Seconda parte
23 maggio 1945: alle 10 di notte il convento di Sant'Antonio viene circondato da un centinaio di partigiani. Una pattuglia, guidata da ufficiali al comando del sanguinario Picunich (macchiato da tan-ti delitti e in seguito facto scomparire dagli stessi partigiani), penetra, invade il convento di Sant'Antonio. Siamo accusati di dar rifugio al federale fascista di Pola Bilucaglia e a suo cognato Mattioli (solo costui si trova con noi, ma riesce in tempo a occultarsi nella soffitta della chiesa e non cade nelle mani dei suoi aguzzini). La perquisizione e quanto mai minuziosa e dura lino alle tre del mattino: convento, annesso orfanotrofio, teatro parrocchiale, celle, anditi, armadi... tutto viene setacciato. Fra Agostino e Fra Pacifico sono obbligati ad accompagnare questa truppa ovunque. I bambini dell'orfanotrofio, in seguito ai bombardamenti, si trovano sfollati nel convento francescano di Rovigno, ma le aule e i dormitori sono occupati da varie famiglie che hanno perduto la loro casa. Incaricato della sorveglianza dei locali dell'orfanotrofio, occupo una stanza. Sono svegliato di soprassalto; i partigiani hanno sfondato la porta e vengo accecato da lanterne. Borbottano in croato, scrutano sotto il letto, nell'armadio, fuori dalla finestra e si ritirano. Passano alcuni minuti e sento il piangere disperato di alcuni bambini. Poco distante, in un'aula, da alcuni mesi vive la famiglia Mattioli. Fra Agostino corre a informarmi: «Hanno portato via la moglie e due bambini del signor Mattioli,,. Più tardi Fra Pacifico, sconsolato, dice: «Hanno arrestato i ragazzi piemontesi della Flak, trovati nel teatro parrocchiale.. Sono una decina di ragazzi chiamati sotto le armi alcuni giorni prima dell'8 settembre e obbligati a Pola a prestar servizio con le truppe tedesche. Con la calata delle truppe partigiane, fuggiti i tedeschi, sono stati alloggiati con noi come «sfollati..
Frati e ospiti dell'orfanotrofio passano la notte in bianco. I partigiani si ritirano; pen( alle 5 del mattino ritornano un'altra volta improvvisamente. Altra visita a tutti i locate. Si ritirano verso le 7 del mattino. Unico luogo che evita la perquisizione: la chiesa! E li, nella soffitta, stava nascosto Mattioli. Fra Agostino si affretta a dargli la triste notizia: .Hanno prelevato tua moglie e i due bambini.. Mattioli esplode in un pianto disperato e stringe tra le sue mani un'arma. Piange anche Fra Agostino, ma dopo una preghiera, una riflessione, Mattioli prende una decisione..Prendi quest'arma — dice a Fra Agostino —, nascondila. Ti prego, frate, va al comando partigiano, supplica quella gente di rilasciare mia moglie e i bambini. DI loro, che avendo saputo dell'arresto della mia famiglia, io stesso mi consegneró a loro e lo mi condurrai domani al comando partigiano; però:, voglio prima vedere libera la mia famiglia e passare un giorno assieme. Va, fa queste favore, questo miracolo!,..
Era Agostino, al comando partigiano a creduto, ottiene sl «miracolo.. Vengono rilasciati la moglie e i bambini. Mattioli può rimanere un giorno assieme e poi, a braccetto di Fra Agostino, si presenta al comando partigiano di Pola. Riceve due anni di condanna. Imbarcato sulla nave «Campanella» con destino a Fiume, trova altri prigionieri. Molti hanno le mani legate con filo spinato. il viaggio di questo gruppo ha un'ora drammatica. La nave, costeggiando il litorale, incappa in una mina, sbanda, si inclina, ma non affonda. Guardie e prigionieri, presi dal panics, si gettano in acqua. La costa é poco lontana. Alcuni affogano, al t ri possono liberarsi del filo spinato e guadagnare la riva a nuoto. Mattioli uno dei fortunate, ed ha anche il valore di salvare un soldato partigiano che sta affogando. Qualche altro prigioniero resta sulla nave e si salva. Tra costoro c'è il dottor Miotti di Venezia che incontrerà in un campe di concentramento in Jugoslavia. Mattioli, dopo un anno di prigionia, viene graziato e ritorna in famiglia a Pola.
Verso la fine di giugno 1945, in base ad accordi internazionale, l'Istria viene temporalmente divisa in due zone di occupazione: Zona A: che comprende Trieste e l'immediato retroterra, c la città di Pola, che passa sotto il controllo degli Alleati. Zona B: il resto dell'Istria che passa in mane alle truppe jugoslave. Trieste é gia occupata dagli inglesi. Pola attende con ansia l'arrivo dei nuovi padroni, per sentirsi libera dall'incubo e dal terrors. In citta, la gente e pervasa da un'ondata di delirio e di entusiasmo all'annuncio del prossimo arrivo degli Alleati. Un sabato arrivano da Trieste molte jeep della polizia inglese e si accampano ai Giardini. E una festa italiana: fiori, canti, bandiere. Molta gente cerca subito 'rifugio accanto agli inglesi, minacciata dalle truppe partigiane che ancora rimangono in cilia. Due giorni dopo arriva da Trieste la truppa alleata ed anche alcune navi entrano nel porto. A pochi chilometri da Pola si stabilisce un limite tra le due Zone A e B. Le truppe jugoslave passano nella loro zona e in città si respira e si vive più sereni.
