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Tredicesima ricerca
Via Ottavia e via Antonia rappresentano l'unico esempio, nella toponomastica di Pola, di vie dedicate a due persone della medesima famiglia, attribuendo al vocabolo famiglia il significato corrente e non quello latino di stirpe o discendenza. Infatti Ottavia ed Antonia erano madre e figlia o, con maggiore riferimento storico, erano, rispettivamente, sorella e nipote dell'imperatore Augusto. Le due vie erano situate nel rione S. Policarpo, erano pressoché parallele e si dipartivano, ambedue, da via V. Pisani (la parallela sopraelevata di via Premuda) e terminavano in via Plinio il Giovane. Esistevano già sotto l'Austria ma. da quanto risulta, sembra fossero state dedicate alle due famiglie romane di ugual nome. A seguito della revisione toponomastica, operata dall'Italia, i nomi in questione vennero «mirati» a singole persone e, come spiega A. Gorlato, con via Ottavia «si volle onorare la virtuosa sorella dell'imperatore Augusto e madre di Antonia» e con via Antonia o, più completamente, con via Antonia Augusta si volle «ricordare Antonia minore, madre dell'imperatore romano Claudio, la quale, dopo la morte del marito Druso (9d. C.), trascorse alcuni anni nella nostra città.»
E parliamo prima di Ottavia. Era figlia di C. Ottavio ed Azia e, perciò, sorella di Ottaviano, del quale era qualche anno più vecchia. Molto presto era rimasta vedova del primo marito C. Claudio Marcello e fu questa disgrazia famigliare che la spinse ad entrare, suo malgrado, nella storia. Infatti, subito dopo la costituzione del 2o triumvirato tra Ottaviano, Antonio e Lepido, i triunviri (per la nota legge che le società funzionano bene solo quando sono formate da non più di due persone ma in numero dispari) cominciarono a litigare tra loro: la pietra dello scandalo era Antonio che credeva solo nella forza militare ed era conscio di valere, come condottiero, più degli altri due. Inoltre, nella spartizione dei territori, Antonio si era scelto, oltre all'Oriente, anche l'Egitto, dove, dopo le prime passeggere incomprensioni, aveva trovato la sua anima gemella in Cleopatra, che non faticò molto per legarlo al suo carro o, meglio, al suo letto. Il disegno politico di Cleopatra era di una semplicità estrema: riuscire ad ottenere con Antonio ciò che non le era riuscito di ottenere con Cesare. In quel tempo Antonio era legittimamente unito in matrimonio con Fulvia che, com'è naturale, avrebbe fatto carte false per sganciare il marito dai piani dell'egiziana e, a questo proposito, le pensò tutte. Non trovò di meglio, però, che organizzargli, in Italia, un'insurrezione, nella speranza che, a tentativo riuscito, Antonio sarebbe ritornato in Italia per prendere il potere, uscendo, definitivamente, dal letto di Cleopatra. L'insurrezione falli perché Antonio se ne tenne fuori e Fulvia, che l'aveva organizzata e fomentata, ne mori di crepacuore; in più il disastro mise in mano a Cleopatra l'appiglio per spingere Antonio contro Ottaviano. Antonio che non cercava nulla di meglio che menare le mani non ci mise molto ad abbracciare l'idea. Raccolse il suo esercito, sbarcò improvvisamente a Brindisi e mise sotto assedio le truppe del collega. Ma i soldati degli eserciti contrapposti non ne erano molto entusiasti tanto che incrociarono le braccia e si rifiutarono decisamente di sbudellarsi vicendevolmente a causa delle bizze dei loro capi, costringendo Antonio ed Ottaviano a venire a patti. A suggello dell'accordo, Ottaviano ritenne opportuno far unire in matrimonio il vedovo Antonio con la vedova Ottavia, anche se era per lo meno illusorio sperare che il perbenismo di Ottavia fosse sufficiente a mettere le briglie a quel cavallo pazzo di Antonio. Ciò nonostante, i primi anni del matrimonio filarono via lisci tranquilli. Antonio si portò dietro la moglie ad Atene dove riuscirono a mettere al mondo due figlie: Antonia maggiore, nata nel 39 a.C. ed Antonia minore, nata nel 36 a.C. Inoltre Ottavia cercò, con molto impegno e molta pazienza, di dare un pò di cultura al marito ottenendo, però, risultati molto modesti. Antonio la seguiva, mano nella mano, nelle visite ai monumenti greci, un pò distratto e molto annoiato, mentre la sua mente era occupata da sogni di guerra e dal ricordo delle indimenticabili notti passate nel letto di Cleopatra. Finché non ne poté più di questa vita ordinata ed austera, tutta famiglia e classicismo, e cacciò da casa la moglie e tutta la figliolanza!
