Io vorrei — lo affermo con la massima sincerità — arrivare al traguardo dei settantanove anni come il prof. Attilio Craglietto. Non ci sono ombre di sottili ironie né secondi fini in questa frase che null'altro rappresenta che la manifestazione di un pio desiderio. Con altrettanta sincerità molti miei coetanei ed anche molti altri più giovani di me potrebbero formulare per se stessi il medesimo augurio.
Non c'è settimana, si può dire che alle redazioni dei maggiori giornali di Gorizia non arrivi qualche sua lettera, scritta con la caratteristica minuta calligrafia, subito riconoscibile. Ora, il primo pensiero che viene naturale di fare, nella mente di chi non lo conosce e che sa trattarsi di un settantanovenne, é che il prof. Craglietto sia un grafomane, malato di fisime senili. Invece non é vero niente. Si potrà, se mai, dire, che non si é d'accordo sugli orientamenti da lui espressi e sulle sue chiare ed inequivocabili prese di posizione. Ma sin qui siamo sul terreno dell'opinabile, nel senso che il parere del prof. Craglietto vale quanto può valere il parere di una qualsiasi altra persona ragionevole e colta. Critiche di altro genere sarebbero inesatte e malevole.
Infatti il prof. Craglietto, dopo essersi aggiornato ogni mattina con tutta la stampa quotidiana e periodica e dopo aver passato in rassegna, attraverso un vivace dialogo con uno o più amici, i migliori avvenimenti ed i problemi salienti del momento, sia in campo politico che in quello sociale, sia in quello letterario che culturale in genere, é fresco e pronto a dire la sua, con un mordente e con un'efficacia puntualizzatrice veramente invidiabili. E siccome é un pensionato e di tempo ne ha a sufficienza non per sprecarlo in cose inutili, ma per dire la sua in cose utili, ama spesso scrivere ai giornali, i quali, ben volentieri, nelle apposite rubriche, ospitano le sue missive, che a volte sono altrettante fonti di garbate polemiche. Uno degli argomenti che da qualche tempo il prof. Craglietto predilige é la difesa dei poveri pedoni e specialmente delle persone anziane come lui, contro i pericoli sempre crescenti della motorizzazione. Tanto se ne é appassionato che é stato persino tra i fondatori di una apposita associazione, per la quale ha fatto non solo il dirigente, ma anche il fattorino ed il riscuotitore; ed il suo «attivismo» in questo campo si arricchisce e fiorisce senza soluzione di continuità di nuovi spunti e di nuove iniziative.
Bisogna, per la verità, riconoscere, che il prof. Craglietto é una persona quanto mai dinamica e, sotto molti aspetti, anche moderna, nonostante l'approssimarsi del traguardo secolare. Egli, infatti, con le sue convinzioni politico sociali, radicate sin dai primissimi anni della sua vita culturale, ha, in certo qual nodo precorso i tempi. Un chiaro esempio lo ritroviamo nella sua fede regionalista, pura e cristallina alla medesima stregua della sua dirittura morale, non contaminate dagli scivolamenti critici del costume di molti (non di tutti: non é una generalizzazione) tra gli attuali fautori del regionalismo, interessati forse ai vantaggi materiali che dalla sua istituzione ne deriverebbero in loro favore, anziché ispirati alla costruzione ideale di un mondo migliore. Ed é per questo che il prof. Craglietto, quando ancora oggi intorno ad un tavolo od anche per la strada discute e difende con calore la sua maturata convinzione, ci appare, in fondo, un po' romantico. Dopo aver precorso intelligentemente i tempi, il prof. Craglietto, ingenuo e candido come tutti gli idealisti puri, é stato messo da parte senza volontà dolosa di nessuno, ma dalla politica stessa delle cose e cioè dai «pratici» della politica; non accorgendosi nemmeno del pericolo che spesso e volentieri all'autorità centralizzatrice dello Stato si venga a sostituire quella altrettanto centralizzatrice delle segreterie dei partiti: di quelli di sinistra, in particolare. Ma, ciò nonostante, anche se i risultati, venuti od ancora da venire, sono stati o saranno tutt'altro che perfetti, al prof. Craglietto rimane sempre la soddisfazione di aver visto la nascita di quell'era nuova che, per quanti difetti abbia, é però sempre migliore di quella vecchia, ormai definitivamente condannata dopo i disastri ed il conseguente fallimento dei pesanti ed intollerabili paternalismi.
Quella del prof. Craglietto si può definire, senza tema di cadere nel convenzionale, una vita ispirata e dedicata agli ideali più nobili, per il cui raggiungimento egli ha sempre lottato, col cuore forte del figlio genuino dell'Istria interna. Di moltissimi ;che lo conoscono, infatti, fori se pochi sapranno che egli é nato a Novacco, un paesetto di quattro case, ad una decina di chilometri da Pisino. Della sua terra egli ha seni,pre portato con se le caratteristiche peculiari del coraggio le del patriottismo. Di episodi se ne potrebbero raccontare a decine e decine. Ci limiteremo ad un paio. Accettare la presidenza tutt'altro che comoda di un Comitato di Liberazione Nazionale come quello di Pola, nel mo' incuto in cui la tattica del tenere la coda tra le gambe era universalmente e utilmente adottata e presentarsi a viso aperto agli slavi nei tristi giorni della loro tracotante calata, fu da lui interpretato come il più elementare dei doveri. Perché mai avrebbe dovuto tirarsi indietro, quando bisognava difendere non più soltanto con le parole, ma col linguaggio ben più eloquente dei fatti, i meravigliosi ideali di libertà e di democrazia? Che razza di coerenza sarebbe stata altrimenti la sua?
