POLA Noi dopo l'esodo - ALBINO DORLIGUZZO - foto

foto Siamo da quasi trent'anni dispersi per l'Italia e nel mondo; prima siamo stati popolazioni unite di città e paesi di quella disgraziata zona di confine. Perchè e percome ciò sia avvenuto lo possiamo spiegare fino a un certo punto oltre il quale è arduo interpretare il sentimento confuso, e pur determinante, del fenomeno inopinabile di una gente che, in forma unanime, plebiscitariamente, compie il suo atto di ribellione, chiude col passato e si avventura senza alcuna certezza nell'ignoto e nell'imprevisto, rassegnata alla peggiore delle esperienze, pur nel coraggio e nella volontà, in ogni singolo, di rifarsi un'esistenza. Questa gente si trova oggi nelle più disparate situazioni, non sempre buone, e conserva i sentimenti della disavventura, in taluni più accesi, nella maggioranza attenuati e rasserenati in mezzo ai problemi più attuali della vita quotidiana. Il sentimento primo unisce tutti nel ricordo della propria città, del proprio paese, dei lontani avvenimenti colà vissuti; chi non ha trovato modo di rimettervi piede, da turista, esprime 'la curiosità di conoscere se la realtà di ieri sia rimasta inalterata negli aspetti toponomastici o se alcunchè di nuovo, in tanto tempo e col progresso generale che è nell'ordine del mondo, abbia trovato posto anche in quei nostri lidi scolpiti nella memoria. Questo giornale, per la testata che lo distingue, raccoglie soprattutto le espressioni dei vecchi polesi, vecchi ormai in ogni senso, e ben occorre che taluno si presti a raccogliere e fornire immagini e snotizie a questi lettori che manifestano questa legittima curiosità, che attendono ansiosi questa pubblicazione, che dimostrano di sostenerla perchè ne soffrirebbero se venisse a mancare. Ogni collaborazione, anche modesta, trova posto in queste colonne e non si chiede di meglio che poter ospitare gli elaborati dei più capaci, purchè si prestino, purchè si facciano avanti con prestazioni che non siano soltanto di critica. Alcune rubriche fisse sono pienamente giustificate perchè costituiscono un possibile legame a questa gente dispersa: «Lacrime d'esilio», «Itinerari della 'memoria», «Cronache di casa». Tuona sprezzante il Tal dei Tali: «Queste sono le basi del nostro irredentismo... di questo untume irredentista per finta!» «Nostro irredentismo»? — Nostro... di chi? Personalmente non vedo in atto, coi tempi che corrono, un irredentismo; e se non c'è proprio, non può essere definito «per finta». Il nostro atto finale d'irredentismo è stato l'esodo, atto tragico, incompreso e senza seguito e perciò suicida. Abbiamo distrutto i presupposti di un irredentismo: una gente che anela libertà, nella sua propria terra, coll'unione a una madrepatria che condivide e sostiene questo sentimento, o movimento che dir si voglia, a conclusione di un Risorgimento che non può essere altrimenti perfetto. Raggiunto lo scopo, la madrepatria s'imbarca successivamente in un mare di guai, con una guerra perduta. Perduta! Non dimentichiamo, per quanto ci ripugni essere stati noi la merce più grossa del pagamento, la posta della sconfitta. Non è più tempo di mettere attenzione ad irredentismi; è già molto che non ci lascino affogare nella nostra sventura. Ferma rimane la terra con le sue vestigia storiche, logicamente, anche senza la sua gente che viene rimpiaz zata con altre, nuove comunità. La terra istriana è bella da ritrovare o, direi piuttosto, da scoprire per da prima volta, perchè, caro Fulvio, non l'abbiamo ben considerata in precedenza. «Ma come si fa a ritrovare l'Istria —protesta Benussi Moro — se non vi è più la gente che ne era l'autentica espressione!» Si può, allora, sostenere un irredentismo unicamente per la terra, dopo che la sua gente ha abbandonato il campo, vuoi per rinfacciare ingiustizia, vuoi per stanchezza di ristrettezze alle quali nessuno vorrebbe ritor nare, per grama che sia la vita rifatta altrove, tantomeno chi se l'è fatta discreta e meno ancora per la generazione che segue, sgombera di certi sentimenti? Cosa resta, dunque, da redimere? Non certo gli slavi della parte istriana autoctona che pure avevano un loro irredentismo e che ora hanno esattamente ciò