Antonio FARINATTI, l’eroe di Parenzo - GERARDO SEVERINO - foto

foto II Presidente della Repubblica Italiana, On. Giorgio Napolitano ha conferito nel 2007, oltre al diploma e la medaglia del "Sacrificio Offerto", la Medaglia d'Oro al Merito Civile alla Memoria del Maresciallo Capo della Guardia di Finanza Antonio Farinatti, già Comandante della Brigata di Parenzo (Pola), con la seguente toccante motivazione: "Con profondo spirito patriottico ed eroico coraggio, dopo l'armistizio dell'8 settembre '43, si adoperava nella difesa delle comunità italiane rimaste esposte alla rivolta della popolazione croata. Catturato da elementi partigiani, sopportò con fiero contegno e serena fermezza intimazioni, minacce ed inaudite sevizie. Legato ai polsi col filo di ferro spinato, venne barbaramente fatto precipitare in una foiba. Luminosa testimonianza di amorpatrio ed elevatissimo senso del dovere. Ottobre1943 - Parenzo (Pola)". Con l'importante decorazione, il Maresciallo Farinatti assurge fra le figure più emblematiche di quell'olocausto passato alla storia con il riduttivo ter- mine dì foibe istriane. Egli, infatti, fu barbaramente trucidato, nei pressi di Parenzo nell'ottobre 1943, dopo essersi distinto in favore della comunità italiana, vessata dall'arrivo delle bande slave subito dopo l'armistizio dell'8 settembre. Il suo sacrificio ed il suo eroismo erano rimasti pressoché sconosciuti per oltre sessant'anni. A rendergli giustizia è stata una recente ricerca storica svolta dal Museo Storico del Corpo, dalla quale è poi scaturita la proposta della citata medaglia d'Oro. Ricordiamone brevemente la biografia. Il Maresciallo Capo Antonio Farinatti, nato a Migliarino (FE) il7 febbraio 1905, si era arruolato nella Regia Guardia di Finanza l' 11 ottobre 1923. Dopo aver prestato servizio in varie località italiane, dal 22 ottobre 1941- ormai Maresciallo - si trovava al comando della Brigata litoranea di Parenzo, allora dipendente dalla Compagnia di Pirano, una ridente e ricca cittadina sita sulla costa occidentale dell'Istria. A seguito dell'armistizio dell'8 settembre 1943, il dissolvimento delle Forze Armate italiane ebbe conseguenze disastrose in tutta la Venezia Giulia, principalmente in Istria, ove le comunità italiane rimasero esposte alla rivolta della popolazione croata e dei partigiani di Tito. La stessa drammatica situazione si verifica a Parenzo, la cui popolazione era a maggioranza italiana. L'annuncio dell'armistizio fece presagire il peggio, nonostante la presenza dei militari del Battaglione costiero, dei carabinieri e dei finanzieri, ai quali spettava la tutela dell'ordine pubblico. Ciò indusse alcuni cittadini parentini, dai chiari cognomi e sentimenti italiani, a dar vita ad un "Comitato di Salute Pubblica", il cui fine era senz'altro quello della difesa della città e, soprattutto, della popolazione. Il "Comitato" esortò i militari a porsi in difesa della città, ma il grosso di questi, avendo ricevuto l'ordine di ripiegare, si sbandarono subito dopo, così come peraltro stava avvenendo ovunque in Italia. Il fenomeno non coinvolse però i finanzieri ed i carabinieri che rimasero compatti a loro posto. Con essi fu creato un "Comitato di Sicurezza Pubblica", il quale ebbe il compito di adoperarsi, innanzitutto, nel recupero del- le armi abbandonate dai soldati, ma anche per assicurare l'ordine pubblico, seriamente minacciato da facinorosi, i quali smaniavano di impossessarsi dei patrimoni della laboriosa comunità italiana. Ricostruito il Presidio Militare con i pochi militi rimasti in città, il "Comitato" potè contare sui soli capi delle locali Forze dell'Ordine, i Marescialli Torquato Petracchi dei Reali Carabinieri edAntonio Farinatti della Guardia di Finanza. I due eroici Sottufficiali si adoperarono in difesa della popolazione civile anche dopo l'arrivo a Parenzo dei miliziani slavi del cosiddetto “Esercito Nazionale di Liberazione”, avvenuto il 14 settembre'43. I giorni che seguirono portarono in città lutti e tragedie di ogni genere a danno, prevalentemente, della classe dirigente e della media e piccola borghesia istriana, ma soprattutto dell'apparato statale italiano, come le truppe militari, i carabinieri, finanzieri, poliziotti ed i tanti funzionari statali. Ben presto, alle ingiustificate perquisizioni e confische di beni, si sostituirono gli interrogatori e, a partire dal 19 settembre'43, i primi fermi e gli arresti di cittadini colpevoli solo di essere italiani. A mitigare la tragica situazione intervennero prontamente sia il Petracchi che il Farinatti, i quali, dopo aver assistito al saccheggio delle proprie caserme (avvenuto il15 settembre), cercarono di indurre alla ragione i miliziani, cosi come tentò invano di fare anche lo stesso Vescovo di Parenzo e Pola, Monsignor Raffaele Radossi. Il loro comportamento fu sempre animato dal coraggio e dalla consapevolezza del dovere e giammai condizionato dal rischio personale: rischio che si materializzerà di lì a poco. Il Maresciallo Capo Antonio Farinatti fu prelevato dalla sua abitazione nella notte fra il 20 ed il 21 settembre 1943. Nei giorni seguenti, la stessa sorte toccò al collega dell'Arma ed a molti altri parentini, per lo più adibiti ai vari incarichi nell'ambito dello pubblica amministrazione, che fino al giorno 27 settembre raggiungeranno il numero di 82 unità. Caricato su di una corriera requisita, il Farinatti fu condotto nel castello "Montecuccoli" di Pisino, ove risiedeva il "Tribunale di guerra" e nei cui sotterranei furono sottoposti ad interrogatori e torture tutti gli arrestati provenienti dalla vasta zona. Vi rimase fino agli inizi del mese di ottobre, verosimilmente il3 o 4, allorquando, assieme ad altri poveri sventurati, fu prelevato nottetempo e trasferito, sempre in corriera, a Vines, ove era presente una delle tante cavità naturali, le "foibe", che caratterizzano quel territorio. Il Maresciallo Farinatti, con i polsi legati da uno spesso filo di ferro ed accoppiato ad altre due vittime, fu gettato nella sottostante foiba (profonda circa 146 metri) la quale, per uno strano scherzo del destino, era paradossalmente denominata "dei colombi". Durante la dura prigionia, fino agli ultimi istanti prima della sua barbara esecuzione, il Maresciallo Farinatti tenne contegno sprezzante verso i suoi carcerieri, riaffermando con forza la sua italianità e rifiutando ogni compromesso che avrebbe potuto salvargli la vita. Il suo corpo fu riportato in superficie e riconosciuto dalla moglie Luigia solo il 25 ottobre 1943, nel corso delle operazioni di recupero, condotte dai Vigili del Fuoco di Pola. Le esequie delle vittime di Vines furono celebrate a Parenzo dal Vescovo Radossi il28 ottobre 1943 e le salme, compresa quella del Maresciallo Farinatti, traslate nel locale cimitero. GERARDO SEVERINO

Dal numero 3294

del 28/02/2008

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