SETTIMANA SANTA E TRADIZIONI ISTRIANE - Don Marco - vignette

vignette La primavera istriana sta per sbocciare e apre sulla terra dura e asciutta, come riarsa dal gelo, qualche aurea corona di mandorlo. La zolla comincia a intenerirsi ed a rinverdire. Contro l'azzurro del mare si allungano le striscie verdi dei frumento novello. Cadono le stille tepide di marzo. Ricordate? Si sta per concludere il dramma divino preannunziato dai pulpiti delle basiliche millenarie e delle chiesuole archi-acute poste in vetta ai colli. Nella semi-oscurità dell'Eufrasiana, di San Francesco, del duomo di Sant'Eufemia, che allunga stranamente le ombre delle colonne e degli altari, il popolo si è piegato quasi preso nei vertice di un'onda di desolazione. Tutta la campagna freme nel grande risveglio e quel fremito portato dal soffio tepido che odora di erba nuova e di mandorlo tenero, penetra nel cuore degli uomini come un ansito di liberazione'. Non giunge esso più al cuore degli esuli dispersi,. E' diventato come l'eco di una pungentissima nostalgia. La palmeta vol la casa nota. Nelle casette rosate, azzurrine, gialle dove a pianoterra ferveva, cuore allegro della cucina e nei piano superiore erano le camere silenziose per il sonno, la massaia era presa come da una febbre: brillavano( le piastrelle, lucevano i vecchi rami appesi al muro, le tovaglie, le tendine, la « tela de napa » abbagliavavano di biancorere.. Si preparava tutto come per la venuta di un ospite ansiosamente atteso Per Pasqua de ressuression - se magna el vovo per devossion L'uovo bianco e tepido diventava per il popolo il simbolo della vita che si rinnova. Durante, la settimana santa si raccoglievano con gioiosa trepidazione nei cortili dove il gruppo delle galline seguiva sempre un gallo superbo, e nei vasti di terra onorava d'estate l'erba Luigia e si spalancavano gli occhioni delle viole del pensiero. Avvolti nei tovaglioli di lino si portavano a benedire nelle vecchie sacrestie polverose dagli arnadietti dí noce intagliati, su cui visi pallidi di santi emergevano da tele tenebrose. La mattina del sabato santo la gente si bagnava la faccia can l'acqua delle uova lessa e, giacchè l'acqua era considerata santa. DE Nadal le fritole de Pasqua pinze e fritole In ogni cucina ferveva grande lavoro! Mentre le ragazze di casa con delicata pazienza tingevano le uova di vaghi colori. Si preparava la « pinza » pasquale di uova e di farina. Tutta la famiglia spiava con ansia il gonfiore della pasta d'oro profumata di vaniglia. S'era usata la ricetta avuta dalla nonna. Ognuno possedeva la ricetta più perfetta: la preparazione del lievito la miscela, l'impasto, il rimpasto erano operazioni delicatissime. Nei forni alimentati dalle « fascine» era un gran cicalare trepido. Per le vie era un chiamarsi, un far pompa con le tavole scoperte, un confrontare geloso le pinze tonde e leggere, dalla scorza brunita. E cosi il costume antico riviveva inconsapvolmente, riviveva il costume della gente lontana che mangiava le fugasse fuorte » come simbtilo magie di' forza. Palma suta - Pasqua bagnada Palma bagnada - Pasqua sutaDomenicadelle Palme! Si scruta il cielo ansiosi! Ulivi,ulivi, ulivi a palme, a fasci,nelle vie inondate dai villici,' nelle chiese affollate dove fra l'ondeggiar delle nuvole d'incenso le piccole foglie lanceolate hanno tremori d'argento. Al ritorno della «messa granda » si spezzano i piccoli rami e si appendono come segno di benedizione a capo di ogni letto. Chi vol sentir el pianto de Maria?... Settimana di passione le chiese sono immerse nel dolore e, nel crepuscolo del martirio, le immagini degli altari sono coperte da grandi drappi violacei. Si nascondono così agli occhi, dei fedeli le Madonne del Carpaccio di Capodistria, la dolce Madonna del Sassoferrato a Pirano, Santi del polittico del Vivarini a Parenzo, le tele del Tiepolo e del Veronese, sotto le navate oscure delle chiese di Ossero e di Lussinpiccolo. Ai piedi di esse le dame velate di nero sono prostrate nelle preghiere dell'adorazione. Alla sera, vicino al coro dagli stalli di quercia intagliati e patinati dal tempo, ardono soltanto i quindici ceri simbolici infissi nel triangolo di legno, che nell'interpretazione popolare"e rappresentano ilCristo, con gli apostoli, la legge e gli Ebrei. Sopra i banchi consunti tante piccole fiammelle rischiarano le grosse li, lettere dei salmi mattutini sulle pagine ingiallite dei vecchi messali, voltate da dita nodose un po' tremanti. Alitano leggermente, i veli neri sulle teste chine. Tutti gli angoli sono pieni, di ombre e di mistero e quando l'ultima candela rinasta infissa ai vertice dei triangolo, sola come Gesù abbandonato, è spenta, prorompe Lamentoso il Miserere, risuonano lugubri i banchi sotto le battiture dei piedi e la voce lacerante delle « grissole » urla dietro l'altare. — O Maria, indove andate? — Vado a sErcar el mio caro figliolo Giovedì santo! Nelle chiese parate a lutto, sopra le quali pendono le campane mute, vi è