Pola prima di Roma Dal mito di Giasone alla distruzione di Nesazio - Paolo de Franceschi - Foto

Foto 1 Le origini di Pola si confondono con le leggende della preistoria. Una, la meno attendibile ma la più bella, è quella di Giasone figlio di Esone e di Alcimeda figlia di Nettuno. E' una storia triste ed eroica nel Contempo, ricca di amirevoli spunti e di tragedie immani. Val la pena di ricordarla, anche a chi la conosce. Giasone, spinto dà uno zio che voleva usurpagli il trono, partì alla conquista del Vello d'Oro. Era questa la pelle del montone che Frisso ed Elle avevano cavalcato sul mare nella loro fuga da Jolco. Elle cadde ed annegò nel tragitto Frisso, giunto nella Colchide, per propiziarsi Giove sacrificò il montone appendendone il Vello su di un albero dedicato a Marte. Un drago il dio ne mise a guardia e promise abbondanza a chi fosse entrato in possesso di quella pelle tutta d'oro. Con la nave Argo e pochi compagni, Giasone giunse nella Colchide, ma per rapire il tesoro dovette giocare di astuzia. Era re di quella regione Aeta figlio del Sole e di Perseide ed aveva due figli, Medea ed Absirto. Giasone sposò Medea e tanto fece finchè con la complicità della moglie riuscì nel suo intento. E fuggirono assieme. Ed ora la leggenda, dalla Colchide si sposta all'Istria deve i fuggitivi giunsero e fecero sosta là ove oggi è Punta Sole a Ossero. Ma Absirto era alle loro spalle e con i suoi armati li inseguiva. A Punta Sole Giasone ed Absirto si scontrarono e nella mischia questi morì. Medea che era presente, per cancellare le traccie del misfatto, tagliò a pezzi il corpo del fratello e ne sparse le membra ai quattro venti. Da allora quel sito prese il nome di punta Absirto e le isole del Carnaro, Assirtidi. I Colchi al seguito del loro principe ucciso, furono volti in fuga e nel loro viaggio di ritorno si fermarono all'estremo. dell'Istria fondando Pola. Giasone però, ormai sicuro dell'impresa volle abbandonare in ' quella terra la moglie ed i loro figli. Un'altra tragedia ne seguì. Medea, la sera prima del distacco, uccise i figli e al marito ignaro li diede in pasto. La leggenda si trasporta ancora in altre terre. Giasone ritornato in patria trova il padre Esone, che credeva morto, ringiovanito per opera di un'altra donna, una maga, che ha nome Medea, come l'altra: e che forse è la stessa, che nel mito ha già precedute nel ritorno il marito (come pure una Medea era stata l'istigatrice dell'uccisione dello zio di Giasone, Pelia che aveva, nel frattempo, cacciato il cognato dal trono). Così Giasone deve ripartire e con i suoi uomini ritorna alla Colchide, la conquista, ne diviene il re, ma alla fine muore tragicamente schiacciato dalla sua stessa nave, Argo. E portiamo ora la leggenda su un piano storico. La Colchide era una regione del Mar Nero (attuale Mingrelia), e pure oggi quelle terre sono ben note per la loro dovizia di messi. Non era forse dei chicchi dorati di grano che i pirati greci andavano alla ricerca per sfamare la loro gente? Ecco una spiegazione al mitico viaggio. E i poeti elleni cantarono le sta di questi necessari avventurieri e la leggenda potè fiorire presto. Ma come nella fuga gli Elleno Traci e t Colchi giunsero in Istria? Certo non attraversando la Balcania dato che seguirono la via del mare. Nel corso delle trasmigrazioni i Colchi forse raggiunsero, via terra, la nostra regione, come pure e di certo i Traci, sia provenienti dall'Asia Minore, sia spingendo dalla Grecia le loro agili navi fino alle nostre coste. Questi ultimi lasciando indubbi segni della loro presenza e dando il nome ad Egida, Emonia e Pyranum. Ma è meglio lasciare la leggenda così come Licofrone e Callimaco ce la tramandano. Certo Pola ha origini remotissime. I primi abitatori della regione furono forse I Liguri Euganei nell'epoca trogloditica, e vivevano in uno stato inferiore di civiltà pur conoscendo il ferro e il bronzo. Verso il 1000 a. C. un'ondata di Traci si sovrappose alla