEPPINO MICHELETTI IL CHIRURGO CHE OPERÒ DOPO VERGAROLLA PIANGENDO I SUOI ANGIOLETTI STRAZIATI - foto - MARIO BESSI

Iolanda Micheletti ha voluto ricordare il suo compianto marito nel prima anniversario della morte, con la pubblicazione in volumetto di questa sentita rievocazione della ((storia del dottor Geppino Micheletti». Bisturi... Pinze... Tampone... — Così, nell 'angusto spazio della sala operatoria, nel limitato campo che la lampada scopriva, il dottor Geppino Micheletti trascorreva gran parte della , sua lunga giornata. Agili, nervose, le sue mani scorrevano veloci a scoprire, a cruentare, contendendo fino allo spasimo perché l'esile fiammella, che ancora lo alimentava, non avesse a spegnersi in quel corpo abbandonato sul tavolo, apparentemente senza vita. Poi, ad intervento ,concluso, mentre gli assistenti terminavano di strutturare, egli guardava finalmente nel volto colui — o colei — che gli si era così fiduciosamente affidato e forse in cuor suo ,diceva:— Vai ! Vai pure in pace. Per te la vita avrà ancora uno scopo... —o forse non diceva niente, perché un'altra barella, un altro ammalato ,si apprestava ad accogliere dalle sue magiche mani il sollievo alle sue sofferenze, risveglio sanatore Cosi, per ore ed ore, nella atmosfera pregna di etere e dell'odore forte dei disinfettanti, senza un soffio d'aria pura, al calore di quella lampada che sembrava svuotare il cervello, — Bisturi... pinze... tampone... — E un altro, un ,altro ancora, perché vi era sempre un bimbo che doveva tornare ai suoi giochi, ancora una mamma che doveva tornare alla sua casa. E un uomo al suo lavoro, un vecchio alla sua pipa, una donna giovane al suo... amore. Amore!... Già, ricordava! Anch'egli aveva un amore: due... tre... Quanti amori, dottor Micheletti. Non ti vergogni? Alla tua età! Piano, per carità! I suoi amori erano due frugoletti biondi, belli come gli angeli che stanno in cielo. E sun moglie, quella che più tardi conoscerà come la Mater Dolorosa. E poi la sua casa, il suo lavoro e, forse ancora, le... margherite. perché le margherite? Chissà?... Piacevano tanto anche a me, quand'ero fanciullo. Poi è passato tanto tempo e me ne sono scordato. Forse a lui piacevano ancora perché era felice e, forse ancora, perché in cuor suo, in fondo, era rimasto sempre fanciullo. Scorre il fiume lento e sonnacchioso, lambendo le rive, strusciando, come in una lieve carezza, le erbe che si ,allignano. Poi, un giorno, 'si gonfia, incollerisce e trascina gli argini sommergendo tutto etutti. E, quando la feria e placata, le carogne galleggiane sull'acqua limacciosa a rammentare che, dove prima era da vita, ora soltanto la monte ha il suo regno. Cosi, senza una ragione, senza un motivo che giustifichi tanta ira, tanta distruzione. Accadde Cosìanche per il dottor Micheletti. E Destino gli scagliò contro, non gli elementi, che egli, fragile solo in apparenza avrebbe forse vinti, ma altri uomini. E questi furono ancora peggiori. Ed anche più crudeli. Senza pietà alcuna, in una giornata di sole, quando nulla faceva presagire la tempesta, strapparono mostruosamente i bimbi al suo affetto, lo tolsero dal suo lavoro, lo cacciarono dalla sua casa risonante ancora dai queruli giochi di quelli che ora, ora soltanto, potevansi compiutamente chiamare Angeli. Cosi, nei suoi freschi pascoli, nelle verdi valli delle sue speranze, scese la notte. E fu notte irrimediabilmente triste, fu notte senza domani... Geppino Micheletti, pimario chirurgo e , direttore;sanitario incaricato dell'Ospedale Santorio Santorio di Pola, riuscì a sopravvivere. Vergarolla. Che fu? Per lui tutto! L'Alfa e l'Omega, il principio e la fine. La FINE?... Certamente di più di quanto il suo cuore avesse potuto piangere a ciò che pur, come direttore del 41 centro chirurgico militare in Zona di operazioni, aveva dovuto accettare da quel tremendo Molock che gli uomini chiamano GUERRA. perché qui non era lo