A Gorizia per il 1500 - Orlando Devescovi - foto

foto Didascalia: Nella serata dedicata all'uscita del n. 1500 dell'«Arena» settimanale un particolare saluto è stato rivolto alla tipografia goriziana Budin dove da venticinque anni (subito dopo l'esodo il giornale fu stampato a Udine) esce «L'Arena»; a pag. é gli altri incontri con i collaboratori Sono passati ben cinquantacinque anni dalla mia prima e ultima visita a Gorizia. C'ero stato nel lontano 1924, in gita scolastica con il ginnasio di Pola, per visitare i monti e i campi di battaglia, sui quali tanta gioventù italiana aveva versato il suo sangue generoso per ... per che cosa? Perché il visitatore d'oggi potesse leggere su quegli stessi monti, in faccia a Gorizia e all'Italia tutta, l'enorme scritta che giganteggia al di là del valico di Casa Rossa: NAE TITO. Un monito e un programma per l'avvenire. E a buon intenditor poche parole, come si suol dire. No, non sono venuto per questo a Gorizia, né per dare la stura alle malinconie e ai rimpianti. Sono venuto per incontrare gli amici polesani di tanti anni fa e per trascorrere in loro compagnia un'ora di spensieratezza, festeggiando l'uscita della 1500a edizione settimanale de L'Arena di Pola. Vi dico subito che l'ora di spensieratezza è cominciata alle otto di sera del 31 marzo ed è terminata alle tre del mattino successivo. Ma procediamo con ordine. Lasciata Genova alle otto del mattino di sabato, ero a Mestre a mezzogiorno. Alla stazione ferroviaria idi Mestre mi attendevano gli amici Roma Carbonetti e Spartaco Mattei. Dopo la colazione in casa di Roma, siamo partiti in macchina alla volta di Gorizia, dove siamo arrivati verso le cinque del pomeriggio. Una breve sosta in albergo, poi la visita al sindaco. Pasquale De Simone ci ha accolti nel suo studio e intrattenuti per oltre due ore. Con lui eravamo noi tre, venuti da Genova e da Mestre, Romeo Logher ed Elsa Hubenà da Trieste, Antonio Benussi Moro da Padova, e Pachita. Si è parlato del più e del meno, del giornale dei polesani, degli esuli adriatici residenti a Gorizia e di argomenti vari. Poi il sindaco ha voluto -farei -visitare il palazzo comunale, che fu già dei conti Atteme Santa Croce. Costruito nel 1740, passò successivamente in proprietà di altre famiglie nobili, ultima in ordine di tempo quella dei Ritter. Il palazzo cessò di essere residenza patrizia nel 1907, quando il Comune lo acquistò per farne la propria decorosa sede. Ho tratto queste notizie dall'interessante opuscolo ottimamente redatto da Fulvio Monai, con fotografie d: Arduino Altran, editore il Comune di Gorizia. Il sindaco ci ha accompagnati attraverso le varie sale: la gialla, la bianca, la rosa. Abbiamo osservato i numerosi cimeli esposti in apposite vetrine: la medaglia d'oro al valor militare concessa alla città, la lettera di Vittorio Locchi, scritta alla sorella dopo la presa di Gorizia, pergamene, diplomi, un autografo di Gabriele D'Annunzio, e altri ricordi. Siamo passati, quindi, nell'edificio moderno, attiguo all'antico palazzo, che ospita gli uffici periferici e la nuova sala del Consiglio comunale. Bellissima la pittura, eseguita a tempera laccata a mano e raffigurante un fatto storico avvenuto nel 1424. Nel vano delle scale, un vivo interesse ha suscitato nei visitatori una sintesi della storia isontina in una decorazione murale a graffito colorato, eseguito dal pittore Agostino Piazza. Un palazzo elegante ma sobrio. Ora prendo in mano cartellino del «menu», che reca nella copertina lo schizzo di Fulvio Monai apparso nell'Arena n. 12. E questi sono i piatti succulenti che abbiamo gustato al ristorante «Espomego»: Salvator coktail, antipasti assortiti, poker di primi, coppia di secondi, trie di contorni, full di formaggi, conca d'oro di frutta; torta "Espomego, 'vini dell'Isontino, caffé, liquori. Il povero Illyricus, dal fegato e dallo stomaco malandati, si è limitato a gustare con moderazione e misura le varie portate, ma c'è stato chi è riuscito a far fuori la coppia, il tris, la scala semplice, il full, il colore il, poker e perfino la scala reale, sia la minima che la media e la massima. Beato lui! Orlando Devescovi

Dal numero 2082

del 21/04/1979

pagina 1