Ed eccolo là, allora, come un soldato in trincea, tranquillo e sereno, a discutere la situazione con gli amici del CLN, nel corso di una delle consuete riunioni a Pola, quando arriva, trafelato e tremante, un giovane a portare con voce rotta dall'emozione ed anche un po' dalla paura, la notizia che i titini avevano poco prima decretato la sua condanna a morte. Sapete quale fu la reazione del prof. Craglietto? Non si fece prendere dal panico, non scappò e nemmeno fece l'eroe; disse semplicemente: «Ebbene, se così sarà, vuol dire che ci sarà un morto di più!» La superiore serenità di queste parole ebbe l'effetto di riportare la tranquillità nell'assemblea, già sotto lo choc degli eventi incalzanti. Non ci siamo presi la premura di indagare sui motivi che possano avere indotto gli invasori a pronunciare, così, senza tanti preamboli, la sentenza irrevocabile nei confronti di un uomo che non aveva mai fatto del male ad una mosca; ma non é escluso che la sentenza sia stata dettata ai barbari dallo stesso prof. Craglietto, quando, in quei giorni, egli, nella sua veste di presidente del CLN, aveva preso parte ad una riunione da loro convocata. Dopo aver pazientemente ascoltato le fandonie ipocrite sulla libertà col capestro che i titini intendevano imporre all'Istria, egli, unico italiano ad avere il coraggio di prendere la parola, disse semplicemente questo, a commento ed a puntualizzazione delle eresie sino a quel momento pronunciate con spavalda ignoranza: «La libertà non ha aggettivi; é libertà e basta».
Non era la prima volta, del resto, che il prof. Craglietto, con tanta semplicità e naturalezza affrontava rischi mortali. Anche gli invasori nazisti, non tanto tempo prima, lo avevano tacciato di comunismo e lo avevano arrestato. Poi, per fortuna, il suo caso sarà capitato nelle mani di un nazista, ma non tanto fanatico da essere totalmente privo di ragione; e quella sarà stata la sua salvezza.
In pace — ma nella dolente pace — non meno che in guerra, il prof. Craglietto seppe mantenersi all'altezza secondo il suo stile, delle situazioni più delicate. Eccolo a colloquio con l'on. Alcide De Gasperi, nel 1946. L'allora presidente del Consiglio, alla vigilia dell'esodo, lo riceve e lo intrattiene a lungo; ad un certo momento, nell'esame degli aspetti politici del problema, gli pone una domanda, che pressapoco era così formulata: «Ma non è meglio rimanere a Pola, od almeno tentare di rimanere? Come avevamo fatto noi nell'Alto Adige sotto l'Austria?». Ferma ed immediata fu la risposta del prof. Craglietto: «Eccellenza, Ella aveva allora a che fare con una nazione civile come l'Austria, noi invece abbiamo a che fare con i titini che sono gente molto diversa!». Dopodiché De Gas peri, da intelligente uomo politico, quale fu da tutti riconosciuto, lasciò subito perdere l'argomento.
Ed ecco il prof. Craglietto protagonista di un ultimo episodio che vale la pena di essere citato. Quando fece la sua comparsa a Pola la famosa Commissione interalleata nel marzo 1946, a lui spettò il gravoso compito di illustrare a quegli stranieri, tra cui Molti erano i dichiarati avversari della nostra causa, mentre quasi tutti erano più o meno prevenuti contro di lui, la realtà della situazione etnico geopolitica. Il prof. Craglietto, da perfetto conoscitore della lingua francese, nota come la lingua adottata generalmente nei rapporti internazionali, avrebbe potuto benissimo usarla e farci quindi un'ottima figura sotto il punto di vista del prestigio personale. Ma non volle. Preferì parlare in italiano, perchè bisognava tentare il possibile e l'impossibile per salvare i destini italiani della città.
Abbiamo detto che il prof. Craglietto é un perfetto conoscitore della lingua francese. Ma a quanto ammonta lo scibile che egli conosce con altrettanta perfezione? Non lo sappiamo, ma siamo certi che i confini sono amplissimi. E non continueremo qui certo a tessere le sue lodi di uomo di cultura, di studio e di scuola, di filologo e glottologo, di appassionato violinista e di conoscitore profondo di storia della musica, perché un semplice «incontro» non é una biografia e perché per scrivere la sua biografia ci vorrebbe un libro intero. Ricorderemo soltanto, perché sappiamo che é un titolo di merito tra i più cari ai quali egli legittimamente ci tiene, che il prof. Craglietto fu uno dei fondatori, fu anzi il primissimo del «Fabio Filzi» di Pisino, oggi funzionante a Gorizia. Nella stessa città dove il prof. Craglietto ha chiuso come preside del Liceo Scientifico la sua brillante carriera di educatore. Quella stessa città dove egli, tanto amico dei pedoni, non disdegna però l'offerta di un passaggio in macchina fino a casa — quando piove.