stesso: la guerra era finita, e questi non erano, ne, soldati, non erano , nemici. Qui vi era, e solo, della gente pacifica che, dopo tremendo incubo degli eventi bellici, in una domenica di sole, porta bimbi a una scampagnata sui prati pieni di margheritine. Bimbi... tanti bimbi... Il tumulto scoppiò in Geppino Micheletti quando accorso in sala operatoria vide apparire i primi feriti, i primi morti. Che era accaduto? Da dove venivano? Da Vergarolla?!... Santo Iddio, ma ci sono anche i miei bimbi laggiù !... C'erano!... Un grande urto, mentre la vista gli si annebbiava. Non capiva più nulla, era intontito. Che doveva fare? NuIla! Gli non sembrava che dopo l'urto il cervello gli si disfacesse e che la sua anima vagasse, ormai, in una galassia, senza vita, senza meta, al margini, o forse gia al di la, di quel confine che solo i morti possono valicare. E i pazzi. Quanto tempo durò? Non lo seppe mai. Si riscosse alle urla di quei piccoli esseri straziati che i sanitari deponevano ovunque un po' di spazio lo permettesse. La realta era li, viva, tremenda, in quel baillamme orrendo, in quelle pupille spente, in quegli arti distrutti, in quei ventri dilaniati. Si risvegliò. Era al tavolo operatorio. Qualche grida quei gemiti... Non vi era tempo da perdere. Bisturi... tampone... sutura.. Un altro... E un altro ancora. E poi ancora tanti, che non finivano più, in quella che certamente fu la più lunga giörnata della sua vita. Non pensare a niente! Così per ore a ore, in uno spasimo vertiginoso di fare presto, sempre più presto... Respirava a fatica, nell'atmosfera divenuta greve dall'odore del sangue, dal sapore dell'etere. E i1 calore di quella lampada sospesa sul capo, gravitante al che egli non avesse a sfuggire al cono di luce che da essa si dipartiva e che, purtuttavia, lo teneva prigioniero impedendogli pensare. Non pensare... Triste domenica, dottor Micheletti e quante vite annientate in quel patto pieno di margheritine recise che nessun bimbo avrebbe mai colto. Resistette finche l'ultimo di quei corpi abbandonati sul tavolo operatorio non ebbe il conforto del bisturi pietoso, finche quelle braccine ormai senza vita non furono composte nel sonno eterno della monte. Poi? Tanta pieta per l'uomo, tanta riconoscenza per il medico. Gli venne concessa la medaglia d'argento al valor civile, -mentre il Comune di Pola gli concedeva la grande medaglia d'Oro. Dottor Geppino Micheletti, non é finita ancora. “Colà, dove tutto si puote» altri uomini ,potenti hanno deciso di dare un ulteriore corso alla tua vita. Hanno deciso di strapparti ai luoghi che ora ti sono doppiamente cari, di mandarti ramingo, esule nella terra che ti vide nascere e che accolse il sacrificio del tuoi figli. Schiusi gli occhi sul mondo di umanità che la Vita e la Scienza gli avevano aperto, doveva .richiuderli ,su un mondo di civile e inutile crudeltà che gli uomini, a guisa di muro, avevano innalzato. Su quel muro, in alto, acciocchè tutti potessero vedere, la Bandiera della Libertà. Liberta!... All'ombra ,di questo .simbolo, le margheritine recise facevano corona ad capo dei bimbi, morti in una domenica di sole. L'uomo che tutto aveva data, il medico, il chirurgo insigne, dovette abbandonare il "suo» ospedale, rifattosi silenzioso dopo tanto strazio, la casa che già ,aveva conosciuto il primo vagito del suoi piccoli, alfine la terra dove aveva sparse a piene mani, fraternamente, senza distinzione di credo e di razza.La città natale non seppe offrirgli un porto sicuro, allora.Un transito questo si, come lo si concede agli stranieri di passaggio! Non che la città intera gli fosse ostile, no! Diciamo che, almeno in quell'occasione, lo ignorò. E fu tutto! Trovò del lavoro lontano dal suo mare, in una cittadina dalle antiche tradizioni: Narmi.. Una cittadina dalle antiche tradizioni. Un ,ambiente, tuttavia nel quale non riusci mai a reinserirsi. Colpa sua? Degli altri? Gli sembrava