I piloti del CAI nel 1940-41 Vosilla e Uberti Fonda - Sergio Cionci - foto

foto Didascalie: Il ten. col. pilota Ferruccio Vosilla, prestigioso comandante dei reparti da caccia e d'assalto, i cui aerei recavano il motto: «Ocio che te topo» Uberti Fonda, ripreso su uno degli aeroporti del Belgio, dai quali decollavano i bombardieri italiani per le azioni sulla costa inglese Santi Corvaja continuando nella rievocazione, come ora è costume, dei più importanti fatti d'arme della seconda guerra mondiale, ha ricordato sul Piccolo del 27 settembre, con dovizia di particolari attinti presso fonti qualificate, sotto il titolo «Equipaggi e aerei italiani allo sbaraglio sulla Manica», le vicissitudini del Corpo Aereo Italiano, confermando integralmente quanto avevo scritto, a questo proposito, sui n. 2062 e 2063 dell'Arena. Benché il vero cardine dell'articolo sia stato la cronistoria degli scontri aerei, avvenuti in quel teatro di operazioni dal settembre 1940 al gennaio 1941, l'autore non ha potuto fare a meno dal dedicare un certo spazio ad uno dei principali protagonisti di quelle lontane vicende belliche: il maggiore pilota Ferruccio Vosilla, triestino. Ritengo di dover integrare, da queste colonne, quanto è stato pubblicato sulla figura di questo valoroso ufficiale, con ulteriori, interessanti particolari. Considerare Ferruccio Vosilla uno dei «nostri» è quanto meno si possa fare nei confronti di colui che, nato da genitori originari di Albona, amò teneramente l'Istria, al pari della donna che sposò a Pirano nel 1934. Di carattere estroverso, estremamente gioviale, generoso ed umano, Vosilla si battè onorevolmente, eseguendo il proprio dovere di aviatore e di italiano con animo puro ed elevato spirito di abnegazione. Fu comandante del 18o Gruppo caccia del 56o Stormo, che alla testa delle sue squadriglie, dotate dei lenti e vulnerabili CR.42 »Falco» (una sigla ed un nome che resteranno a lungo nel cuore e nel ricordo degli aviatori italiani), andò ad affrontare, fra le nebbie anglosassoni, i moderni monoplani da caccia britannici, macchine belliche perfezionate ed armatissime come l'Hurricane e lo Spittfire. Accanto a Vosilla, ci furono anche parecchi aviatori polesani, specialmente fra gli equipaggi dei bombardieri: Zucconi, Blasco, Civitico ecc. Alle vicende del CAI è, purtroppo legata la dolorosa perdita di un nostro giovanissimo concittadino, il sottotenente Uberti Fonda, pilota di un BR.20, disperso nel cielo della Manica, durante la notte tra il 20 ed il 21 novembre, in fase di rientro da una operazione di bombardamento su Harwich. I dalmati, dal canto loro, ebbero il massimo rappresentante nel maggiore pilota Giuseppe Aini, comandante 1'11o Gruppo da bombardamento del 13o Stormo. Trasferito successivamente in Africa Settentrionale, Vbsilla, promosso tenente colonnello per meriti di guerra, divenne il prestigioso comandante del 50o Stormo d'assalto, passato alla leggenda. Gli aerei di questo stormo, chiamati i «falchi del deserto», si batterono nei cieli di tutti i luoghi più gloriosi dell'ultima campagna africana, da Tobruk a Bir Hacheim, da Marsa Matruh ad Alamein. Dopo 1'8 settembre 1943, sensibile all'appello lanciato agli aviatori italiani dal ten. col. Ernesto Botto, il popolare «Gamba di ferro», già comandante della Scuola Caccia di Gorizia, Vosilla riprese, con cosciente determinazione, la via del dovere. Per amore della verità storica, bisogna riconoscere che la stragrande maggioranza del personale dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana e, soprattutto, gli ufficiali investiti di responsabilità di comando, rifiutarono le pressioni di parte politica, conservando la loro indipendenza di giudizio e di opinione, respingendo qualsiasi identificazione con il nuovo fascismo. In sostanza, la continuazione della lotta non veniva considerata come partecipazione all'idea politica, ma come volontà d'imporsi in un ritrovato senso di dignità morale, alla superiorità psicologica dei tedeschi, in un nuovo clima di alleanza, più fattivo e responsabile. Nell'Aviazione Repubblicana Vosilla assunse, per qualche tempo, il comando della il Zona Aerea Territoriale, con sede a Padova, ma l'incarico più importante e delicato che ricoprì fu quello di capo del Servizio Informazioni Militari dell'A.N.R. Con la collaborazione di una quarantina di ufficiali e sottufficiali, organizzò e sviluppò il servizio, mantenendone la direzione sino all'ottobre del 1944. Per la parte specificamente militare, il servizio «I» dell'Aeronautica si avvalse di centinaia di agenti, prevalentemente paracadutisti, provenienti da speciali corsi di addestramento, che venivano trasferiti nelle zone occupate dell'Italia meridionale, nei modi più disparati. Un nucleo di paracadutisti di origine dalmata operò, con compiti infor mativi, anche in Jugoslavia. In collaborazione con le quattro organizzazioni similari dell'aviazione germanica, i centri informativi «Kora, «Fritz», «Lux» e «Von Platten», il servizio di Vosilla svolse una encomiabile attività per la raccolta di notizie interessanti la condotta strategica e tattica della guerra sul fronte italiano, incluse quelle riguardanti il piano «Iron Curtain», con il quale gli alleati progettavano uno sbarco lungo le coste istriane. Terminata la guerra, si ritirò, appena quarantenne, dopo 17 anni di servizio, nella sua casa romana, continuando a volare. Questa la storia del ten. col. pilota Ferruccio Vosilla, deceduto nel 1975, figura di primo piano di uno dei periodi più drammatici e difficili della vita nazionale. Sergio Cionci

Dal numero 2161

del 25/10/1980

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