Più deboli politicamente nell' Isontino La rottura degli equilibri con conseguenze a catena

Nelle pagine goriziane n. 7, 8, 9 e 10 ho dedicato alcune note alle evoluzioni politiche nella DC isontina. L'averle redatte prima delle elezioni del 3-4 giugno ha costituito un tentativo di approfondimento senza il comodo rifugio del senno di poi. Mi sono intrattenuto sui fenomeni di deterioramento d'una presenza, ricca in passato di tanti meriti. Il dato negativo verificatosi nella recente consultazione trova così riscontro in una analisi già fatta. Per la rottura della solidarietà con il Friuli, debbo ora completare l'informazione per rilevare come si diventa più deboli allorché si accentuano gli squilibri provinciali. Poiché sul tema dell'unità provinciale — .tanto importante —si è fatto leva per condannare la protervia goriziana nel mandare eletti al Consiglio regionale l'anno scorso per la DC tre nati e residenti a Gorizia, va precisato che nella seduta della commissione elettorale del 20 maggio 1978 avevo proposto che uno dei consiglieri regionali uscenti fosse designato quale candidato alla presidenza dell'Amministrazione provinciale nella tornata elettorale comprendente sia il rinnovo regionale che quello provinciale. La proposta fu approvata a larga maggioranza, nonostante alcune autorevoli contrarietà, con il chiarimento che, qualora il designato avesse rifiutato, il suo nome sarebbe stato comunque votato p, la ricandidatura regionale. L'indomani — nonostante l'intervista apparsa sul Piccolo con la dichiarata disponibilità del designato ad accettare le determinazioni del partito, quali che esse fossero — il presidente della commissione elettorale affermò di non avere effettuato alcuna consultazione dell'interessato, poiché con una lettera la corrente di cui il designato faceva parte, aveva confermata la propria volontà di rinresentarlo alla Regione. Alla mia insistenza sulla necessità di avere la risposta del designato dopo il voto della commissione, il presidente sospendeva la seduta per cercare un contatto telefonico. Dopo alcuni minuti il presidente riapriva i lavori della commissione comunicando che il designato aveva dichiarato di attenersi alle decisioni della propria corrente. Così stando le cose, chi aveva operato in quel modo non potè poi lamentarsi per la integrale gorizianità della rappresentanza regionale. Sarebbe stato sufficiente accogliere politicamente la decisione della commissione elettorale per rendere possibile il blocco delle preferenze su una terna articolata. Perciò, di fronte alle lamentazioni per quanto è poi avvenuto (esclusione di Monfalcone, superata nelle preferenze anche dal candidato di Cormons, primo degli esclusi, e, guarda caso, espressione della Coldiretti) mi è parso che le responsabilità fossero ben definite, essendo stata adottata dalla commissione una soluzione valida per la Provincia e di apertura per la Regione, soluzione disattesa per la intransigenza d'una corrente, non ammorbidita da chi avrebbe avuto titolo di influire su di essa. E' da rifare, pertanto, una riflessione sull'accaduto da parte di chi ha operato rifiutandosi di considerare le conseguenze delle proprie decisioni o ha rinunciato ad operare, negli organismi decisionali, per l'affermazione dell'equità provinciale. Escuso il consigliere monfalconese uscente contro ogni logica democratica (confermato dalla commissione nella prima votazione; con pari voti a favore e contro nella rivotazione due giorni dopo a richiesta della direzione regionale; bocciato infine con un solo voto di scarto nella terza votazione, immediatamente riproposta dal presidente della commissione elettorale), sono state proposte due candidature monfalconesi di corrente diversa, con la conseguenza di rendere impossibile la convergenza unitaria su una di esse. La responsabilità di quella scelta fu di coloro i quali operarono con chiusura di corrente o con astiosità personalistica, tradendo lo spirito del rinnovamento nel suo fondamento essenziale, quello delle scelte razionali nell'interesse generale della provincia isontina. E se poi la Coldiretti richiese spazio, anche sotto il profilo dell'equilibrio provinciale, ed un accomodamento non fu trovato, si capisce come ogni effetto è prodotto da una causa. Indebolita l'unità provinciale, è stata aperta la strada agli scompensi sul piano regionale ed alle conseguenze negative sull'elettorato, cui si possono far accettare le equità di riparto ma non le rivalse inaccettabili .per glì errori ad esso non imputabili.

Dal numero 2090

del 16/06/1979

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