Perché ho scritto del Famedio - Carlo Paleologo - fotro

foto Diverse persone mi hanno chiesto come mai ho scritto l'opuscolo che narra la storia del Famedio del Marinaio Italiano. lo infatti non sono originario di Pola e non sono nemmeno un marinaio. Perché mi ero interessatro di un monumento che, apparentemente, era fuori del mio diretto interesse? La storia è molto semplice: l'artefice della Cappella nella chiesa della Madonna del Mare denominata Famedio del Marinaio Italiano, l'architetto Giuseppe Berti, era mio suocero. lo non lo ho mai conosciuto; ho conosciuto sua figlia, Loredana, nel 1946 quando egli era morto già da un anno. Ma me ne é stato molto parlato; si può dire che lo abbia conosciuto di persona. Comunque in casa di mia moglie si conservavano i suoi ricordi, fra i quali la targa d'oro che il Comitato per la realizzazione del Famedio aveva a lui donato il 24 maggio 1929 in occasione della inaugurazione. Avevo sentito parlare di questo Famedio come di una realizzazione di rilievo. Ad essa l'architetto aveva sacrificato alcuni anni del suo lavoro appassionato, in essa aveva profuso la sua esperienza di artista. Avevo visto il libro che era stato stampato in occasione dell'inaugurazione, libro che illustrava tutte le fasi della realizzazione di questo monumento di italianità. (Mario Nani Mocenigo Il Famedio del Marinaio Italiano Venezia 1930). Ed una ventina di anni fa, in occasione di un nostro viaggio turistico a Pola eravamo andati in cerca di questo Famedio per vedere che cosa ne era successo. Ma senza alcun risultato. Non eravamo riusciti a rintracciare nemmeno la chiesa della Madonna del Mare. La cosa era finita li. Nel febbraio del 1987 venni a sapere per caso, parlando con una conoscente esule da Fiume, ma che segue l'Arena, che i cimeli del Famedio erano stati sistemati ad Ancona in una nuova chiesa militare. Il mio interesse si è improvvisamente risvegliato. Dunque gli arredi di Pola non erano andati perduti o distrutti, non erano andati dispersi. In una fotografia pubblicata dal giornale si vedeva, chiaramente, il grande lampadario centrale che un tempo pendeva dalla cupola del Famedio. Il mio interessamento fu immediato. Presi contatto con il Comando Marina di Ancona ed in particolare con l'ammiraglio Franco Papi-li. Questi si dimostrò persona quanto mai disponibile, anche per la sua spiccata inclinazione alla ricerca storica; per illuminarmi sul perché e sul come questi arredi fossero stati portati ad Ancona era un altro discorso. L'inaugurazione della chiesa di Santa Barbara, avvenuta pochi mesi prima, il 4 dicembre 1986, era si avvenuta all'epoca del suo comando ma il recupero del materiale si era verificato prima, con gli ammiragli Ferrari-Aggradi e Agostinelli. Tuttavia, saputo che era mio intendimento tentare una ricostruzione della storia di questo Famedio, non solo mi incoraggiò nell'impresa ma mi forni anche materiale fotografico e soprattutto mi indicò le persone che potevano fornirmi le notizie che io cercavo. Ed ecco che un po' alla volta mi sono trovato invischiato in quella ricerca. Con l'avallo della presentazione dell'ammiraglio, sono venuto a contatto con alcune persone della Marina, in particolare con anziani ufficiali che avevano in gioventù frequentato la Madonna del Mare. Ma anche l'ambiente degli esuli da Pola mi è stato di aiuto determinante per ricostruire la complessa storia di questa bellissima chiesa costruita circa un secolo fa. Non faccio nomi: sia nell'ambiente della marina Militare che nell'ambiente degli esuli tutti mi hanno incoraggiato e mi hanno fornito, con grande disponibilità, le notizie che possedevano. Nell'ultima pagina del mio libretto c'è un ringraziamento a coloro che mi hanno aiutato: non sono certo tutti. Se avessi dovuto elencare tutte le persone che mi hanno dato il loro appoggio avrei dovuto riempire una intera pagina. Mi scuso pertanto con coloro che non sono stati citati. Il mio lavoro, durato oltre un anno, è stato anche agevolato da un professore mio amico di Vienna che per mio conto è andato a frugare negli archivi della marina austriaca, archivi ormai polverosi ma ordinatissimi. Un capitolo a parte meriterebbe la ricerca che ho effettuato per rintracciare la pala d'altare raffigurante la Madonna del Mare, la bellissima scultura in bronzo di Eugenio Bellotto. Non c'era più a Pola ma non era mai arrivata ad Ancona. Dove era andata a finire? Esisteva ancora oppure era andata distrutta? La ho cercata in molti posti, indirizzato da segnalazioni che si rivelavano poi sempre fallaci: Pola, Roma, Vienna, Monfalcone, Pozzuolo del Friuli, Venezia. Se ne era perduta ogni traccia. E quello era il «pezzo» più grande, forse il più bello, artisticamente, di tutto il Famedio. Era doloroso sapere che era andato perduto, non riuscivo a capacitarmene. Poi, un po' per caso, la notizia-lampo: la pala era nella Cappella della Accademia Navale di Livorno. Io sono dell'idea che non sia al posto giusto: la sua naturale collocazione è ad Ancona, nella chiesa di Santa Barbara. La fortunata combinazione del raduno degli esuli da Pola del 4 e 5 giugno che si è svolto proprio ad Ancona ha suggerito al Libero Comune di Pola in esilio ed al giornale l'Arena di Pola l'iniziativa di pubblicare il mio studio storico. Sono riconoscente a questi due organismi per avere realizzato quello che era un mio desiderio: vedere pubblicato il frutto del mio appassionato lavoro. Il libretto è stato scritto perché è mia opinione che chi ha la possibilità di venire a conoscenza di particolari notizie storiche non le deve tenere per sé: andrebbero perdute con lui. Chi ricorda la chiesa di Pola, lo ho visto ad Ancona, non è più giovane. Chi vede invece la chiesa di Ancona è nel fiore dell'età ma nulla sa delle vicissitudini precedenti di questo cimelio. Si tratta di unire questi due tronconi di conoscenze e di lasciare scritto un qualche cosa che possa essere di traccia per coloro che verranno negli anni futuri. Questo mio modesto studio serve appunto a questo scopo. Non è detto che non si possa procedere in futuro ad una nuova edizione, più completa, più consistente, corredata di illustrazioni di maggiori dimensioni. Per questo sto cercando di raccogliere ulteriore materiale e sarò grato a chiunque potesse con me collaborare. Carlo Paleologo

Dal numero 2549

del 16/07/1988

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