DIECI ANNI FECONDI DI APOSTOLATO Mons. Isidoro Sain di Dalia primo Vescovo della Diocesi di Fiume - foto

Didascalia: Mons. Michele Isidoro Sain O.S.B., nato il 22 novembre 1869 a Dalia di Cittanova in Istria, abate visitatore e quindi abate del Monastero di Praglia e Amministratore apostolico di S. Giustina in Padova nel 1919, Amministratore apostolico di Fiume nel 1922, Primo Vescovo della Diocesi di Fiume nel 1926, morto il 28 gennaio 1932 In un opuscolo uscito nel 1933, è stata così ricordata la figura di Mons. Sain da Benedetto Pietrobono O.S.B. occasione della traslazione della salma alla Cattedrale di San Vite nel primo anniversario della morte. PASSA, ancora una volta, attraverso le vie della città, dopo un anno dalla sua dipartita, da salma venerata di Colui, che fu l'artefice della nuova Diocesi di Fiume, ne fu il primo Vescovo e, per le fatiche e i dolori di cui gli fu larga 'dispensiera la sua dilettissima creatura, ne ebbe prematuramente troncata la nobile esistenza. Mons. Sain va ;era a riposale all'ombra di 'quel tempio che Egli elevò al grado altissimo di Cattedrale della novella Diocesi fiumana: al contatto di quel Dio Eucaristico che letificavir la peit,a. ne giovinezza del suo spiraglio e confortava le 'Vette amarezze del suo ministero. Rievocare, oggi, la sua stupenda figura di asceta, di apostolo, di pastore e di realizzatore, è doveroso omaggio alla sua santa Memoria: monito e incitamento a noi, per C,Sere degni di Lui. 1,1. Regola monastica, plasmatrice insuperata di anime che vivono nel crogiuolo della carità di Cristo — affinche la vita di Cristo sia manifesta nei loro corpi — aveva fatto, di buon'ora, del monaco Isidoro un maestro ed un modello insigne di vita in-. tenore e soprannaturale. Come tale, era da tutti riconosciuto e ricercato: e perché tale, fu assunto ben presto ai più nobili uffici e alle più alte gerarchie dell'Ordine monastico, per essere quindi elevato al governo della Chiesa di Fiume. Austero, fino alle più rigide rinunzie ed asprezze, con se stesso, era tutto industrie, accorgimenti e tenerezze per i fratelli; circonfuso da così amabile semplicità e da tale profondissima umiltà che nessuno, trattando con Lui, avvertiva il peso della stia autorità, o sentiva offesa l'inferiorità della propria statura morale. Possedeva il segreto di celare ogni sua virtù, in guisa tale che, non solo non passasse ,r la mente altrui di metterla in evidenza o di farne l'elogio, ma anche da indurre nella persuasione, o almeno nel dubbio, che in Lui non vi fossero certe qualità, che possedeva invece in grado eminente. Chi mai trattando con Lui, sia pur frequentemente. ha avuto modo di rilevare la sua vasta conoscenza, non solo delle -lingue, ma della letteratura italiana e francese, latina greca cd ebraica, e chi avrebbe pensato che di queste discipline Egli era stato apprezzatissimo maestro? Egli, che indubbiamente maneggiava la prosa e il verso latino in modo non indegno di Cicerone e di Virgilio, e che avrebbe potuto infiorare, con doviziosa naturalezza, il suo discorso delle più suggestive reminiscenze classiche, parlava e scriveva nella forma più piana e più semplice, quasi temesse di far pompa della sua erudizione! E chi mai, di fronte a quel suo modo di fare cosi timido, così ingenuo e -quasi i, fanti., avrebbe sospettato in Lui una tempra d'uomo espertissimo nel maneggio degli affari, capace di riuscire attraverso ed oltre ogni asprezza e difficoltà? Sa solo Iddio, quantunt sudar, et alsit per la erezione e costituzione della Diocesi del Carnaro, e per la creazione di tutte quelle cellule ed organismi che sono indispensabili alla funzionalità d'una Diocesi! A chi consideri solo dall'esterno, non è dato di misurare la somma di energie e il ricco tesoro di abilità, che Egli ha dovuto dispiegare per raggiungere il nobile intento. Eppure, la sua umiltà, per-chi era verace e profonda, è stata capace — fin troppo capace, diremmo — di tenero nell'ombra, anzi, nell'oscurità più completa, tante sue benemerenze, e di sottrarsi a qualsiasi forma di omaggio, quando l'occasione a . glielo fosse offerta dall'opera che Egli aveva compiuto, e solo accettandolo quando era diretto al riconoscimento e ansaltamento della dignità ecclesiastica di cui era investito. Solo uno spirito grossolano e superficiale avrebbe potuto scambiare la sua semplicità e modestia per grettezza e inettitudine, il suo amore alla povertà per assenza di dignità, il nascondimento delle sue più belle qualità, anche di scienza e di coltura, per mancanza delle medesime. Uno spirito retto e di delirata sensibilità 'non tardava a comprendere di trovarsi alla presenza di un'anima eccelsa e di una personalità che imponeva il rispetto, precisamente in virtù dell'assenza di quell'apparato esterno che altri usa per concittàrselo. Cosi si spiega la sua immensa popolarità nelle alte ed umili sfere; fra gli uomini della coltura e del censo, della Mitica e del Governo che lo amavano ed onoravano per la sua modestia, la sua dirittura, il suo nobile apostolato in cui sapeva accoppiare cos) bene gli interessi di Dio con quelli del popolo, quelli della Chiesa con quelli della Patria: e fra de Mnumeri anonime schiero del popolo che sentivano e sperimentavano di avere M Mons. Sain un padre e pastore incomparabile. Per la verità, la virtù autentica e vera non ha bisogno di espedienti per trovare le vie del cuore: e Mons. Sain ha posseduto il cuore, tutto il cuore del suo popolo, in tutte le classi. Egli ha realizzato in pieno il motto del suo stemma episcopale, facendosi tutto a tutti, per tutti guadagnare a Cristo. Era frequente sul suo labbro l'espressione scritturale — evangelizare pauperibue misit me — e, fedele a questa sua missione, spalancò le porte del suo vescovado a tutti i poveri e a tutti gli infelici, in tutte te ore del giorno e in tutti i giorni dell'ari-no. Nell'assiduo quotidiano contatto con tutte le miserie del popolo, Egli non cercava solo l'opportunità di venire in aiuto, dando fondo a tutte le sue risene, ai loro materiali bisogni, ma mirava somaro. a rianimare le loro spente speranze, riaccendere la loro fede vacillante, far brillare nuovamente nel buio dei loro cuori la fluii-una della carità cristiana. Nella rarità vedeva la forma più sublime dell'apostolato e il mezzo più efficace di redenzione delle anime. Egli non ignorava che aveva fatto più conversioni un S. Vincenzo de' Paoli che un i Bassuct, e, più che nelle dotte pastorali o nelle smagliarti omelie, credeva nell'efficacia della carità, nell'esercizio della quale profondeva, a tu per tu colle umane miserie. i tesori del suo cuore e tutti i inermi umani di cui poteva disporre. E sentiva così profondamente -la paternità spirituale di cui Dio l'aveva investito, che richiesto perché non venisse in aiuto di qualche suo parente povero, rispondeva: — Ho tanti figli poveri e bisognosi di tutto, da .n poleniti permettere il lusso di pensare a quelli clic sono solo tisici parenti. Dio non e forse ricco abbastanza per provvedere anche a loro? Decisamente, qui siamo di fronte alla sublimazione più perfetta e più eroica della carità. E i poveri avevano ben intuito questo lato debole —sia detto infermisticamente — del loro Vescovo, sino ad assediarlo anche nelle ore più importune, non escluse quelle della modesta refezione e quelle più inoltrate della sera. E facevano valere i loro... diritti, anche di fronte ai familiari giustamente preoccupati della salute del Vescovo, r-che sapevano che v'era ordine di lasciarli passare, sempre. «Vogliamo parlare col buon padre., dicevano molti di loro, e non c'era verso di far loro. comprendere l'inopportunità e l'importunità dell'ora. Il buon padre doveva essere sempre cose, e lo era_ difatti, a loro completa disposizione. Il guaio era però che le turbe aumentavano di giorno in giorno, per il fatto che chi aveva provalo una volta ad avvicinare Mons. Sain, non sapeva più distaccarsene: diventava un assiduo. Ed allora si comprende come la, modestia dell'abito, la parsimonia del vitto, la estrema limitazione di ogni servizio per la sua ,persona e per il suo palazzo, il viaggiare sempre in terza classe, non fossero solo effetto