l'adorazione dei Sepolcri. Negre figure velate e silenziose si trascinano ginocchioni davanti alla nicchia, che le luci colorate dei cento lumini fanno vivere in una misteriosa atmosfera fra li profumo acuto dei fiori e l'immobilità, delle alte palme. .De venere santo anima bela non ponzer mai la tera.... Nella terra oscura riposano ancora le spoglie di Cristo, guai a pungerla con un arnese di ferro, si potrebbe ferire il suo corpo martoriato. ...Popolo mio, coss 'te go fato a ti? O in cossa t'ò dà pena, rispodime a mi?... Processìone della sera: funerale di Cristo. Tutte le nostre finestre, tutte le bifore di pietra bianca scolpita, tutti i « pergoli » s'incorniciano di lumini e s'adornano di damaschi e di drappi. Per le contrade oscure, tagliate a riflessi inusitati di luce, passa la Processione lenta con i canti dolorosi; gli uomini della terra e del mare incappati nelle tuniche rosse, nelle tuniche azzurre delle antiche confraternite (è quella di San Nicolò, è quella di San Lorenzo) sorreggono il baldacchino, i fanaloni dorati e gli stendardi dipinti. Le vecchie avvolte negli scialli neri reggano i ceri, e le fiammelle vacillanti rischiarano i volti adusti scavati cane rughe, i profili acuti, gli zigomi forti della vecchia razza istriana. Il corteo lento si snoda per i vicoliletti, tra le case antiche che dal tempo di San Marco ne videro passare già tanti, con una suggestione piena di poesia e di tristezza. ...E quel patire amaro de morte assai più atrosse quela pesante croce come a farà portar?... (Come farai a portare la tua croce tu, povero Istriano)?... 1 Per le stesse vie passavano nei secoli XIV e XV le confraternite dei Battuti, a Pola, a Rovigno a Pirano, a Isola, che incappucciati si flagellavano con le sferze cantando le antiche lodi per acclamarle infine davanti ai santi Sepolcri. Sabato santo: mattino di aspettazione gioiosa! Le chiese sono trasformate in giardini di boccioli umani: testine rosee, manine incerte, occhioni luminosi ed attoniti. Piccoli stridi, piccole risa, piccoli singhiozzi. Sono tutti i bimbi del paese agghindati, infioccati, lisciati. Tutti devono essere presenti agli squilli gioiosi della Resurrezione. L'allEgria a ogni mal ghe dà la fuga. Echeggia il Gloria. I drappi violetti cadono dagli altari, sfolgorano gli argenti e gli ori, dai finestroni semilunati toccano terra 'e tentano i primi passi, tutti i luminosi occhi infantili vengono bagnati dalle amorose materne con l'acqua attinta dalle pile di marmo appena ricolme. Sul campo il contadino getta la zappa, arresta il bue, corre a bagnarsi la faccia nell' acqua del « lachetto » più vicina per essere liberato da ogni male. Domenica di Pasqua! Il contadino si alza all'alba e fa il giro della sua terra, passa tra i filali delle viti e fra le « stiere» del frumento. Cammina in gran silenzio. Bisogna che cammini così in gran silenzio perché Dio benedica la sua terra. Rientra, inghiotte due uova sode benedette e beve due dita d'acqua santa, trita sulla tavola i gusci rimasti e sparge la polvere bianca davanti alla porta della casa e della stalla. Fa così lo scongiura. Poi indossa il vestito della festa, di panno nero e si reca col' suo passo grave alla «Messa» grande. Per Pasqua e per Nadal la mamma ghe fa al piceto vestito novo e "veto. Banchetto: attorno al desco famigliare, nelle linde cucine e nei cari tinelli, si riuniscono tutti, anche coloro che il flusso della vita ha sospinto lontano. Sulla mensa trionfano l'agnello profumato di erbe aromatiche e le uova dipinte. Alla fine dei pranzo s'affetta la « pinza » che s'intinge nel 'refosco cupo dal sapore frizzante, Mentre la massaia attende trepidante il giudizio dei commensali e passano l'e ore saporite fra i cordiali parlati e il lento centellinare del vino. Nel pomeriggio della seconda festa, come per comunicare con la primavera risorta; il polpolo abbandonava le povere case, i vicoli bui e si recava attraverso la Serenità dei campi, verso un colle scoperto coronato da cipressi, o una pineta frusciante, e in certi luoghi con le barche solcava il mare deserto e andava verso un'isoletta solitaria rivestita di lauri, andava verso lo stesso pasto dove i suoi vecchi andarono sempre a trascorrere in pace la seconda festa di Pasqua, E il pomeriggio quasi trasvolava in serenità. i bambini rodevano le « titole » con l'uovo rosso, trillando gioiosi i più grandicelli s'infervoravano giocando all'uovo più forte e tutti Seduti sulrerba novella consumavano la merenda, mentre le bande suonavano le vecchie marcio festose riposavano, scherzavano sognavano finché il tramonto incendiava il cielo e i vetri delle case e faceva scintillare gli ottoni e l'ombra saliva sui colli e sospingeva gli uomini a piccole frotte verso le ,case che il crepuscolo già imbruniva, verso il domani che dopo l'oasi festosa già riafferava col suo ritmo di pacato lavoro. Oh dolci giorni perduti! Don Marco

Dal numero 604

del 31/03/1948

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