Ottavia lottò con tutte le sue forze nel tentativo di ricucire lo «sbrego» che il marito stava facendo nel tessuto del triunvirato che, ormai, per l'arrendevolezza di Lepido, era diventato un duunvirato: Antonio fu irremovibile nella sua decisione ed Ottavia, sempre buona, virtuo sa e generosa, se ne ritornò a Roma, portando con sé, oltre alle due piccole figlie, anche i figli che Antonio aveva avuto dal suo precedente matrimonio con Fulvia. Li visse tranquillamente sempre aiutata dal potente fratello. Intanto Antonio, libero da legami famigliari, si mise in contatto con Cleopatra offrendole il suo braccio e forse qualcosa di più. A Cleopatra l'uomo non dispiaceva ma comprendeva, anche, che questa era l'ultima carta buona del mazzo che le stava capitando: accettò le proposte di Antonio ma pose come condizione prima di essere sposata «sul serio». Antonio accondiscese e, come primo passo, provvide a divorziare da Ottavia; seguì, poi, il suo destino che lo portò a morire suicida per disperazione, nel 30 a.C.
Nel frattempo le sue figliole, a Roma, stavano diventando grandi-celle ed in poco tempo ancora sarebbero state in età da marito. Ottaviano, intanto, era diventato Augusto nonché imperatore ma, ciò nonostante, trovò il tempo di occuparsi del futuro delle nipoti. Antonia maggiore la diede in moglie a L. Domizio Enobarbo: da questa unione nacque Gneo Domizio Enobarbo che sarebbe poi stato il padre di quella disgrazia pubblica che fu l'imperatore Nerone. Quale marito di Antonia minore, Augusto scelse addirittura il figliastro Druso, che gli era stato portato in dote dalla terza moglie Livia. Infatti Livia, quando andò sposa ad Augusto, aveva già un figlio: Tiberio che, più avanti sarebbe diventato imperatore; ma era anche in stato interessante ed il secondo figlio, al quale sarebbe stato imposto in nome di Druso, le nacque dopo il matrimonio con Augusto. Nonostante questa nascita un pò fuori tempo, Druso divenne il favorito di Augusto e sarebbe stato sicuramente il suo successore se, durante una guerra contro i germani, non fosse morto per una caduta da cavallo. Augusto rimase molto scosso per la morte del figliastro prediletto; la moglie Antonia ne fece una malattia ed Augusto pensò bene di allontanare la nipote da Roma, dove troppe cose le ricordavano continuamente il marito scomparso; e la mandò a Pola, città indubbiamente più tranquilla, che, essendo ancora in fase di ricostruzione, era tutta nuova. Antonia che oltre ad essere una gran bella donna aveva tutte le virtù della madre Ottavia, obbedì allo zio e parti immediatamente, portando con sé i tre figlioletti che le aveva «stampato» Druso prima di partire per la guerra che doveva risultargli fatale: Germanico, Livia e Claudio che sarebbe diventato imperatore nel 41 d.C. Il fatto che Antonia ritenne opportuno di portare con sé anche i figli era giustificato abbondantemente da due fatti: il suo profondo attaccamento alla famiglia e la necessità di tenere vicino a sé il più giovane, Claudio. Il ragazzo, infatti, era il classico portatore di handicap: era stato colpito da poliomelite alle gambe per cui aveva notevoli difficoltà di deambulazione e soffriva di una noiosa, quanto evidentissima, forma di balbuzie. Era, complessivamente, cosi mal messo che dagli estranei era considerato uno sottosviluppato mentale. Anche la madre Antonia, pur cosi buona e comprensiva, lo aveva definito un «aborto» e, quando voleva parlare di qualcuno che non era molto sveglio, lo caratterizzava dicendo che era «più cretino del mio povero Claudio». Comunque l'aria di Pola gli dovette giovare se, quando diventò imperatore, nonostante le donne che gli vissero attorno (leggi Messalina ed Agrippina), non fu certamente uno dei peggiori; fino a quando la sunnominata Agrippina non lo tolse di mezzo con il classico piatto di funghi...
Claudio Fontanive