che un antico e ,sordo rancore lo accompagnasse ogni manifestazione che egli rivolgeva soltanto a lenire i mali, ad apprendere ogni nuova tecnica nel campo dell'alta chirurgia o in quello della radium-terapia. Nessun sacrificio gli era d'ostacolo in questo campo dell'intensa sua umanità, se una sola vita gli era dato strappare alla funerea Parca, se un solo essere umano poteva ancora vedere, coi propri occhi, le cose belle che Dio ci ha donato. Si sentiva un intruso, un tollerato, solo nelle strade, fra la gente. Ma li, nella piccola sala operatoria, egli era soltanto il medico che lottava, armato di piccoli strumenti, contro due nemici possenti: Il Male, la Morte! Ed era solo, al cospetto di Dio! D'improvviso, come fulmine, la Direzione avvalendosi, non di un obbligo, ma di una facoltà, mise in concorso il posto di chirurgo primario e direttore sanitario dell'ospedale nel quale, gia da un quinquennio, egli vi esercitava la funzione. Oltre ottomila interventi chirurgici, fino allora eseguiti, le numerose e importanti pubblicazioni scientifiche, e il fatto stesso di essere gia stato titolare di un posto considerato di Io categoria (Pola), e quindi superiore», furono elementi che nessuno si curò di tenere in considerazione ad fine di sistemare legittimamente, umanamente, una situazione che non poteva essere ne legittima, ne umana. La legge stessa, sui concorsi ospedalieri, dava facoltà alle Amministrazioni di confermare in via definitiva i profughi giuliani e d'Africa. Nemmeno questa legge venne considerata. Partiva alla pari» con tutti gli altri concorrenti — e Dio solo lo sa quanti ve ne potevano essere — giocandosi e nome e prestigio. E, aggiungerei, un altro pezzetto del suo cuore. Ebbe fortuna, per una volta... O ragione. La moglie, una Santa donna, riuscì in non con non hanno un'. Di quella propria non non a ricuperare i poveri resti di quelle che erano state le sue creature e a portarseli qui, a Trieste. Un paio di volte .all'anno, specie a Natale, venivano fin quassù, in pellegrinaggio d'amore, per stare soltanto un po', nella pace del. Monti, assieme al loro piccoli cari. E quel vialetto silenzioso, a nord della necropoli, era il loro nido da dove, tratti due seggiolini, riguardare, per un tempo che essi ,avrebbero voluto eterno, la piccola fotografia dei loro poveri angioletti scomparsi in una domenica di sole. E. nella piccola cappella i due fratellini biondo-ricciuti sorridevano felici. Traspariva, da quegli occhi chiari come fresche acque sorgenti una gioia celestiale che si riversava su chiunque vi si soffermasse anche per un breve attimo. Io non potrò mai dimenticarli. Come non potrò dimenticare la tristezza di quel pomeriggio di novembre quando, girovagando quasi senza meta per I vialetti, m'accadde di ritrovarmi davanti alla piccola cappella. Mi trattenni là per parecchio tempo e ne fui veramente felice. Era un estraneo, d'accordo. Forse sarebbe stato tanto più bello aver potuto portare a far loro compagnia a tanti altri bambini. Io non potevo dar loro che la mia anima. Che era poco. Eppure quando uscii mi senti il più buono, più felice.. E Cosìper tanti e tanti giorni che seguirono. Ogni qualtanto, diciamo una o due volte l'anno, avevo il piacere di rivedere i genitori. Passavano sempre da me per un breve saluto che, per essi costretti a rientrare nel mare magno dell'indifferenza, era forse come lievito a perdurare in quella vita. E dare, e ancora e sempre dare, dove vi era una sofferenza da lenire — le proprie non contavano — senza limiti di tempo, ne di spazio, ovunque poteva esserne richiesta l'opera. perché e Tempo e Spazio, ormai, non avevano più ,significato per essi costretti a trascinare una vita che non poteva essere più la loro vita. Da qualche tempo il.dottor Micheletti sentiva come uno strano formicolio nelle ,mani. Forse se ne accorse soltanto quando quelle magiche dita non riuscirono più a dirigere