che hanno voluto e per cui non possono neppure lamentarsi. Vogliamo alimentare all'infinito i sentimenti più retrivi? O vogliamo fare del «sionismo» foriero di reazioni beduine? Non sta bene, è vero, il traslato e doppio senso dello strumento del legnaiolo di Recanati. Però a chi lamenta la debolezza o la mancanza della nostra azione per sostenere anacronisticamente un «ismo» di tal fatta, schiettamente, piatto piatto, consiglio di tenere sempre a disposizione un valido recipiente ricolmo d'acqua fresca, per schiarirsi le idee quando non escono esattamente dalla testa. Chi ha più buon senso l'adoperi. Solo vivendo ìn pace il tempo può tornare galantuomo. Per l'ingiustizia subita, forse abbiamo anche sbagliato; l'abbiamo fatto a testa alta e tali siamo rimasti. Ora pensiamo a tenerci collegati nella forma che più ci aggrada ed ecco pertanto una panoramica che tornerà più gradita ai lettori dell'Arena. i fin ieri Lascio ad altri fornire le immagini consuete dei vecchi monumenti e della parte che ci fu già familiare nella vita quotidiana di allora. Questa parte non presenta innovazioni salienti e le vecchie costruzioni denunciano alquanto trascuratezza nell'aspetto esterno. Il centro storico pertanto è all'ingrosso come l'abbiamo lasciato. Qualche giardino ha preso il posto delle case distrutte dai bombardamenti; così, come per un piano regolatore, è stata sistemata la zona del vicolo della Bissa; così quella del Distretto Militare. Un palazzo di stile moderno ha preso il posto della Manifattura Tabacchi sulla Riva; un altro palazzo, complementare alle poste, è stato ultimato recentemente là dov'era la Provincia. Non vedo altro di nuovo nei quattro quadranti che stanno in corrispondenza dei quattro angoli dei Giardini che ora, come allora, sono il convegno della popolazione, specie studentesca. Notevolmente cambiato è l'aspetto del cantiere di Scoglio Olivi, intenso di operosità che è la fonte principale per la vita della città. Il vecchio ponte di ferro è stato eliminato da tempo e sostituito secondo le nuove esigenze. Secondo un loro programma che non ci è dato di conoscere, le 'novità più appariscenti in campo edilizio sono tutte in periferia. Già nella zona di Montegrande si notano parecchie nuove costruzioni con un vero quartiere di villette dal dato di Vallelunga. Zona industriale è la vallata del primo tratto di ferrovia fino al bosco Siana. Il cavalcavia è stato ridimensionato a dovere. In piazza del Ponte, dove voglio iniziare questo giro periferico, spicca la nuova grossa costruzione alle spalle dell'Hotel Riviera e qualche altra attiguamente. Salendo per via Sassek, o dalla sommità di Forte Monvidal, non vedi più gli orti a ridosso del «Pekhaus». Una serie di costruzioni, tipo condominio, ha riempita la zona. Forte Monvidal è pieno di ricordi di giochi da ragazzi; è sul sentiero delle nostre scorribande al bosco Siana; ecco la vecchia casa per operai ora affiancata da tante belle casette nuove. Non resisto alla tentazione di arrivare al Kaiserwald per quel sentiero che è rimasto lo stesso. Poi taglio per Valmade ove una serie di nuove abitazioni mi confondono i ricordi. Scendo per Castagner, che non manca di novità, ed infilo la via Lepanto; sulla destra i prati che mi videro giocare bambino sono in gran parte scomparsi tra le case, ed una scuola, nuove. Così il Pra' de Pissacia. Più avanti la Grega è un quartiere popoloso e irriconoscibile, Valdibecco è un sobborgo di tutta nuova importanza e parimenti Monte Bussoler. Le adiacenze di via Medolino non sono da meno e altrettanto risulta sulla strada di Promontore di fronte al campo sportivo militare. ALBINO DORLIGUZZO Didascalie: L'edificio sorto lungo la riva a Pola al posto della vecchia struttura della Manifattura Tabacchi Sguardo da Monvidal (il nome trae origine dalla famiglia Vidal, già proprietaria di terreni nella zona) a Monte Ghiro ed a Forte San Giorgio Molo Fiume e Scoglio Olivi: è scomparso il ponte metallico d'asburgica memoria La vista dalla zona di Forte Monvidal verso Siana; è questo uno dei luoghi prescelti per i nuovi insediamenti di edilizia abitativa

Dal numero 1904

del 16/09/1975

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