ENRICA BARZILAI E HAYDÉE Ricorre il centenario della nascita di due gentili scrittrici triestine - ALFONSO FRAGIACOMO

Furono per tutta la loro lunga esistenza vive fiaccole d' italianità nell' ideale irredentistico OR un secolo sortirono i loro natali a Trieste due insigni seri t luci che, per tutta la loro lunga esistenza, furono vive fiaccole d'italianità nel periodo irredentistico. La loro fede patriottica fu coronata dalla Vittoria e dallo storico sbarco delle trupppe liberatrici del 3 novembre 1918. In quest'anno, vigilia di quello in cui si celebrò la redenzione della Venezia Gio 1,, oggi, purtroppo, territorialmente mutilata, vogliamo qui ricordarle. Enrico Barzilai, — sorella del giornalista Patriota Salvatore condannato dall'Austria nel 1878 ad un anno di prigione, e quindi emigrato nel vicino Regno, dove, in più legislature fu deputato e nel 1915 ministro per le terre liberate e, dopo la guerra, senatore — visse in famiglia l'amore per l'Italia e la passione irredentistica. A venti anni andava sposa ad Alberto Genti l I i , giornalista triestino e poi della Tribuna e del Messaggero a Roma. Anche Enrica Barzilai Gentili fu scrittrice molto feconda e molto letta, sia di opere di narrativa che di quelle leatrali. Casi pubblicò, via via, «Debito di riconoscenza» e «Maternità», due romanzi, «Ricordi e rimpianti», un libro, questo, di novelle, al quale seguirono altri volumi di narrativa amena. Per il teatro, si cimentò, anzitutto, con una raccolta di monologhi per giovinetti, e poi con commedie in dialetto veneto, recitate dalle primarie compagnie del suo tempo, come «M11, zerman, «La festa del Radenti:a», «Ultime loto, ed altre. Scrisse molto, durante il suo soggiorno romano accanto al marito, sui giornali di Roma e sulla «Nuova Antologia su argomenti interessanti il teatro. Poi si trasferì a Verona, continuando la sua attività di giornalista e conferenziera. Nel 1921 aveva dato alle stampe una sua «Piccola storia della Venezia redenta». Dopo tanto bene profuso con la parola e con gli scritti, mori prima dell'illustre suo fratello. LA seconda, Haydee io ar te letteraria ed Ida Finzi per l'anagrafe, ebbe pure larga fama quale scrittrice di novelle, anzi, secondo Ettore !anni, essa era in Italia delle poche, o meglio dei pochi, che sapevano scrivere novelle. Scrisse anche ',mirami, articoli vari per giornali e riviste, commedie .1 opere di letteratura giovanile, per la maggior parte pubblicati dagli editori triestini, Fratelli Trovo di Milano. Fra i libri scritti per i fanciulli ricordiamo «Bimbi di Trieste. od .Il cuore delle bambine» (Alleva di quarta) tatti e due ambientati nel Park... bellico 1915-18, il secondo, poi, una ben riuscita imitazione del Cuore» del De in cui i principali personaggi sono scolare anzichè scolari, e nel quale, poi, vi è più d'un accenno irredentistico, mancante, invece, nel capolavoro deamicissiano. Un accenno, ancora, alle sue poesie, raccolte nel 1935 in «Rime di Trieste e di una vita, quasi opera conclusiva della sua lunga fatica letteraria e passione patriottica, oltre che di profondo attac, c.amento alla città natia. La 'cantò nel verso: «sonoro — 'e saldo come una lama, ... spontaneo, in zampilli d'oro» e soprattutto, sincero, in più d'un componimento. Ne L'indirizzo sbagliato, ricorda alla scrittrice e poetessa sorella mia Térésah che ben due sue lettere le sono state recapitate con grande difficoltà «parche recavano sulla busta «Piazza dell'Indipendenza»: un nome che Trieste non l'ha, poichè siamo nel 1895. Trieste ha tutto d'italiano, perché è italiana, cosi «I nomi d'ogni sua via — Italia madre a Trieste li da, ma quello di «Piazza dell'Indipendenza», inutile cercarlo, Trieste non l'ha, ma un giorno, quando le sue lettere nessuno più spedirà di ritorno, allora, si, che Trieste lo avrà. E così fu, e la maggior sua piazza si chiamò «Piazza dell' Unità d' Italia». Ed in «Tricolori», nel. 1918, in cui Trieste redenta tutta s'ammanta. s'eleva il canto dei gloriosi Caduti che li fanno palpitare all'aria. Esso di. che Trieste fu fedele a Roma e elle Or S. Giusto splende in del conte un altare: — Mia Trieste, mai più fulgido m'è apparso — il do stin che il nostro sangue ha sparso — sovra l'onda e sui sassi del tuo Canoa A questi Caduti, in altra sua composizione poetica per l'inaugurazione di una lapide-ricordo, le fa dire ai giovani una promessa, anzi un giuramento, che non deve esser, no, considerato retorico, di seguirli «ognor su l'aspra e sacra via; — pura l'alma serbar, aure e pensiero — non piegare da servi a lo straniore; — del lavoro sentir la poesia: — la vita dedicar, — perchè libera Italia, e giusta e forte — Il terz'ultierno verso ,mutilo qui, si chiude con «sfidar la morte» e lo si è lasciato nella penna, pecche oggi si rifugge, ad è giusto, dalla violenza e dalla guerra e si vogliono regolate le va.' rie controversie Politiohc tra stato e stato con trattative pacifiche blaterali od internazionali, se più grosse e g.-, si, ma a minaccia irragionevole e prepotente si deve a, , che esser pronti ai sacrifici supremi. Con questo monito della gentile Haydée, spentasi il 23 gonna, 1946 a Portogruaro dove era riparata per sfug.gire alle persecuzioni razziali, poniamo termine a questa breve rievocazione delle dite scrittrici giuliane. ALFONSO FRAGIACOMO

Dal numero 1575

del 06/06/1967

pagina 3