I GIORNI DEL PASSATO Lo schipetaro e il pescecane TULLIO COVACEV - foto

Didsacalia: nodi al cielo. Che il pescecane sia bestia stupida lo o san.no quasi tutti. Come ogni colosso (eccettuato l'elefante, uomo compreso) la mole non è in proporzione all'acume; vi sono formiche più intelligenti dell'ippopotamo e del grasso ricino di casa. Dunque, premesso questo, si capirà come un pescecane abbia potuto ficcarsi, in un tardo pomeriggio estivo, fin dentro a Val Bregdeti, in quel di Zara, che è come fic corsi dentro una brutta trappola. Val Bregdeti infatti è palude bassa per centinaia di metri quadrati ed è — peggio ancora — feudo degli schipetari. Dire fendo degli schipetani è poco se non si precisi la peculiare senofobia di quella gente, che ebbe accenti de guerra dei Boxer un mezzo secolo fa, quando cioè gli schipetari «comandavano» su pressoché !tutte le Colovare e vie adiacenti: Bersaglio e, ovvia-mente, Val dei Bregdeti. Su questo feudo era, nei tempi antichi, arduo esplorare, passeggiare e amoreggiare: pena minima una sassata fischiante raso l'orecchio e male parole in schitm. taro. Questo valeva per gli uomini. Gli animali entrati, cautamente, o incautamente, in quel territorio divenivano de facto preda dei locali e chi s'è visto s'è visto. Tale regola valeva per la terra, l'aria e il mare: pesci, volatili e quadrupedi. A parte questo, in quella valle quasi lacustre era un incanto in certe stagioni dell'anno. La tersa superficie d'acqua non rispecchiava niente, perché. niente v'era 8 intorno che meritasse di specchiarsi e la terra ferma era bassa e spoglia. Restava .3. solo l'acqua al cospetto del cielo, e già questo, ani si creda, valeva molto. V'era in quel sito una tranquillità che non esito a dire celeste, un silenzio sovrano, un arcano fascino che nessun rumore rompeva, che nessun fastidio turbava. Là era la pace che è, per sé stessa, più di quanto si meriti l'appellativo di bello. Solo ra. ramente quel silenzio veniva rotto da qualche raro pescatore di «los'ciure» che sono conchiglie enormi, piene di carne dal nome molto bello di «Pinna nobilisa e dalle quali gli intichi estraevano il bisso. Queste vlos'eiure» traevano dal fondo fangoso e dall'acqua alquanto salmastra quanto occorreva per prolificare in santa pace, fino all'arrivo dei pescatori. Sul fondo di Val Bregdeti erano situati alcuni campi di un tal Bailo i cui confini dal lato del mare erano ambigui. Due volte al giorno il Bailo diventava possessore di alcuni ettari di terra ferma che puntualmente perdeva due volte al gior. no. E questo lo doveva alle maree. Durante le secche di febbraio e i pleniluni il Ballo possedeva più terra venutagli dal mare clic in terraferma. Questo lo readeva felice e nello stesso tempo più per vitate nella sorveglianza del suo possesso. Tutto quanto metteva piede, ala o piuma o pelo, entro a questo possesso diventava proprietà Bailo, non v'erano santi. Così avvenne che quel pescecane enorme ma imbecille, non pratico di -maree. incappasse dentro la secca e restasse boccheggiante a guardarsi intorno con gli echi m serpe in cerca d'aiuto. Non più li trenta centimetri d'acqua lo so-mer. gevano sicché era più nell'aria che nel suo elemento. Ebbene, costi un pescecane fuor d'acqua? Nient'altro che un ammasso di carne inerte, eccetto la bocca. Volle il caso che il nostro Bailo in quel momento fosse là sulla riva con la forca in mano re ment raccoglieva del fieno, quando il pescecane andò a finire in secca. Al guazzare della bestia il Ballo si voltò e la vide. E costi un pescecane per un Bailo? E' preda. Tanto più in quanto era penetrata e stava nei suoi possessi, del Bailo. Adesso si tratterebbe di fare un confronto tra l'intelligenza del pescecane e quella del Bailo e vedere quale delle due fosse più robusta. Il Bailo era un uomo, d'accordo, ma era prima di tutto un Bui-lo e poi era uno schipetaro. Quando si profilava una usurpazione di territorio la intelligenza ntelligenza del Bailo andava a farsi friggere: sci entrato nel mio? E allora mi appartieni, pensò il Bailo senza peraltro far caso a due fatti: I) che cosa poteva farsene un Bailo di un pescecane? 2) Fil pescecane è bestia feroce. Per il primo quesito vale la boria del Bailo, che non aveva eguali: catturare un pescecane, valga quello che vale, e poi farlo vedere a tutti! Per il secondo quesito vale la sicumera del Bailo: sei nel mio possesso e perciò ti catturo. Poi, il pescecane era fermo. «Te rissa nana...» disse il Bui. 10 a voce atta e suono corse verso il pescecane imbracciando il forcone. Il pescecane vide quell'essere scuro avventarglisi addosso e non fece in tempo nemmeno a calcolare al pro e il contro che subito si sentì infilzare il capo dalle punte del forcone del Ballo. Quante anime ha un pescecane? (ammesso che le abbia), dicono sette, dieci, non si sa bene. Corto è che, ammesso che una di queste fosse localizzata dove erano le punte del forcone, ben altre gli restavano validissime, pronte e molto sensibili. L'acqua bassa non gli impedì di guizzare e torcersi avvinghiando Bailo e forcone. Fu tutto spruzzo e schiume, un subisso. Questo viluppo di pescecane e schipetaro venne, per puro caso, avvistato dalla vedetta di una batteria lontana qualche centinaio di metri dal posto. Venne dato l'allarme e subito corremmo in tre o quattro imbracciando i moschetti. E' una parola! Dove e su chi sparare? C'era il -rischio di infilare e pescecane e Bailo, sparammo intorno ai due. Qui il pescecane fece un salto più alto e ricadde alcuni metri più al largo e poi, lentamente, da quella bestia ottusa che è. filò verso fondali più alti .mentre noi gli sparacchiammo dietro e poi subito volgemmo verso l'uomo disteso nell'acqua bassa, rossa di sangue. Questi era visibilmente ir ritato e continuava a ripetere «cisse nane e srech» a non finire mentre noi lo soccorrevamo e lo tiravamo verso l'asciutto. Fu là che ei accorgemmo che all'uomo mancava-un polpaccio che il pescecane, di striscio o di sghimbescio, gli aveva staccato, per un evidente anche se piccolo assaggio. Questa credo fu l'unica volta che mio schipetaro dentro un suo possesso perdesse qualchecosa. L'uomo ad ogni modo si salvò; del pescecane non sapemmo più niente, ma è facile che, gustata una fetta di Ballo, continuasse ad incrociare nei paraggi con la speranza di altre porzioni più sostanziose. Mi venne riferito in seguito che eguali propositi cullava il Ballo: catturare a tutti i casti quel pescecane, E questo non santo per vendicare il polpaccio scomparso quanto per ribadire il principio indiscutibile di possesso, che per uno schipesano e sacro. TULLIO COVACEV

Dal numero 1665

del 07/04/1969

pagina 219