A PAOLO, PIERO E SERGIO DEDICATO UN RIFUGIO ALPINO - foto ok I tre fratelli Fonda Savio

SULLA Porta Orientale il direttore Federico Pagnacco ha cosi ricordato tre eroici fratelli triestini. Anche nella guerra del 1915, fra i giuliani e i dalmati, numerose furono le coppie di fratelli accorsi volontari a lottare per la libertà di queste nostre terre: e rimasero sul campo i due gemelli Fabio e Aurelio Nordio, e i due fratelli Zink di Zara, e i due Filai di Pisino, e i due Kraglievich, i due Ma-ionica, i due Liani. Ma soltanto dopo cinque lustri, e in una guerra 'tanto diversa da quella del.'15, doveva avvenire che la morte falciasse tre fratelli triestini : l'intera messe di gioie e di speranze di una nobilissima famiglia. Tre figlioli concepiti e nati nell'atmosfera serena di questa Trieste appena tornata libera alla madie Italia, dopo un'attesa lunga e quasi disperata. Erano cresciuti, i tre figli, in un clima di fede, quale poteva emanare dall'esempio del padre, dalle tradizioni di famiglie in cui la onesta laboriosità mai era disgiunta da un sincero amor di patria, Erano cresciuti assieme ad altri giovani della medesima derivazione spirituale, della stessa tempra fisica, amanti dello studio, si, ma anche del sole, del mare, e soprattutto dei monti. Lassù, sulle vette e nei rifugi delle Alpi Giulie vi si ritrovavano spesso a respirare aria pura: pura anche da complessi ideologici, che quella di lassù — sulle montagne che conobbero il passo e il sacrificio degli Alpini — era aria chiara, la stessa che avevano respirato i padri: l'aria del maggio del '15. Ecco perché sincera coni-mozione ci colse allorché si ebbe notizia che adesso, più in là delle Alpi, sulle Dolomiti, presso Misurina, si era inaugurato un rifugio nel nome dei tre fratelli Fonda-Savio, in un rito che pareva l'alito di una resurrezione. Nati, Piero il 27 giugno 1920, Paolo il 20 luglio del 1921, Sergio il 28 aprile 1924, la guerra del 1940 — come già per il padre nel 1915 —li aveva colti sui vent'anni, l'età propizia ai rischi ed al sacrificio. Maturi anche per la vita civile, addottorato in chimica Piero, in ingegneria Paolo, di fronte al richiamo della Patria scelsero entrambi la strada del dovere, e l'Arma della penna alpina, alla quale certamente avevano pensato nelle soste sui rifugi, come i due Slataper votati al medesimo destino. Il più giovane, Sergio, aveva 16 anni: per lui l'aspettazione sarà più lunga, e più cruda sorte, caduto proprio in quella che doveva essere l'aurora della libertà. Piero Fonda-Savio, chiamato alle armi nel 1941, assolto il corso allievi ufficiali a Brà, scelse il 3o Reggimento Artiglieria Alpina della Divisione «Julia», della quale faceva parte, col Battaglione «Vicenza», anche il fratello Paolo, sottotenente. Nell'agosto 1942 la Divisione «Julia» partiva per la Russia, e in quella difficile campagna Piero si distingueva per coraggio e serenità, meritandosi il pieno riconoscimento dei superiori. Nel tragico ripiegamento dal Don, iniziato nel dicembre, il 15 gennaio 1943, Piero Fonda-Savio si offrì volontario ad un rischioso e delicato compito che degnamente assolse. Seppe, in quella notte, che il fratello Paolo giaceva ferito in un vicino villaggio. Ottenuto il permesso dai superiori, si diede alla ricerca del fratello per portarlo a salvamento. Lo trovò infatti, ma breve fu la gioia, ché i russi li catturarcelo ,entrambi. E più non fecero ritorno, spariti nell'inferno bianco della stoppa. A Paolo Fonda-Savio, sottotenente del «Battaglione Vicenza», veniva decretata la medaglia d'argento al valore, alla memoria, con la seguente motivazione : «Già distintosi per ardimento in precedenti azioni di guerra, durante un aspro combattimento per aprire la strada alla propria unità, al comando di volontari assaltava un nucleo di mitragliatrici avversario, catturandolo