L'ammiraglio Angelo Monassi .è per la gente adriatica come un simbolo: egli suscita in tutti tanti cari ricordi di un tempo, ormai lontano, e tante speranze per l'avvenire. Ricordi perché, benché friulano da parte del padre e piemontese da parte della madre, ha trascorso la sua infanzia e la sua giovinezza nelle città adriatiche. Speranze per l'avvenire perché egli ama i giovani, li ama e, quello che più conta, crede fermamente in essi, quindi nell'avvenire.
Angelo Monassi è nato a Bellagio l'8 dicembre 1920. La sua famiglia ha risieduto a Pola, nella casa paterna, in via Premuda 48, fino al 1947. Però, questa era la residenza anagrafica perché, in realtà, la famiglia Monassi ha seguito sempre il padre nelle sue varie destinazioni quale ufficiale in servizio della Marina e queste destinazioni sono state, in ordine di tempo, Lussinpiccolo, Pola, Trieste e Fiume, cioè le città nostre, le città adriatiche, le città ove Angelo e i due fratelli, Marino e Nicolò e la sua adorata sorella Maria (che, purtroppo, non è più tra noi) hanno frequentato le scuole e hanno formato il loro carattere. E' stato proprio da Fiume che, dopo aver conseguito il diploma di maturità, nel 1938, partì alla volta di Livorno per frequentare l'Accademia Navale.
Quando l'ammiraglio Angelo Monassi, accogliendo cortesemente un nostro invito fattogli a nome di tutti i fiumani residenti a Roma, ha partecipato ad un convivio al Picar di Tavelli, è stato festeggiatissimo. Per l'occasione numerosi furono i lussignani, i polesani e i triestini che si unirono ai fiumani per festeggiarlo e per rievocare tanti episodi del passato. E lui, l'ammiraglio, capo di Stato Maggiore della Marina militare italiana, si confuse tra i suoi amici di giovinezza, salutando, ricordando, abbracciando gente, narrando tanti episodi e tutto ciò con un senso di umanità, con una cordialità, con un affetto che solo chi vuol bene veramente, solo chi ha nel carattere l'alta virtù dell'altruismo, solo chi si sente fratello, può fare. E i fiumani, gli istriani, i dalmati residenti a Roma, cioè tutta la gente adriatica gliene sono sempre grati. Ma c'è anche un altro motivo che spinge la nostra gente a sentirsi unita all'ammiraglio: il comune amore per il mare, per l'Adriatico che è come un elemento vitale che fa parte integrante di tutti gli istriani, i fiumani e i dalmati. L'Adriatico per la nostra gente è il primo respiro, è il primo suono, è il primo segno di vita che li ha poi accompagnati sempre e che ancora oggi è vivo nei cuori e nella mente. E' l'elemento essenziale che aiuta a vivere, a sperare; che accomuna tutti per la bellezza dei ricordi e spinge a una profonda nostalgia. Ripercorriamo le tappe della sua lunga carriera: guardiamarina nel febbraio 1941, contrammiraglio nel dicembre 1970, ammiraglio di squadra nel maggio del 1978. E' stato imbarcato su tante unità della squadra navale, sugli incrociatori •Duca degli Abruzzi» e «Garibaldi», sul cacciatorpediniere «Mitragliere» e sul sommergibile «Da Vinci». Fu il comandante delle corvette «Gabbiano», «Folaga» e «Fenice», della fregata «Cigno» e del cacciatorpediniere «Impavido». Incarichi meravigliosi, pieni di fascino, incarichi che temprano l'uomo e lo rendono forte e, nello stesso tempo, buono. E questa forza, questa bontà la conoscono, perché l'hanno provata, tanti, tantissimi giovani marinai della nostra Marina da guerra. Infatti l'ammiraglio Monassí è stato ripetutamente destinato in accademia navale, dapprima, come comandante, ad una classe di allievi, anni 1954 e 1955 e, successivamente, come direttore dei corsi allievi, dal 1964 al 1966. Vi è ritornato, negli anni 1973 e 1974, quale ammiraglio comandante. Tra i suoi compiti più alti come non ricordare che è stato comandante della divisione navale, poi sottocapo di Stato Maggiore e nel 1979 comandante dell'area del Mediterraneo centrale e comandante in capo della squadra navale? E come non ricordare ancora gli altissimi Incarichi successivi: comandante delle forze navali alleate del Sud Europa e presidente della Sezione Marina del Consiglio superiore delle Forze armate? E, infine, dal 16 ottobre 1981 la più alta carica: quella di capo di Stato 'Maggiore della Marina militare. Una carriera brillante che lo onora e che onora la nostra gente perché Angelo Monassi è prima di tutto un adriatico. Quando venne al convivio a Roma, tra gli amici di giovinezza, parlando in dialetto, dichiarò: «Mi me sento fiuman, triestin, polesan, lussignan, insomma un istrian!» E aggiunse parole di esaltazione per il carattere della nostra gente, per l'amore che essa ha per la Patria, e per la disciplina e compostezza con cui ha sopportato tante privazioni e tante sofferenze come quelle conseguenti all'esodo. E, tra la viva commozione di tutti, concluse: «Che tale quadro sia sempre presente a tutti gli italiani e sia esempio ai giovani di oggi, a quei giovani che sono buoni, che danno fiducia e che sapranno certamente essere degni delle tradizioni dei loro padri!»
Angelo Monassi, nel breve, anzi brevissimo tempo di libertà che il suo alto incarico gli concede, dedica il suo pensiero e la sua azione piena di affetto anche alla sua cara e bella famiglia, alla sua gentile signora Angela Maria e ai figli Marina e Maurizio. Noi, dalle colonne di questo giornale adriatico, a nome di tutta la nostra gente, gli inviamo un messaggio di amore e di vera profonda amicizia. Un messaggio che dice: «L'ammiraglio ha promesso di venire ancora a trovarci. Ebbene, la gente adriatica vuole che porti seco anche la sua signora e vuole che veniate anche voi due, Marina e Maurizio. Voi due, giovani, troverete, nei giovani adriatici, lo stesso affetto che ha trovato vostro padre.» Ammiraglio Monassi: arrivederci!
Giuseppe Schiavelli