PRESENZA COMUNITARIA LA FAMIGLIA DI PISINO

Didascalie: Sui colli fiorentini è rivissuta la cordialità pisinota Pisinoti riuniti per il pranzo in comune Conversari sull'aia a Pozzolatico segue fuso. Ma come — si diceva — potrà essere possibile ristabilire un legame, allorché il distacco si è ormai consolidato e ognuno si è inserito nella città in cui ha stabilito la sua nuova residenza? I guasti del tempo parevano oramai irrimediabili, ed il tentativo di risuscitare il legame proprio d'un passato remoto era condizionato dal grosso peso di tutto un complesso di difficoltà obiettive. Eppure il miracolo si è verificato. Quando si poteva ritenere che l'esodo avesse compiuto il ciclo dell'assorbimento nelle nuove realtà comunitarie, è risorta la volontà del ritrovarsi; una volontà spontanea, irrefrenabile, sincera. E le Famiglie hanno assunto allora un ruolo di primo piano. Non come formula organizzativa, ma come realtà attuale capace di corrispondere e dare concretezza a una esigenza fortemente sentita. La riprova la si è avuta nei giorni 25 e 26 aprile scorsi a Firenze. Per il loro dodicesimo incontro comunitario, gli esuli di Pisino d'Istria hanno offerto un'altra dimostrazione, ricca di significato, della loro unità. Era stato nel 1959 — cioè a ben quattordici anni di distanza dall'esodo — che i pisinoti avevano incominciato a riunirsi. Tre lustri di dispersione non soltanto non avevano affievolito il legame comunitario, ma non hanno impedito altresì che di anno in anno l'incontro annuale assumesse proporzioni sempre più rilevanti, fino all'esempio di Firenze dei giorni scorsi, con una partecipazione che — per usare un termine che pare convenzionale, ma che in questo caso rispecchia realmente una situazione di fatto — è andata oltre ogni più ottimistica previsione. Centinaia di pisinoti — per nascita o per motivi di studio o di lavoro — hanno raggiunto Firenze, anche dalle località più lontane, per il piacere di ritrovarsi in Famiglia. Ed ha detto bene Padre Giovanni Micoli nel corso della Messa celebrata a San Miniato al Monte, che il senso vero dell'unità familiare — quello fondato sui vincoli di parentela e d'amicizia — lo si avverte proprio in queste occasioni. Perché non ci sono fatti o circostanze che costringano a ritrovarsi ; c'è soltanto il bisogno intimo, personale, di ricostituire un legame con le persone con le quali si è avuto 'modo un tempo di convivere. Persone forse allora sconosciute, od anche verso le quali si poteva registrare il fastidio d'un rapporto difficile, ma che ora rappresentano il ricordo — ciascuna per la propria parte — di una entità comunitaria nella quale è gradito riconoscersi. Le parole di Padre Micoli sono state quelle che meglio hanno 'saputo sintetizzare il senso dell'incontro. Perché si sono rifatte con semplicità — quella che scaturisce da una cultura che si rende partecipe ai valori umani — al senso profondo dei vincoli d'una comunità che, per sotterranei, imponderabili canali, resta unita. E non si ricostituisce sotto la spinta di mitiche attese o di esaltanti prospettive, ma soltanto per l'appagamento d'un bisogno intimamente sentito e vissuto. Sentire Padre Micoli, un istriano «integrato» a Firenze, trovare il tono giusto per interpretare i valori di umanità, e quindi di fede, di quell'incontro, ha costituito il momento più intenso delle due giornate fiorentine. E ciò non toglie nulla alla preziosità dell'apporto del dott. Aldo Cogliati, e dei suoi collaboratori. Essi da anni sentono questa vitalità, e se ne fanno zelanti, fattivi interpreti con generosa disponibilità, inseriti appieno nel vivo di una presenza che vuole farsi partecipe. Essi vivono a Trieste, e sono a contatto quotidiano con un mondo nel quale l'istriano non trova difficoltà a riconoscersi. Ma l'acquisizione più preziosa è sempre quella degli istriani che si ritrovano con noi, con i nostri sentimenti più veri e sinceri, anche dopo anni di lontananza e di inserimento in altro ambiente. Lino Rosolin è stato il gran nocchiere dell'incontro. Ha provveduto a tutto nonostante il moltiplicarsi vertiginoso dei partecipanti. L'abbiamo ritrovato con lo stesso spirito solerte e giovanile con cui vent'anni fa organizzava a Gorizia i veglioni dell'esule, prima di farsi riprendere dal mal d'Africa e quindi di stabilirsi nei centri del «potere», lontano dai piccoli problemi della piccola «provincia». In una Firenze sovraccarica di turisti, per l'apertura della stagione primaverile e per lo svolgimento della mostra dell'artigianato, di fama internazionale, egli ha trovato lo spazio per accogliere la comunità della sua gente. E l'ha fatto con signorilità, con precisione, con attaccamento a tutti. A Pozzolatico, tra il verde dei colli fiorentini, in un distensivo locale per le soste fuori città, egli ha procurato posto a 'tutta la comunità pisinota; e l'ha seguita dal ponte di comando, con un sistema di altoparlanti che raggiungeva tutte le sale, per conseguire quell'unità che altrimenti non sarebbe stato possibile realizzare. E l'incontro era fatto proprio di quella cordiale, necessità : stare assieme, per essere ancora Pisino, sia pure per poche ore ; per parlare lo stesso dialetto, trovare nei volti delle persone vicine un riflesso della città perduta, rivivere il passato attraverso un processo misterioso di ricostruzione delle realtà scomparse. L'incontro ha avuto anche le sue parti cosidette «ufficiali» ; ma ci sia consentito di dire che, pur necessarie ed opportune, quelle parti sono state soltanto il contorno d'una partecipazione che aveva altri connotati : quelli del l'attaccamento ad un passato che tornava vivo attraverso le voci ed i volti di Pisino d'un tempo, in tutte le sue sfaccettature ed in tutte le sue componenti. Una nota simpatici'ssi'ma è stata offerta dai giovani, dai figli dei pisinoti nati in esilio. Parlavano dialetti diversi — quelli della città in cui sono nati e vissuti — ma sono stati assieme, 'hanno imparato a conoscersi, hanno dato vita ad una propria tavolata. Non potevano essere «istriani» come i loro padri, ma ne hanno compreso lo spirito ; ed hanno partecipato, hanno vissuto le due giornate fiorentine recando una testimonianza in più alla bontà del lavoro della Famiglia. Dalla Famiglia di Pisino viene un esempio che vale per tutti : la comunità dispersa può riconoscersi ancora nei valori del passato e nelle prospettive future quando il senso unitario è vivo, reale, sincero, senza strumentalismi e senza velleità. Allora il risultato è positivo per ciò che ne proviene sul piano individuale e comunitario; e non è un risultato fine a sé stesso, perché costituisce il solo modo possibile per conservare e tramandare il patrimonio delle nostre tradizioni, senza la pretesa dell'immutabilità, ma con l'aspirazione della continuità : per collocare nel grande mosaico dei rapporti umani il segno d'una piccola ma qualificante esperienza.

Dal numero 1697

del 29/04/1970

pagina 130