dell'amore di Mons. Sain alla povertà, semplicità e mortificazione cristiana, ma fossero altresì intesi ad accrescere le possibilità della sua beneficenza. «Non sappia la sinistra quel che fa la tua destri, ha inculcato nostro Signore, e Mons. Sain ha tenuto sempre gelosamente nascoste, anche ai più intimi, le larghe, 72 della sua carità, che. a seconda dei casi, assurgevano talora anche a dire rispettabili: di esse però si aveva la generica rivelazione attraverso la periodica sparizione dei suoi piccoli risparmi e talvolta da qualche incidente che veniva a tradire, con suo grave disappunto, la sua squisita carità. Chi potrebbe ridire la immensa messe di bene che ha fatto maturare nelle anime questa sua copiosa ed incessante seminagione di carità? Chi potrebbe misurare la vastità dei germi di risurrezione posti e suscitati nelle anime da questo suo fecondo ed umile apostolato? Non è questa, evidentemente, materia di statistiche umane. registrata solo con precisione nel libro di Dio. Ma, se si ponga mente al risveglio e rinascita religiosa che si è verificata indubbiamente, a Fiume, durante l'episcopato di Mons. Sain, si avrà una qualche risposta a codeste domande. Noi siamo ben fungi dall'essere esclusivisti e dal non riconoscere, sinceramente e con piacere, anche altri fattori di questa gioiosa primavera cristiana, alla quale ha concorso notevolmente e l'attività dell'Azione Cattolica e la creazione delle nuove parrocchie, e la nomina dei numi parroci che vi hanno cooperato validamente col doro zelo e con le loro fatiche; ma, chi ben osserva, anche questi fattori sono creature di lui, e rientrano nel quadro della sua multiforme attività. E quale attività! Senza rifarci alle ardue ed estenuanti pratiche di postulatore della Diocesi, condotte, per ben tre lunghi anni, presso i vari Dicasteri romani ecclesiastici e civili; tutti gli organi essenziali pel funzionamento della Diocesi ,sono stati creati da Lui, fra difficoltà d'ogni sorta e nella più tragica penuria dí Sacerdoti da impiegare nei diversi uffici. E' opera sua il tempio votivo di Cosala e la Chiesa di S. Antonio a Cantrida: l'erezione di ben tre nuove parrocchie, raddoppiando casi il numero preesistente, mentre volgeva in animo di erigerne a Bisterza ed altrove; l'adattamento della Cattedrale e dell'episcopio, e il possesso acquisito in donazione dallo Stato dei due edifici di Torretta e di S. Vito, senza dire dell'interessamento e del contributo offerto alle chiese dei P.P. Cappuccini, dei P.P. Olivetani, delle Monache Benedettine e di tante altre opere diocesane. Ma sopratutto e opera sua il Seminario che fu sempre la sua croce e la sua delizia, la sua occupazione e preoccupazione dominante: Seminario, che Egli ha creato dal nulla, ha consolidato nella sita esistenza -e se non fosse stato prevenuto dalla morte, avrebbe ampliato nei suoi locali colla sopraelevazione di un altro piano. Nel Seminario, e in isso solo, Egli vedeva la fucina delle più liete e prospere fortune avvenire della diocesi; per esso ha risolto lavorato e molto Sofferto. Quando la figura di Mons. Sain si consideri sotto questo aspetto, sii fondatore della diocesi, allora si fa manifesta tutta la grandiosità e l'asprezza della sua opera. Allorché un Vescovo fa il suo ingresso in Diocesi, sa di trovarne tutti gli organismi pronti all'azione, e la sua opera consisterà nel modificarne o intensificare l'azione stessa. A Mons. Sain toccò il duro compilo di creare tutto dal nulla, o quasi, pur sapenndo che di tanto travaglio non Egli avrebbe avuto in sorte di .raccogliere il frutto, ,perchè i frutti di tal natura non maturano in ogni stagione. Ma Egli non si risparmiava dal seminare nel do-loro porche altri più fortunato, dopo di Lui, potesse mietere nella gioia. Non per nulla Egli trascorreva immancabilmente nella sua capellina privata le prime tre ori del mattino (dalle quattro alle sette, anche nella più rigida stagione) nell'effusione del suo cuore in quello del suo Divino Ospite Sacramentato: non per nulla faceva aspro governo di se stesso, fino alle più veementi