LA CULTURA E IL BUONSENSO DEBBONO PREVALERE Storia e civiltà in Dalmazia esigono il ripristino delle opere distrutte - MANLIO CACE

CON le parole Cristo e Roma si chiudeva la storia antica della Dalmazia; scolpita sull'architrave della Basilica dei Martiri di Salona ne rimase la invocazione «Deus noster propitius esto Rei Pubblicae Romanae, mentre sul pilastro della Porta Suburbana i fuggiaschi scolpirono — di fronte alla irrompente orda degli Avari a cavallo degli Slavi appie dati — .Sy Kyrie, ora.. Si legge in Flavio Costantino VII Porpiùrogenito (sec X) .Slavi Romanoe deleve runt.. reliqua antem Romani in ora maritima appidie serrati: Rausini, Aspalatiurn, trauguria, Diadora, Arbe, Veila; e nella Cronaca Diocleate (sec. XII) «Christiani, qui latina lingua utehantur et in civitatibue maritimie habitaban t Inoltre Guglielmo da Tiro (sec. XII) scrive «In orie maritirnie qui latinum habent idioma.. La romanità rimase in Dalmazia viva e ininterrotta nelle sue varie forme di vita e negli ordinamenti politici fin nel primo medioevo quando al latino si sostituì il dalmotiro volgare e i municipi risorsero nei liberi Comuni italici. Dopo la caduta dell'Impero Romano i Municipi si ressero da se, dipendendo solo formalmente da Bisaccia. L'autonomia municipale si estese in tutta la costa e le isole e nelle pergamena dei sec. X e XI si parla di civitates ct comunitates. Anche in Dalmazia i Municipi guerreggiarono tra loro e si strinsero in leghe contro gli slavi a tutela della loro libertà, 11è i Croati riuscirono mai — allora — ad imporre atti di sovranità ai nostri Municipi, 11 più grande storico dalmata Giovanni Lucio di Traù (sec. XVI) afferma che .ai romani di Dalmazia spetta il nome di dalmati; gli slavi immigrati non sono dalmati, bensi croati.. In uno studio, fatto con metodo storico e critico, egli dimostra che in Dalmazia dopo il 1200 si era sviluppato un dialetto neo volgare latino .il dalmatica studio confermato dai filalogi moderni: dagli istriani Ive (dell'Università di Graz) e Bartoli (di quella di Torino), da Parodi di Firenze, da Mayer Lubcke di vienna, e da Jirecek di Praga. «La lingua dalmatina. era «anticamente l'istessa che la romana o latina, in seguito divenuta altra lingua corrotta, (volgare o dalmatico)». E la più antica scrittura in volgare è del 1380 e si trova nell'archivio di Traù E Lucio continua .Chi volesse istituire confronti dovrebbe avere in Dalmazia la lingua latina la stessa sorte che in Italia, e la volgare dalmatica circa il 1300 esser stata più somigliante a quella de' Piceni e degli Apuli che non alla usata dai veneri e dai longobardi, quando invece dai 1420 la troverebbe somigliatissima alla veneta.. Successivamente la continuità del dominio di Venezia permise a questo ceppo latino di evolversi sempre più e sviluppare allo steso snodo delle regioni della Penisola così da diventare sulla costa orientale quel faro luminoso di civiltà e di cultura, che attrasse l'elemento slavo statoilitosi in Dalmazia e anche quello del retroterra, pressato dal giogo dei turchi e di trasformarlo ed amalgamar lo come avvenne in Sicilià con gli Arabi, con i Normanni, con gli Svevi, e come in alta Italia con i Longobardi, i Franchi e i Teutoni. .E l'arte fu italiana da Zara alle Bocche di Cantaro, ne' Municipi e nelle chiese, nelle logge pubbliche e nei palazzi privati. come dirà più tardi Adolfo Venturi, aggiungendo .E l'arte italiana... vanta la Dalmazia ira le regioni che ebbero maggior forza rappresentativa.. ll governo "paterno„ E che il Governo Veneto fosse «paterno», in rapporto ai tempi, lo dimostra l'attaccamento non solo dell'elemento dalmato italiano una anche di quello slavo cosi che è nella .fedelissima Dalmazia dopo «el tremendo dodexe maggio 1797» che la Signoria di Venezia continua per alcun tempo la sua vita, come già l'Impero Romano per opera del Dalmato Marcellino e del suo parente Giulio Nepote. L'unico atto di ribellione di Venezia alla Francia e quello al Lido dai marinai bocchesi, come l'atto di maggior devozione quello di Zara nel seppellire il I. luglio 1797 le insegne marciane sotto l'altare maggiore di S. Anastasia e l'altro, ancor più noto, di Perasto il 23 agosto con l'ormai famoso «li con nu, nu con t,. Lo stesso Napoleone per riparare -Terrore ìateusto—di Campoformio, facendo occupare Zara nel 1806, fece Proclamare al gen. Durnas Dalmates, l' Empereur Napoléon, Roi