dopo avere eliminato i serventi a colpi di bombe a mano. Successivamente, sempre alla testa di volontari, attaccava e disperdeva un gruppo avversario che col fuoco decimava il suo reparto. Catturato, decedeva in prigionia. Kopanki. Novo Postaialni (Russia), gennaio 1941» Nel tragico caoe che pesò sull'Italia dopo il 1943, come in tante famiglie italiane che avevano i figli in Russia, anche nella famiglia Fonda-Savio — confortata dalla presenza del più giovane Sergio — la speranza nel ritorno di Piero e Paolo non s'era spenta. A Trieste, occupata dai tedeschi, il Podestà intanto aveva costituita una Guardia Civica, per la tutela dell'ordine e la protezione delle opere pubbliche. La Guardia Civica si era presto trasformata in un rifugio di giovani che volevano sottrarsi ai richiami dei tedeschi; e in buona parte questi ragazzi segretamente facevano parte del movimento Giustizia e Libertà. Anche il giovane Sergio Fonda-Savio, che alla leva, come i fratelli, aveva scelto l'Arma degli Alpini, si era poi iscritto alla Guardia Civica, nell'intento di partecipare alla difesa di Trieste italiana. Nell'insurrezione della fine d'aprile 1945, mentre purtroppo il peso dell'occupazione tedesca si complicava ed aggravava con la calata dei partigiani jugoslavi — così che i volontari italiani vennero a trovarsi tra due fuochi— il giovane Sergio, sceso in armi tra i primi contro gli occupatori, al primo di maggio veniva colpito in pieno da una granata tedesca, arrossando col generoso suo sangue il selciato di Trieste italiana. I genitori, ancora ignari della sorte dei fratelli rimasti sulla steppa,' non potevano immaginare che con la morte di Sergio, si era compiuta la trinità del loro sacrificio: l'offerta maggiore di una famiglia triestina all'Italia madre, nella sventurata guerra che pesò sulla nostra terra più che su ogni altra regione italiana. A Sergio Fonda-Savio venne, poi, decretata la medaglia di bronzo al valor militare «alla memoria» con la seguente motivazione: «Sergio Fonda-Savio, giovane studente, animato da vivo amor di Patria, partecipava alla lotta di liberazione, sempre affermandosi per abnegazione e per ardimento. Particolarmente si distingueva nelle giornate insurrezionali, combattendo contro i tedeschi e cadendo da prode sul campo, di fronte al nemico. Trieste, 1o maggio 1945.» Anche l'Università di Padova, più tardi, onorò degnamente la memoria di Sergio Fonda-Savio con la laurea in ingegneria «honoris causa». Anche a Piero e Paolo il Policlinico di Bologna tributò solenni onoranze. Dopo la Morte di Sergio, col passare dei giorni e dei mesi, le speranze di un ritorno dei fratelli svanirono, finché si ebbe certezza che —con tanta, troppa, gioventù italiana — anche Piero e Paolo erano rimasti per sempre lassù. Letizia e Antonio Fonda-Savio erano rimasti soli. Tutti e tre i figli perduti. Il pensiero indugiava sì nel ricordo delle Madri dei caduti della guerra del '15: ognuna col nastrino sul petto. Però gli occhi luccicavano, quando le si ricordava il figliolo. Ma questa mamma Letizia ne aveva perduti tre: tutti i suoi ragazzi. E Dio le avesse almeno concesso il sorriso di un piccolo nipotino che, cresciuto, nel suo volto glieli avesse ricordati tutti e tre. Niente, una crudeltà senza limiti. Non restava a Letizia e Antonio Fonda-Savio che ricordarli, i cari figlioli, con opere di bene. E così, molte di tali opere sorsero, a Trieste, sul Carso, in tanti luoghi. Così, adesso, è sorto il rifugio alpino al Passo dei Tocci, sulle Dolomiti di Misurina, sul quale sono incisi i nomi di Piero, Paolo e Sergio, bei nomi che adesso stanno in alto, dove la pace arriva dritta al cuore. Lassù, dove pace è per tutti, per i morti e per vivi che Li ricordano. FEDERICO PAGNACCO

Dal numero 1395

del 22/10/1963

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