precedente dei Liguri, dando vita a quella civiltà che impropriamente è stata detta dei castellieri'. Verso il 400 a. C. giunsero i Celti (con fusi forse con i Colchi?), dei quali però restano scarse traccie e forse dagli illiri furono distrutti o assimilati con l'andar del tempo. Gli illiri stessi si suddivisero poi, si che oggi l'ultimo ceppo quasi diretto popola l'Albania. Tra il 400 e il 200 a. C. dagli illiri si passa agli Istri, il cui nome sembra derivi dall'Istro, il Danubio, che si pensava allora avesse nel Quieto una diramazione e uno sbocco secondari. Così dalla leggenda, e dalla preistoria si passa alla storia. Solo, nel susseguirsi delle trasmigrazioni può darsi, ed alcune traccie lo dimostrerebbero, che gli illiri Veneti a più ondate raggiunsero l'Istria e le prime nel 2000 a. C. certo alla spicciolata e in ,più riprese, ma con un moto continuo, insediandosi accanto ai neolitici senza dar corso a guerre e a distruzioni, dato che di quella epoca, negli scavi recenti, poche armi furono rinvenute, dando appunto modo a pensare che le popolazioni di allora fossero state aliene alla guerra. Pur degli etruschi si trovano traccie di civiltà e di vita. Basti pensare che Mutile trasse o diede il nome di condottiero a Caio Mutilo che coi Sabini combattè i Romani, mentre la stessa Faveria e l'Arsa sono nomi etruschi. « Ne mancano iscrizioni nelle quali' ricorre il nome di Lucumone, simboli etruschi di delfini, di cani, di cacciatori, sulle monete dissepolte nell'Istria, e tracce del culto di Diomede, di Diana. di Giunone Feronia ». (A. Brunialti : Trento e Trieste, U. T. E. T., 1916, rag. 719). Un fatto comunque è ben certo, che gli slavi cioè, fossero, Setti Avari Mongoli o Vendi, In quelle terre, allora, non erano ancora apparsi, mentre storicamente si può affermare che la loro prima venuta risale al 6. Sec. d:". C. con l'invasione del Friuli- da 'prte degli Avari e del Vendi «(sclavi) e la distruzione di Cividale. Dell'epoca finora ricordata ciò che ci rimane, abbandoniamo -il vasto campo dell'Istria per fermarci solo a Pola, è ben Poco: ma quanto sufficiente per ricostruire la storia. Sorse il primo castelliere li dove oggi è Monte Zaro, nella zona più riparata dal porto e ricca di acqua; poi con l'andar del tempo l'abitato si estese, fuori dalla primitiva cerchia di mura, fino a raggiungere la zona del Foro, dove sorgeva la necropoli. Ma di questo castelliere, divenuto poi borgo, città e munita fortezza, non troviamo accenni all'epoca della conquista romana, seppure del gli scavi hanno portato alla luce suppellettili fittili, situle, fibule e cisti, armi in pietra e in bronzo, attrezzi da lavoro e oggetti personali, tombe a inumazione e preziosi reliquari per le ceneri dei corpi cremati, noi abbiamo la certezza della sua esistenza. Un altro segno che la città già in quel tempo godeva prosperità e fama, lo abbiamo dalle rovine dell'antico teatro greco, ecco un altro accenno agli Elleno Traci, che sorgeva bellissimo al centro dell'abitato e che, è opinione di molti, diede il nome allo stesso colle (theatron. zéatron. Zaro). Solo però con la distruzione di Nesazio (181 a. C.), Pola divenne, Per l'Istria, una necessità e i romani rafforzarono il borgo che in breve volger di tempo fu trasformato in città ricca e munita di un buon porto. Perchè però questa trasformazione o ricostruzione della- città se ricca—ed opulenta già esisteva? E da ritenersi, per il silenzio che avvolge la storia di Pola da quell'anno al 129 a. C., che con Nesazio Mutila e Faveria, Cajo Claudio distruggesse pure Pola. Dopo la sconfitta dei Giapidi ai quali gli istri erano alleati e la definitiva occupazione romana, la Istria, divenuta ormai parte integrante del nascente impero, si trasforma e rapidamente si evolve, avendo tra i suoi centri maggiori, la Colonia Julià Parentium e Pola stessa. Paolo de FRANCESCHI (contìnua)

Dal numero 625

del 08/09/1948

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