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Didascalia:Un incontro a Gorizia con Anna Antoniazzo Bocchina
Anna Antoniazzo Bocchina, apprezzata artista e insegnante fiumana, peraltro discendente da antica e illustre famiglia chersina, è da anni giovanilmente attiva nella riscoperta delle cose d'arte istriane e fiumane, nell'intento di salvaguardarle dall'usura del tempo e dalle speculazioni degli uomini, e di valorizzarne il messaggio. Non è dimenticato un bel volume illustrato dell'Antoniazzo sulle Case gotico-veneziane in Istria, come non è dimenticata l'indicazione innovatrice che da lei venne alla didattica del disegno e storia dell'arte nei Licei, o le sue esperienze goriziane nell'utilizzare l'espressione artistica come efficace terapia delle turbe mentali, o ancora le sue più recenti partecipazioni a mostre di pittura e di fotografia, o a manifestazioni di poesia. Particolarmente fervido, sorretto da solida dottrina e da grande partecipazione affettiva, è il suo impegno odierno per salvare quanto rimane del Cimitero monumentale di Fiume, insieme al ricordo degli artisti che nell'ultima generazione costituirono un cenacolo vivo di creatività nella città del Quarnero, prima che tanta parte della sua storia venisse spazzata via dalle tragedie della guerra e dell'esodo. Due scritti brevi e molto succosi testimoniano della benemerita attività dell'Antoniazzo in questi ultimi mesi. Il primo è comparso sull'ultimo fascicolo del 1981 della rivista «Pagine Istriane», ed è dedicato alla ricostruzione storica del Cimitero che data dal periodo napoleonico, delle trasformazioni che subì, ma soprattutto della presenza di cospicui monumenti architettonici e statuari, dall'80 destinati purtroppo alla sistematica distruzione. Un patrimonio di storia e di cultura viene spazzato via dalle ruspe della nuova Rijeka: scompaiono anche i ricordi dei podestà. degli uomini di cultura, dei politici, degli industriali, degli sportivi che fra '800 e '900 fecero fiorire il porto e la vita sociale. E scompaiono, brutalmente frantumate, statue di pregevole fattura del Rizzo, del Rendich, del Mayer del Venucci e del Trevese.
Lo studio della Antoniazzo si allarga nell'ultimo saggio comparso sulla rivista «Fiume» (anno II, n. I della nuova serie, maggio 1982), che è corredato pure da nitide illustrazioni, all'Arte e artisti figurativi n Fiume dal 1900 al 1945. Siamo di fronte a un cospicuo, esauriente inventario, redatto con scrupolo di precisa informazione e di completezza, su quanto si produsse nel campo architettonico, pittorico, decorativo e scultoreo a Fiume nella prima metà del nostro secolo, non senza sapienti e illuminanti incursioni nell'800 e in campi non propriamente creativi, ma pure attinenti all'arte, come la critica d'arte, le mostre sindacali, le riviste di cultura fiumane, l'attività svolta dagli artisti fiumani fuori dalla loro patria, come dai forestieri a Fiume. Attraverso le pagine ricche di nomi e di dati della Antoniazzo, molto cauta nell'esprimere giudizi di merito ma tanto attenta nel documentare affermazioni e notizie, emerge il quadro d'una città commerciale e cosmopolita, industriosa, cresciuta grazie alle cure del governo ungarico e dei suoi più illuminati cittadini, forse disattenta ai fenomeni culturali per mentalità, ma non estranea alle correnti d'arte e di pensiero che si delineavano nell'800, dall'insegnamento accademico delle scuole di Venezia, di Brera o di Firenze, ancora attardate su posizioni tradizionali, 'alle ventate di novità che venivano da Monaco e da Vienna, alle suggestioni provenienti dai monumenti romani e bizantini della Dalmazia, dagli scambi con i paesi viciniori, l'Italia da un lato. la Balcania e il Centro-Europa dall'altro. Crogiolo di popolazioni e di razze diverse (era presente a Fiume una fiorente colonia ebraica), la città di
Fiume rimase nonostante le diverse dominazioni, austro-ungarica, croata e ungherese, una città di lingua italiana nel municipio e negli affari e nelle scuole, di prevalente cultura italiana nel teatro, nella stampa, in tutte le manifestazioni d'arte. L'impresa dannunziana aperse nel 1919 la «città di vita» a nuove esperienze internazionali, poi l'atmosfera economico-politica si appesantì e sotto il regime fascista prevalse un certo conformismo. Vanno però ricordate notevoli costruzioni architettoniche: il Tempio di Cosala dell'arch. Bruno Angheben, le palazzine della ProVincia, dell'Opera nazionale balilla, del Dispensario antitubercolare, il cospicuo grattacielo di via Carducci (opera del fiumana ing. Puhalj), l'idroscalo, il tempietto ebraico, l'asilo infantile del Belvedere, e tante ville e case d'abitazione in città e sulla riviera (meritevoli di menzione quelle progettate dall'ing. Lado e dall'ing. Angyal). vari ricordate del pari alcune riuscite mostre, che fecero parlare Silvio Benco dello slancio e dello spirito moderno portato da alcuni pittori fiumani nell'arte. atri riteneva meritevoli d'apprezzamento Marcello e Carlo Ostrogovich, Ladislao de Gauss, la Arnold, la Raicich, il Venucci e l'acquafortista Morivi, la stessa Antoniazzo.
Fra le poche superstiti di quella feconda generazione, l'Antoniazzo ci ripropone ora quei nomi e quelle belle figure di artisti, insieme a tanti altri da non dimenticare: il ritrattista Pavacìch, il pittore di marine Lehmann, i paesaggisti Lotzniker e Blanda, l'istriano Fonda, i ritrattisti Odinea Vio e Sigfride Pfait, e ancora lo scultore Terzoli, gli architetti Cullotti, Duimich, Clerici, la pittrice Maria Kandue ben nota a Pola. Questo è un lavoro veramente prezioso di documentazione, che non sarà mai abbastanza lodato.
Sergio Cella