flagellazioni! E se taluno accortosi di ciò, ad onta delle sue infinite cautele, gli faceva presente che Egli non aveva poi tanti peccati da doversi scontare così durarne, te, si sentiva rispondere: «Ne ho anche troppi, ,ché ai miei personali bisogna aggiungere tutti i peccati della diocesi: seppoi ho tante cose sulle quali devo propiziarmi la clemenza e benedizione di Ad un Vescovo di tal fatta poteva mancare quello che è il genuino suggello della santità, e il marchio infallibile dei veri apostoli di Dio, . il dolore? E lo ebbe, 'trafiggente le più intinte regioni dello spirito e della carne. L'eterno .nemico del bene era riuscito. purtroppo, a seminare la zizzania nel campo irrorato da tanti sudori e fecondato da .tante amorose fatiche del santo Vescovo, fa rondone vivamente, nella 'regione più intima, il core mite e paterno e provocando l'attacco violento di quel male che, dopo venti mesi di' 'ansiose, alternatile e di ton inenarrabili, lo condusse al sepolcro. Eppure Mons. Sain (chi scrive è in grado di rendergli questa testimonianza) non ha agito mai, non diciamo spinto da passione, ma neanche mosso da sua personale iniziativa, parche, anche nelle case di minor conto, la sua coscienza delicatissima lo induceva a prendere consiglio da Chi poteva darglielo autorevolmente. Può valere ,r tutti il seguente episodio. Nel marzo del 1931 si trovava a Roma per la sua prima od ultima visita ad limina, in condizioni di salute già rovinose. In una S. Congregazione Romana Egli manifestava alcune sue angustie e difficoltà e chiedeva consiglio sul come regolarsi. Quelle angustie su case di non eccessivo rilievo fecero esclamare all'alto interlocutore: «Eccellenza, il difetto di eccedere nell'agire per precipitazione, o non ponderato giudizio, é abbastanza comune, ma non è facile trovare chi, esame Lei, pecca per l'eccesso contrario». Chi scrive, presente al colloquio, può aggiungere che Monsignore, sorride.o bonariamente, non desistette dal richiedere lume e consiglio. Quando però, dopo lunghe preghiere, profonda ponderazione ed autorevoli consigli, Egli sentiva l'imperativo della sua coscienza, anziché tradirla, preferiva essere mlisconosciuto e contrariato, nella consapevolezza che ogni cristiano, e molto più un Vescovo. non dev'essere che l'umile collaboratore di Dio nella grande opera della salvezza delle anime. Nel lungo calvario della sua malattia, reo più atroce dalla forzata assenza dalla sua diletta diocesi per obbedire a Chi gli aveva imposto l'obbligo di curarsi, e dall'abbandono di figli dilettissimi, mai un lamento sfiorò il suo labbro (che anzi, era Lui che faceva coraggio a chi lo assisteva). mai un accenno di stanchezza per il suo tanto soffrire, o di amarezza verso chi lo dimenticava. Spesso si sentiva onorare l'offerta a Dio delle sue sofferenze ,perchè si degnasse accettarle, ricambiandole con le più copiose benedizioni sulla sua cara Diocesi, alle cui sorti ed al cui governo non cesso mai di dedicarsi fino all' ultimo respiro. Sul suo tavolo di lavoro, infatti, fu trovata la lettera pastorale che Egli. nella fase più acuta della malattia, aveva preparato per la Ouaresima di quest'anno (pubblicata poi dal Rev.mo Mons. Amministratore Apostolico) e, poco prima aveva indirizzato ai R.R. Parroci una circolare sull'Azione Cattolica, indice e testimonio di quanto gli stessero a cuore le sue so..mesi di aproprio governative,np:ir is" me? ni degli vita aggiungere nrut. ultimi cottenuto r. a mezzi di prosegui., i tovan del tempio votivo di Casata, e che aveva già ricevuto in proposito notevoli affidamenti. Mons. Sain è morto sulla breccia, e li è morta da.santo; anzi, con eroica. inveirsione di parti, non già perdonando a chi lo avesse contristato, ma chiedendo, per se, scusa e perdono. La sua morte fu un lutto di tutta la cittadinanza. e i suoi funerali si trasformarono, come per incanto, in un trionfo e in un plebiscito di universale rimpianto, cui vollero associarsi le più alte personalità che avevano avuto bene d

Dal numero 1363

del 05/03/1963

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