Didascalia: Francesco Salata prima della Grande Guerra.
L’Unione degli Istriani e il Libero Comune di Cherso in Esilio (aderente all’Unione stessa) hanno voluto ricordare degnamente il grande storico, politico, magistrato e giornalista Francesco Salata con una mostra e un convegno. La doppia iniziativa è stata realizzata in collaborazione con il Comune di Trieste e con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività culturali, della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, della Provincia di Trieste e dell’Archivio di Stato di Trieste.
Giovedì 10 dicembre è stata inaugurata all’Archivio di Stato in via Lamarmora la mostra “Le Nuove Province e Francesco Salata”, che rimarrà visitabile fino al 31 gennaio 2010 il martedì, mercoledì, venerdì e sabato dalle 9 alle 13 e il lunedì e giovedì dalle 9 alle 17.30. Vi sono esposti documenti, lettere, carte geografiche e libri originali.
Il convegno si è invece tenuto venerdì 11 dicembre nell’auditorium del Museo Revoltella. Dopo i saluti di Enrico Neami, vicepresidente dell’Unione degli Istriani, Michele Lobianco, asses-sore del Comune di Trieste, Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione degli Istriani, e Gianna Duda Marinelli, sindaco del Libero Comune di Cherso in Esilio, Carlo Ghisalberti, dell’Università La Sapienza di Roma, ha relazionato su “Salata dall’irredentismo all’interventismo”, Ester Capuzzo, dello stesso ateneo, su “Salata tra guerra e dopoguerra”, e Luca Riccardi, dell’Università di Cassino, su “Salata e il fascismo”.
Nato il 17 settembre 1876 a Ossero, antica cittadina dell’isola di Cherso ora ridotta a pochi abitanti, Francesco Salata studiò al Ginnasio-Liceo di Capodistria e poi a Vienna, dove frequentò la facoltà di Giurisprudenza senza tuttavia laurearsi. Si dedicò infatti al giornalismo, dimostrando una note-vole preparazione politica, stori ca, giuridica e letteraria. Scrisse per “Il Popolo Istriano”, diretto a Pola da Giovanni Timeus, il settimanale “Istria”, diretto a Parenzo da Marco Tamaro, e il quotidiano triestino “Il Piccolo”, diretto da Teodoro Mayer. Nel 1897 scrisse il primo dei suoi libri storiografici, sempre scrupolosamente basati su materiale archivistico: “L’antica diocesi di Ossero e la liturgia slava: pagine di storia patria”. Nel 1904 fondò il mensile della Società Politica Istriana “Vita Autonoma”, di orientamento liberal-nazionale.
Eletto nel 1909 deputato della Dieta provinciale istriana e subito dopo assessore, alla fine del 1914 si recò a Roma per sollecitare l’ingresso in guerra dell’Italia e il 14 gennaio 1915 dovette lasciare Parenzo e rifugiarsi a Roma per i suoi orientamenti irredentisti. Nei mesi successivi scrisse un libro per specificare e motivare le rivendicazioni italiane sul piano etno-linguistico, storico, culturale e geografico: “Il diritto d’Italia su Trieste e l’Istria”. Nel maggio 1915 ebbe un incarico al Segretariato generale per gli affari civili presso il Comando supremo e fu poi nominato prefetto: era la prima volta per un irredento. Divenne anche consigliere dei presidenti del Consiglio Antonio Salandra e Vittorio Emanuele Orlando, nonché del ministro degli Esteri Sidney Sonnino. Per punizione le autorità asburgiche lo destituirono dalla Giunta e lo processarono in contumacia, deportando in Austria la moglie e i familiari, rimasti in Istria.
Dopo la fine del conflitto si batté per evitare sovrapposizioni di poteri nelle terre redente. Fece parte, come esperto, della delegazione italiana alla Conferenza della pace di Versailles e ai negoziati di Rapallo producendo materiale documentario per suffragare le rivendicazioni italiane, in particolare a favore di Cherso. Il 4 luglio 1919 fu nominato direttore dell’Ufficio centrale per le Nuove Province presso la Presidenza del Consiglio: una specie di ministero che ebbe il compito di gestire i territori annessi. Salata si mosse con saggezza, garantendo la tradizionale autonomia, favorendo un’integrazione progressiva nel nuovo contesto statuale e tutelando le minoranze slovena, croata e tedesca. A sostegno di questa sua linea moderata fondò la rivista “Le Nuove Province”. Nel 1920 fu eletto senatore del Regno (il più giovane fra tutti) e consigliere di stato. Nel 1921 vinse la sua bat taglia per l’istituzione delle Province di Parenzo, Trieste, Zara e Gorizia, soppresse però dal governo Facta alla fine del 1922 a favore di un accentramento amministrativo della Venezia Giulia. Non volendo aderire al fascismo, Salata fu allora esautorato dall’Ufficio centrale e tornò agli studi storici. Nel 1924 scrisse il suo capolavoro: “Guglielmo Oberdan secondo gli atti segreti del processo: carteggi diplomatici e altri documenti inediti”.
Dopo l’annessione di Fiume all’Italia, non vedendo alternative al fascismo, decise di rimettere le sue capacità al servizio della nazione. Nel 1924 Salata ricevette dal governo l’incarico di effettuare a Vienna le ricerche archivistiche previste dal Trattato di Saint-Germain fra gli stati successori dell’Impero austro-ungarico. Nel settembre 1925 ricevette da Mussolini l’incarico di ricostruire, documenti alla mano, la storia risorgimentale e la politica estera italiana dal 1861. Diede così alle stampe nel 1929 il volume “Per la storia diplomatica della Questione romana”, nel 1931 “Carlo Alberto inedito: il diario autografo del re, lettere intime ed altri scritti inediti”, nel 1932 “Maria Luigia e i moti del trentuno: documenti inediti da archivi austriaci”, nel 1933 “Il patto Mussolini: storia di un piano politico e di un negoziato diplomatico” (il suo maggiore successo editoriale), nel 1934 “Il re di Roma”, e nel 1936 “Daniele Manin intimo”. Dal 1925 al 1934 fu presidente della Regia società istriana di archeologia e storia patria, impegnandosi per il recupero e la valorizzazione del patrimonio monumentale e archeologico del-la sua terra.
Nel 1934 fu inviato a Vienna, dove godeva di gran credito malgrado i suoi trascorsi irredentisti, per costituire l’Istituto italiano di cultura e, dopo l’assassinio del premier Dollfuss, per fare da intermediario segreto tra il successore Schuschnigg e Mussolini a difesa dell’indipendenza austriaca. Dal luglio 1936 all’inizio del 1938 fu ministro plenipotenziario italiano. La sua revoca dipese dal via libera del Duce all’annessione nazista dell’Austria.
Salata riprese allora i suoi studi storici e sostenne il diritto dell’Italia a Gibuti e alla Dalmazia. Nel 1940 divenne presidente di sezione del Consiglio di stato e nel 1943 presidente della Commissione Esteri del Senato. Prostrato dalle fatiche, morì a Roma nel marzo 1944.