Quarantotti Gambini nell'intimità domestica - Foto - Vladimiro Lisiani

Didascalia: Lo scrittore Quarantotti Gambini con la nipotina Pier Antonio Quarantotti Gambini quattro nomi un uomo solo; ma uomo capace di portarli. Su questo argomento e li scherza allegramente.-Mi chiamano -dice-il più grande scrittore d'Italia. Per statura, naturalmente subito aggiunge. Ironia del caso. Grande così egli è andato ad abitare in una casetta a Venezia piccola come un guscio di noce. Ma quando una casa con loro i soli dentro fra le sue mura, ci dà l'impressione di essere affollata e tuttavia tranquilla, allora non abbiamo trovato il rifugio ideale, dove è facile sia il lavoro, piacevole il soggiorno, tipi dall'atmosfera. Ordinatissima era casetta di Quarantotti Gambinia Venezia; volevamo farne a meno, del facile paragone, che simile da fare alla capanna di Biancaneve, più che per le sue lilipuziane proporzioni, per quella lindezza quasi pedantesca che subito vi viene incontro già sulla porta che dà sulla calle, e dove una silenziosa rispettosa donna di mezza età vi dà il buongiorno. Certo è lei la fata della casa. Ma Quarantotti Gambini in quell'ordine discreto e accogliente, cammina con tutto il suo peso senza il minimo rumore, e perfino la voce si affievolisce entro le pareti lontane dal rumore cittadino. Pare che il canale grande sia remoto, piazza San Marco in altra latitudine, e invece tutto è lì, a quattro passi, anche l'Adriatico, la città insomma che- dice Quarantotti Gambini- come nessun'altra può essere cara a un figlio dell'istria figlia di Venezia. Dunque ci sediamo nel caldo salottino, e le ore nel discorrere passano presto. Quante parole, quante impressioni. E quanta differenza da altri scrittori e letterati, che scrivere e sembra non sappiano sennò circondati di caos e a volti in nuvole di fumo denicotinizzato. Libri, giornali, documenti, ritagli, coppie: tutto è contenuto in ordinate cartelle, e le cartelle in cassetti, quasi fossero scaffali d'una biblioteca: reminiscenze dell'antica sua funzione e forza d'abitudine di bibliotecario appassionato degli archivi ben tenuti ?. Forse. Ma anche un'innata qualità. Di quante cose, in quelle 3 h antimeridiane, Quarantotti Gambini ha parlato?. Di molte cose, onde è bello rievocarle, e tre sontuosamente ritenere che esse siano state raccontate, dapprima cautamente poi sempre con minor sospetto, con confidenziale tono di persona che trova nell'ascoltatore greco sollecita ed amica. Come lavora, che cosa scrive, che cosa fa, dove va Quarantotti Gambini?. Ad alcune di queste domande altrove già stato risposto esaurientemente, sì che ormai non ci resta che ridisegnare i contorni del colloquio, che avremmo trascurati se questo giornale non ci avesse richiesto una qualsiasi impressione non ancora sviluppata d'un lontano colloquio con lo scrittore istriano. Quarantotti Gambini lavora senza programma o meglio con programmi di massima. Come un pittore intento a più tavolozza e contemporaneamente, scrive come l'ispirazione gli suggerisce; a giorni tutto preso dai suoi vecchi racconti, a giorni dal libro di memorie che tra non molto uscirà. Talvolta di notte, talvolta la luce del giorno, a meglio di notte. E libero finalmente di obblighi e da pensieri che mettere una pietra frenante alla fantasia, schiavo soltanto dell'estro, che però non impedisce ad andarsene quando vuole e dove vuole. Lavora straordinario e per lui soltanto un'assidua corrispondenza, alla quale- spesso cede una parte del suo tempo prezioso. Risponde sempre-direi a tutte le lettere che riceve, scrivere a macchina e firma ancora ben. Articoli pochi.a un impegno con la gazzetta del popolo di Torino e di più non vuole nemmeno. Conosce poco la letteratura americana moderna. Si meraviglia quando accostammo-forse impropriamente-l'atmosfera dell'onda dell'incrociatore a quella dei migliori Caldwell e disse che un amico di New York che aveva espresso dei dubbi sull'accoglienza che una traduzione americana della barbuta avrebbe in America. Si sembra strano. Hemingway sì, lo conosce. E da qualche tempo non solo dai suoi libri ma anche di persona. Infatti in marzo così si è scritto: sono stato un po'Cortina dove mi sono anche trovato con Hemingway che è umanamente molto caro. Quarantotti Gambiniinfatti ama molto la montagna. A Trieste viene raramente, se pure spesso l'amore per essa ve lo richiama. Quasi teme d'accostarsi alla città della sua infanzia, che ogni volta lo sopraffar col sentimento delle cose animate e inanimate, come ogni suo figlio naturale o anche adottivo in sempre sopraffatto. Qui egli ha vissuto e qui egli ha sofferto: e chi ci ama e tuttavia ci offende, talvolta a più amore ancora da noi, che odio. È il ritorno è difficile quando il sospetto che la paura siano reciproche; ma è anche inevitabile. E avverrà. Forse presto, prestissimo. Non vede a Trieste nuova generazione di scrittori, ma non dice che non ci siano. E città ha un suo istinto--egli afferma-dal quale improvvisamente sbocciano nuovi ingegni. Un nuovo scrittore Trieste nasce come un miracolo, senza che nessuno l'aspetti. Cerca qualche nome ma non lo trova. È possibile che un giorno abbia dire ma come non ci avevo pensato?. Quarantotti Gambininon fuma, ma le sigarette sono sempre nella sua casa per gli ospiti. A Venezia partecipa poco la vita della città. Non vi sono cenacoli letterari, non circoli ne ritrovi costanti. Ogni tanto fa una passeggiata al sole, e si sofferma volentieri in faccia al mare, guardando al di là dell'orizzonte dietro alla quale l'Istria non si rivela ma esiste.lento passeggia, e ogni tanto solo dagli amici che incontra per strada. È una figura simpatica che spesso sorride, e che tutti facilmente individuano e riconoscono, alta come 2 m o giù di lì. Egli ci scherza sopra su questo fatto e Celia: dicono che sono il più grande scrittore di Italia. Vladimiro Lisiani

Dal numero 656-657

del 13/04/1949

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