Pola riprende il sue lavoro normale e comincia a ripa rare le ferite della guerra. Viene stabilita un
linea regolare di trasporto via mare con Trieste. Si può anche viaggiare e visitare la Zona B in mane del-la Jugoslavia, ma bisogna essere muniti di permessi e documenti e si è soggetti a continue controlli e minuziose perquisizioni. Vari comitati slavi, gruppi giovanili, specie tra gli operai di Scoglio Olivi, Fabbrica Cementi, Arsenale vengono creati, tutti di tendenza filo-jugoslava. Agiscono e organizzano frequenti raduni, dimostrazioni anti-italiane specialmente alla periferia. Una Commissione internazionale arriva in Istria per studiare il terreno, il carattere etnico della popolazione per una delimitazione dei confini tra Italia e Jugoslavia, Pola confida nell'onesta e nella giustizia di questa Commissione, dato che la popolazione é quasi al cen lo per cente itaI iana. Tale fiducia e speranza nutrono anche le genti della costa e dell'interno dell'Istria. Ma il partito comunista jugoslavo non dorme. L'Istria viene invasa da migliaia di persone che accompagnano la Commissione dovunque con manifestazioni massive. Quando questa arriva a Pola, vediamo la città letteralmente invasa da migliaia di persone, con cartelloni, bandiere jugoslave, e canti, e grida, e musica... Gli italiani inerti e non preparati, guardano fiduciosi e confidano nell'onesta e imparzialita della Commissione internazionale. Infine, si risveglia sentimento patrio e la città esplode in una grandiosa manifestazione pro Italia. Ma i signori della Commissione hanno gia inclinato la bilancia in favore della Jugoslavia... Passano i giorni, passano i mesi e si fanno sempre più frequenti le manifestazioni pro-Italia ed anche pro-Jugoslavia.
In città si pubblicano l'Arena di Pola, El Spin, giornali pro-Italia. Ma c'é anche il giornale pro-Jugoslavia, il cosiddetto .Nostro Giornale.. I quotidiani aprono una guerra di parole, di art icoli, ciascuno in difesa della propria tesi. Non mancano, durante la occupazione degli Alleati, alcuni fatti di cronaca nera che hanno commosso la citta. In una domenica, plena di sole e di allegria, la città organizza una manifestazione sportiva e patriottica sulla spiaggia di Vergarolla. Cent inaia di persone assIstono nel pomeriggio alle varie gare in programma. A un centinaio di metri giacciono ancora, incustodite, molte mine. Mani criminali le fanno esplodere e le vittime sono numerose. Lo scoppio scuote la città e parecchi edifici sono danneggiati. Ricordo la pietose raccolta dei resti mortali di tante vittime, corpi bruciati, dilaniati, irriconoscibili, mutilati..., e lavoro, l'eroismo del medici, infermieri, di tanti volontari per soccorrere i feriti. il primario dell'ospedale sa che i suoi due bambini sono morti, e con il pianto e il singulto compie il suo lavoro salvando vittime, operando, curando. Imponenti i funerali celebrati dal vescovo mons. Raffaele Radossi e poi il mesto, silenzioso cortex di feretri verso i cimiteri (cimitero Civile e della Marina). Molte tombe non porteranno che una scritta: «Sconosciuto., .N.N...
Passano alcuni mesi e in pieno giorno salta la polveriera di Vallelunga, situata nell'arco di mare di fronte alla citta. Non si segnalano vittime, ma lo spostamento d'aria danneggia nuovamente numerose case.
Uno sciopero indetto dal comitati rossi fa scomparire vari operai contrari al movimento e di sentimenti italiani. Nel mare di Pola viene pescato il cadavere di Cella, un modesto e onesto lavoratore. Gli italiani danno una commovente dimostrazione di affetto con una partecipazione di massa ai funerali. Commuovono le parole della sua addolorata mamma pronunciate sopra la tomba, parole di perdono per gli assassine e di una profonda rassegnazione cristiana.
I molini Sansa-Franzin, sulla statale che conduce verso Dignano, alla periferia di Pola, venèono assaltati da un gruppo di operai filo-jugoslavi. Interviene la polizia, ma viene attaccata violentemente da una turba inferocita. Si scatena una battaglia e sul terreno perdono la vita tre operai. Questo tragico episodio obbliga le autorita alleate ad imporre per alcuni giorni il coprifuoco. Ai funerali, alla messa che sono chiamato a celebrare per i poveri caduti, in mezzo a una folla con il cuore gonfio di odio, stento a trovare parole adatte alla circostanza. (Renato Sansa, uno del proprietari del molini, sara più tardi mio compagno di galera in Jugoslavia).
I sentimenti italiani della massa, un poco assopiti, umiliati per questi ed altri deplorevoli episodi, esplodono il 15 agosto 1946 in una imponente, commovente e massiccia concentrazione. il luogo dell'incontro non poteva essere altro che l'Arena, il millenario anfiteatro romano. Discorsi, canti, musica, balli, esercizi ginnici attirano a ondate la gente che si stringe, si accalca dentro il cuore di mamma Arena.. il campanile di Sant'Antonio, che come sentinella sorge a pochi passi dall'Arena, mostra alla città il tricolore e le campane, che suonano in onore del-la Madonna, cantano anche l'amore alla patria chiamando attorno all'Arena e alla chiesa pia gente ancora. E un incontro festoso della grande famiglia di Pola, ma sara anche l'ultimo...
La Commissione internazionale che ha studiato l'Istria da la sentenza. L'Italia perde l'Istria: tutta la Zona B e Pola. Si salva Trieste. La Jugoslavia ingoia soddisfatta questo suolo.
II giorno del passaggio della città alla Jugoslavia e segnato per il 15 settembre 1947, il giorno della sua condanna a morte...
Padre Albino Simpliciano Gomiero