Quarta parte
La storia di Trieste tra il 1830 e il 1840 partecipa del buio generale; anche qui scarseggia la documentazione: lo osservava già nel 1815 Domenico Rossetti, quando istituiva il Gabinetto di Minerva e l'Archeografo Triestino per tentar di preservare dalla dispersione il patrimonio storico-culturale dello città. La restaurazione degli assolutismi dopo la caduta di Napoleone tende ad eliminare la libertà di espressione ed anche quella di pensiero. Stendhal giudica Trieste isola e colonia, e sono definizioni che si spiegano da sole. anche in base agli avvenimenti più recenti. Se i grandi capitali esteri trovano qui impiego e rendimento, la gente del luogo passa di crisi in crisi e di fallimenti in fallimenti: è validissima anche la testimonianza del Bois de Chesne. La città cresce per la continua immigrazione verso questo luogo di speranza ma cresce senza un corrispondente aumento di civiltà. La chiamano «la mercantessa, Nel 1836, istriani e veneti, che la considerano la loro seconda patria fondano un giornale, La Favilla., che vivrà sino al 1846. Tra i fondatori trentini della Favilla. Bertolini ha degli amici, che lo inducono a pubblicare il malloppo che si è portato da Graz. Letterati di professione non lo considereranno mai uno di loro ed egli si proclamerà sempre uomo di spada e non di penna.. Ma una volta preso il gusto, ci terrà a continuare a scrivere. E avrà ragione di farlo: ha cosa dire e sa dirlo bene, cioè senza distorsioni e senza fronzoli, senza fumosità. -11 Veterano d'Oriente interessante sotto il punto di vista storico, psicologico, sociale è interessante in modo particolare per Trieste grazie a quell'elenco di prenotatori, dal quale si può dedurre la formazione etnica della cittadinanza e il grado del suo interesse culturale. I nomi dei prenotatori sono sui 500 e le copie collocate sul migliaio, il che non sembra poco. Appena arrivato a Trieste Bertolini apre una scuola di scherma in via Cavane
e poi a palazzo Marenzi; nel 1842 pubblica .Trattato di sciabola., di ineccepibile precisione e chiarezza. C'è l'elenco degli allievi, tra i quali troviamo Teodoro BoisdeChesne e tra i migliori allievi milanesi, viene ricordato il conte Dembowski.
La questione d'Oriente agita le potenze europee sin dal 1815, si trascina di congresso in congresso sino a quello di Londra nel luglio 1840 in cui Inghilterra, Austria. Russia. Porta Ottomana decidono l'intervento per portar la pace in quei luoghi del Mediterraneo orientale. — che sono gli stessi di oggi — e dove la guerra è davvero una calamità ricorrente. La Francia sta a guardare e fornisce armi agli egiziani che vogliono rendersi indipendenti dai turchi; ci sono i drusi maomettani che si combattono con i maroniti cristiani, in un continuo massacro di genti in fuga. La situazione caotica ha ripercussioni su Trieste. ne ostacola le relative relazioni commerciali con quei posti, vedi Bois de Chesne. A Trieste quegli avvenimenti di cui si hanno come al solito notizie incerte e contraddi. lode sono all'ordine del giorno, se ne interessano tutti. Anche il Bertolini che nel 1843 fa uscire il suo La caduta di San Giovanni d'Acri, due volumi, quasi 600 pagine complessive, elenco dei prenotatori e copie distribuite suppergiù come il precedente. Dice il Bertolini: è un racconto storico. in cui vi è inframmezzata una storia d'amore altrettanto vera, che gli è stata raccontata da uno dei partecipanti. Tutto, quanto racconta il Bertolini in fatto di azioni e personaggi, trova facilmente riscontro e conferma sicché la sua deve essere considerata la prima — e a quanto mi consta l'unica — relazione integrale sulla campagna della marina austriaca in Oriente nel 1840, dedotta non dai giornali ma dai racconti dei più quotati e credibili dei partecipanti. Soltanto nessuno potè accorgersene perché l'arma del silenziatore contro lo scrittore scomodo e sgradito al regime funzionava tosi bene a Trieste — allora e oggi — che nessuno prese nota dell'opera del Bertolini e per quella storia viene citato Pietro Vimercatl, ben incerto di lingua pur essendo milanese e di scarso senso storico. Tra i diretti informatori del Bertolini appare l'alfiere Dembowski, fratello del conte, citato dal Bertolini tra i suoi migliori allievi di scherma.