il bisturi con l'usuale fermezza. Esaminò le «sue» mani. Le fece esaminane .da altri specialisti. Il,dubbio primitivo ora era certezza. I Röntgen le avevano contaminate! Sapeva la condanna, ma egli aveva ancora tanto da fare prima che di :pensionamento chiudesse il sue apostolato. C'erano .almeno qualche paio danni, ancora, e tanti corpi da .restituire all'amore, all'affetto, al lavoro.L'uomo dal bisturi facile, ma dalla vita tremendamente difficile, diagnosticò che per dare .a quelle mani possibilità di adoperare ancora gli istrurnenti bisognava amputate ciò che irrimediabilmente era penduto. E fare presto. Presto... presto... presto... In Algeria operava un famoso chirurgo, specializzato in tale genere d'interventi. Andò, in Algeria. Sereno, come .sempre, di quella serena tranquillità che sapeva Cosìbene trasfondere nei suoi amici E sereno e tranquillo ricominciò il suo lavoro dopo lunghi mesi d'interdizione necessari alla cicatrizzazione di quei poveri monconi che un giorno erano state le sue magiche dita. Sereno e felice perché il bisturi, con un paio di :dita rimastegli nella destra, riusciva ancora a tenerlo con sufficiente sicurezza. Era quanto bastava! Qualche tempo dopo — assieme alla signora — venne ancora a trovarmi, felice di quella ritrovata passibilità di stare accanto ai suoi malati. Non lo rividi più. Una mattina, .scorrendo il giornale, suo nome: nella quanta pagina, fra gli articoli mortuari. La notiziari mi colpi; tuttavia volli credere, arrossì cercarli di persuadermi che solo di un non raro caso d' omonimia poteva trattarsi. L'avevo veduto l'ultima volta in buona salute, anche se, evidentemente, il Signore Iddio chiama a Se gli uomini quando a Lui piace che ciò accada. Respingevo, comunque, quella notizia Cosìfredda, Cosìinattesa, e . mi proposi di non pensarci più. Ritornava, però in ogni :atto che mi proponevo, sovrastando ad ogni mio pensiero.Passò qualche giorno ancora, poi me la vidi davanti la buona compagna della sua vita. Compresi allora, e solo :allora, che si era tutto vero, che non poteva non essere vero. Se il mondo era per gli altri, per Lui, Cosìnobile. Cosìbuono, non ci poteva essere posto che lassù, in cielo. E quando lei, con quel :suo pianto Cosìdesolatamente stanco, mi disse .che era voluta venire ,di persona a .darmi la notizia che la privava per sempre, e Cosìbruscamente dell'ultimo anello che ancora la legava a questa valle di lacrime, io la guardai. E la guardai :ancora «CAR LEE PIERREE NE PARLENT PAS». Già, «perchè le pietre non sanno parlare....Sentivo nel rigurgito del sentimenti la toccante semplicità di quelle parole e prova di amicizia e di stima che me ne derivava e, in un .impeto di commozione, avrei voluto anchio piangere, accomunando il mio .dolore al suo dolore. Ma quale pianto potevo io unire al suo, così grande, .cosi senza :speranza? Ascoltavo il grave :rintocco di una campana .che scendeva dall'antico colle. Pareva .scendere ed espandersi quella grave voce .da 'tanto lontano, quanto può .esserloper noi il cielo. Quel cielo che solo santi, in questo mondo ormai senza ,anima, hanno .il potere riconciliare a Dio. I santi come Geppino Micheletti. Forse non del tutto inutile gettare i sassi nell'acqua perché le onde vadano a frangersi sulle rive le più lontane. Cosi, come egli fece del sue grande cuore, nella speranza che se uno solo di noi, un giorno, avesse potuto cogliere il messaggio che egli deponeva sulle piccole onde provocate dal sasso, tutto non sarebbe stato inutile. Ora Egli e lassù tanto lontano da noi. Nelle verdi valli dei suoi sogni, dove le margherite non muoiono mai, egli deve essere finalmente felice. Serene e felice, le mani nelle mani dei suoi piccoli angioletti che la bufera spazzò via, in una domenica di sole, quando in margheritine erano ancora tanto piccole...MARIO BESSI

Dal numero 776

del 03/01/1963

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