d'Italia, votre Roi, vana rt..titue a locare Patrie». E l'Austria per circa 40 anni cercò di farsi considerare continuatrice della Serenissima, per rendersi favorevole la popolazione. Quando tra i popoli d'Europa inizia la lotta contro l'assolutismo, la Carboneria si dirama anche in Dalmazia, ma nessuno slavo vi partecipa; solo pochi ragusei, nel culto della loro particolare civiltà italo-slava peto fanno capo a Genova, Napoli, Marsiglia, e non ai centri slavi. Nicolò Tommaseo viene ritenuto dalla polizia austriaca uno dei principali antesignani delle società segrete dalmatiche. Mazzini e Tommaseo pensano all'affratellamentu delle Nazioni... in Dalmazia insorgono iniziative per! elevare la cultura della parte slava... a Zara l'ex carbonaro Ballata promuove la pubblicazione dell'Aurora dalmatica — la Zoraska affidandola al poeta croato PreradoviC,... capitano in servizio effettivo dell'esercito austriaco di stanza a Zara. Ma quando scoppiano i moti nel 1848 i soldati conti di Radezki notano più che indifferenti ostili... e l'illirismo del Gay tende solo a relizzare l'unità slava nel sistema asburgico. «La Dalmazia nel 18.15 e ancora totalmente italiana nella cultura, nella amministrazione, nel clero, nel commercio, nella navigazione, nell'artigianato.. (Praga). E finchè gli italiani mantennero la maggioranza nella direzione della provincia essi continuarono ad aiutare gli slavi dalmati nella loro elevazione culturale come Bajamonti, il podestà mirabile di Spalato, che con le opere di ammodernamento della città istituì scuole per gli slavi. Non ricorderò qui quanto fece l'Austria dopo il 1866, quando la sua politica verso l'Italia cambiò rotta. E' troppo nota l'opera di distruzione dell'elemento italiano discendente dal vecchio ceppo latino. I leoni distrutti E poi non è che qui si scriva per rivendicazione politica, ma soltanto, dopo aver sommarianiente documentato la natura tutta italiana del passato, per metter in rilievo la situazione odierna, e per dimostrare che agli slavi non sono bastati l'esodo dopo Ra-palio, e quello più drammaticotrail1944e1947. Oggi oltre i leoni veneti abbattuti o danneggiati, oltre alle lapidi asportate, si camNano perfino nei cimiteri, al riparo di comode disposizioni di legge, i connotati alle tombe delle vetusto famiglie, mentre con l'abolizione del.' l'insegnamento nelle scuole della lingua italiana — dirò soltanto che a Ragusa di 22 scuole in nessuna da anni più si insegna l'italiano e per tutta la passata gloria questa città lo deve all'italianò — si vuole sradicare anche la parlata italiana dalla costa orientale dell'Adriatico, perchè quello che succo-de in Dalmazia, in altro modo succede nelle isole del Quarnaro, a Fiume e nel!' Istria. naando le genera-7.1C:1.1 che ancora conoscono e parlano la lingua italiana saranno scomparse, non si sentirà più parlare quella lingua, apportatrice di tanta passata cultura, perchè le nuove generazioni la ignoro ranno. Nè sarà sufficiente per impararla ascoltare la nostra Radio e la nostra TV dalle quali gli jugoslavi cominciano già ad emanciparsi. Monumento a Tommaseo Occorre ottenere che a Sebenico., venga ~iyris4inalp_ il monumento a Nicolò Tornmaseo., opera di Ettore Xime nes, eretto ne, 1896 e abbattuto nel 1945, di cui pare siano stati conservati i pezzi rotti della statua. Sul basamento non era inciso niente altro che .Tommaseo. neanche Nicolò. Sulla sua casa natale va ricollocata la vecchia lapide (al posto di quei brutto vuoto tuttora rimasto); anche essa immutata, appena nel 1890, aveva subito il veto delle autorità che non volevano permettere la incisione delle semplici parole .a ricordo di tanta gloria». Occorre che, sempre nella stessa Sebenico, vengano rimesse le lapidi a Giorgio Orsini, l'architetto del Duomo, prima fissione tra gotico e rinascimento, e quella a Roberto Visiani, il botanico dell'Università di Padova della cui .Flora Dalmatica. il Re di Baviera aveva corretto a Monaco le baule, si veda tosi che pur a Spalato ritorni la lapide sulla casa natale del suo .Mirabile Podestà. Antonio Bajamonti e a Zara almeno le lapidi di Pier Alessandro Paratila e di Arturo Colautti, sulle rispettive case natali rimaste intatte nei 54 bombardamenti della città. Siano infine riparati quanti altri danni del genere sono stati commessi. MANLIO CACE

Dal numero 1586

del 29/08/1967

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