Occupiamocene. I fratelli Carlo e Ercole Dembowski sono figli del generale polacco Giovanni Battista (1773, Gara 1822, Milano), che non è quel Drombrowsky, rimasto famoso e citato dal Bertolini nella campagna di Russia. Comunque si spiega la confusione dei nomi e la relativa differente grafia con la generalità dei combattenti polacchi, tutti di sommo e indiscutibile valore. A noi interessa la loro madre: è Matilde Viscontini (17901825), divorziata nel 1816, incontrata e amata nel 1818 da Stendhal a Milano: è la donna che lo respinse, che rimase per lui la grande incompiuta passione, che domino la sua ispirazione e il suo pensiero. sino alla morte. E' da presumere che i due fratelli si incontrassero qui, probabilmente aiutati dal Bertolini ma in gran segreto, perché Carlo non poteva rientrare impunemente in territorio austriaco. Era fuggito da Milano nel marzo 1833. avendo ucciso in duello il giovane conte Pompeo Grisoni di Capodistria, ufficiale austriaco. E con lui era fuggito anche il conte Antonio Belgiojoso, altro allievo del Bertolini. Antonio, cognato di quella Cristina Belgiojoso, esule a Parigi che dava tanto da fare al capo della polizia milanese, barone Torresani; troviamo questi puntualmente presente negli elenchi del Bertolini. Chissà se il Torresani avrà poi letto questi libri: sono i segreti risvolti ironici della storia, che non di rado si prende beffa degli individui. Pensiamo al porto di Trieste in quell'anno 1841, le fregate Guerriera e Medea. che arrivano trionfanti: il comandante barone Bandiera che non sa ancora dei pensieri che agitano i suoi due figli Attilio ed Emilio, il principe Federico, 22 anni, comandante la Guerriera e prode all'assalto delle mura di Acri, sarebbe morto di ittera pochi anni dopo a Venezia. Pensiamo a quel gruppo di giovani dell'Accademia militare di Venezia che si erano comportati con tanto valore per il trionfo della bandiera imperiale ma che già si erano legati nell'associazione segreta della .Giovane Italia, Quanto sangue per la conquista della libertà, quanto difficile il suo trionfo e i tempi della sua durata
Bertolini ha lasciato un inedito manoscritto: Il trionfo della virtù; è la storia di Numa Pompilio, secondo re di Roma, ispirato dalla Ninfa Egeria. Sarebbe difficile capire perché Bertolini scegliesse tra i tanti personaggi della storia proprio questo, per riproporlo; forse la ragione sta in quella possibilità che gli viene data di poter ampliare quanto dicono i migliori testi storici, antichi e moderni su tale personaggio. E' regola comune che l'autore si serve a volte di questo mezzo per esprimere se stesso. Nella scelta di Nume Pompilio potremmo riconoscere quell'ideale pacifista che derivò al Bertolini dalle sue esperienze di guerra e di studioso della storia. Potremmo anche ritrovarvi quella propensione alla passione amorosa palese in diversi episodi dei suoi lavori maggiori e che si può indovinare dalla sua relazione, sia stata pure professionale, con la Mariani, dal tono delicato che usa sempre riferendosi a figure femminili, anche alla moglie sua fedele compagna. Si può concludere dicendo che polemiche, monumento, dubbi che possono esserci o non esserci su date e autenticità di esperienze — che sarebbe veramente difficile smentire — non hanno assolutamente importanza. Non conta nemmeno la identificazione che mi par di poter validamente sostenere del Bertolini con l'anonimo vero amico. di Stendhal. Sono fatti del tutto marginali. Duello che conta è il blocco delle sue opere, il valore della loro testimonianza storica, portata da un uomo non corrotto da ambizioni e da venalità o da ideologie. Conta l'importanza che esse hanno per la storia della cultura triestina in un periodo che di essa pareva privo. Il silenzio che ha tentato di cancellare il suo nome, come quello di parecchi altri, dimostra di quale costrizione dello spirito abbia sofferto Trieste da parte di chi ne voleva la esclusiva crescita economica.
Nora Franca Poliaghi