Incrociatori con i nomi delle città redente I magnifici sette della Marina italiana - Guglielmo Belli - foto

.- foto Didascalie: L'incrociatore «Pola» L'incrociatore.Zara Anche in questa sede, si è spesso scritto, raccontato e commentato in merito allo scontro di Capo Matapan (29 marzo 1941), nel quale perdemmo uno stupendo trittico di incrociatori pesanti: Pola, Fiume e Zara di 10.000 tonnellate di dislocamento. Poco o quasi nulla, però, si è detto della sorte delle altre unità, quasi similari, recanti i nomi delle città redente: Trento». Bolzano, «Gorizia e Trieste. Circa le prime tre, è presto detto: il 15 giugno 1942, nel corso dell'Operazione mezzogiugno, il Trento venne attaccato da aerosiluranti della R.A.F. e colpito a prora da un siluro che provocò l'arresto dell'unità per incendio al locale caldaie. Dopo quattro ore di strenua lotta contro le fiamme, per tentare di rimettere in moto la nave, questa venne avvicinata dal sommergibile britannico Umbra che riuscì a silurarla ed a colpire il deposito munizioni prodiero. Il «Trento affondò rapidamente. Il Bolzano incassò un siluro di sommergibile, in vicinanza di Panarea, nelle Eolie, il 15 agosto 1942, e fu portato ad incagliare, sbandato sul lato sinistro. Successivamente si riuscì a tenerlo a galla e venne trasferito a La Spezia per i lavori di riparazione. Qui fu raggiunto, il 13 aprile 1943. dal Gorizia che. colpito da tre bombe di aereo a La Maddalena. venne trasferito per le riparazioni ai gravi danni subiti. A La Spezia, nella primavera del 1944, la due navi furono preda dei nostri mezzi d'assalto navale, mentre si trovavano alla fonda, in mani tedesche. L'impresa fu attuata dai nostri operatori, con Luigi Durand de la Penne in testa, onde evitare massicci bombardamenti alleati sull'Arsenale e, quindi. sulla città. Veniamo ora al Trieste, costruito insieme al Trento conformemente al trattato di Washington, negli anni venti (impostato nel 1925. entrò in servizio nel 1928), armate principalmente con 8 pezzi da 203/50. in torri binate, sviluppava una velocità di 35 nodi; dislocamento standard 10,500 tono., a pieno carico 13.500; lunghezza fuori tutto m. 196.6, larghezza m. 20,6. Queste caratteristiche, però, ridussero la corazzatura, limitata a 70 mm. quella verticale e 50 mm. quella orizzontale. Sia detto per inciso, le altre cinque unità, che chiameremo degli anni trenta, furono costruite con criteri leggermente diversi, cioè di qualche metro più corte e più strette e con la corazzatura notevolmente rinforzata. All'inizio del 1943, il Trieste» (che aveva fino allora compiuto 12 missioni di intercettazione del nemico ed 11 in difesa e protezione del traffico marittimo) con le altre forze navali, pressoché intatte nella copertura aerea ed oberate dal preoccupante problema del rifornimento di nafta, aveva da tempo disertato le basi navali meridionali (Taranto, Messina e Napoli), per quelle dell'Alto Tirreno (La Spezia, Genova e La Maddalena). La superiorità aeronavale e tecnologica alleata era ormai incalcolabile, ma la R. Marina si preparava a giocare la sua ultima carta, quando fosse giunto il momento dell'invasione del territorio nazionale. In realtà, le probabilità di successo erano assai scarse. considerata la dislocazione troppo decentrata delle navi, rispetto alla prevedibilissima zona degli sbarchi d'invasione (Sicittà). che non avrebbe in nessun caso consentito un intervento rapido e di sorpresa. Un eventuale intervento avrebbe significato la totale perdita della Flotta, sicuramente intercettata nel corso della navigazione dall'Alto al Basso Tirreno, ed il prezzo di migliaia di vite umane, senza peraltro raggiungere lo scopo di allontanare il nemico dalla Patria. Prevalse, 'nelle autorita politiche e militari del tempo, il maggior peso che la flotta avrebbe rappresentato nei negoziati per una futura pace, mentre l'olocausto delle unità. sia pur arricchendo il patrimonio etico e morale della Nazione, non avrebbe apportato alcun vantaggio pratico nelle sorti della guerra e degli avvenimenti post-bellici. Nel quadro, dunque, dell'arretramento verso il nord della flotta, la la Divisione navale — composta appunto dagli incrociatori pesanti »Trieste e Gorizia — raggiunse La Maddalena, fin dal 9 dicembre 1942. Il Trieste, comandato dal capitano di vascello Rosario Viola, rimase nelle acque settentrionali sarde, in attesa di ordini di missione, come le altre unità, dislocate a Genova e La Spezia. Il 10 aprile 1943, alle ore 13.45. una formazione di B-24 Liberato americana, giunse sulla città di La Maddalena e sganciò il suo carico dì morte. La difesa antiaerea, ormai inadeguata per qualità e quantità. reagì — mi si consenta la frase — con le unghie e coi denti, ma invano, contro la strapotenza dei bombardieri U.S.A. operanti in quota ed in grande numero. Del Gorizia ho detto sopra; il Trieste», centrato da 'numerose bombe, dopo generosi e vani tentativi di salvataggio da parte del suo equipaggio, affondava alle 16.13 rovesciandosi sulla dritta. Dopo la guerra, nel 1950, una ditta specializzata nel recupero di relitti navali (che inquadrava numerosi elementi provenienti dalla Marina), iniziò il recupero del Trieste Si procedette dapprima alla demolizione subacquea delle sovrastrutture, quali plancia, torrione, tughe, fumaioli, torri d'artiglieria, ecc., per rimettere in condizioni di galleggiamento lo scafo, tuttora capovolto, quindi lo scafo medesimo fu rimorchiato. a La Spezia, per il raddrizzamento e la demolizione. Ma, contrariamente alla storiografia ufficiale ed a quanto hanno affermato diversi scrittori di cose navali, lo scafo del Trieste non venne sveltamente demolito, ma ceduto al governo spagnolo, che voleva farne la prima nave portaerei della propria -Marina, dopo i necessari lavori di riattamento e trasformazione. Questa decisione affonda le proprie radici nel fatto che, non solo lo scafo apparve in buone condizioni, ma l'apparato motore risultò molto ben conservato, poiché i locali caldaie e motrici, quando la nave affondò capovolgendosi. furono Invasi dalla nafta dei depositi, che li tenne protetti e lubrificati dal momento dell'affondamento a quello del recupero. Lo scafo fu rimorchiato a Cartagena e. nel 1952, a EI Ferrol. Per oltre tre anni, lo Stato Maggiore della Marina spagnola progettò i lavori e rimase in attesa di iniziare la trasformazione, finché nel 1956, principalmente per mancanza di fondi, l'impresa fu abbandonata e, nel 1959 lo scafo del nostro vecchio Trieste» venne infine demolito. Guglielmo Belli

Dal numero 2386

del 20/04/1985

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